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Romeo Manaigo: sei anni alla patria e una vita al turismo d'elite

Mario Ferruccio Belli

01/02/2013
Abbiamo appena girato la boa dei centodieci anni del Miramonti Majestic, il più lussuoso albergo di Cortina a cavallo delle due guerre, anzi il suo simbolo inimitabile.

Lo è ancora nell'immaginario collettivo e tutto lo fa meritare, la posizione isolata in mezzo al verde del suo campo da golf, la strada privata fra bandiere e lampioni per accedervi, gli edifici color giallo oro sparsi con larghezza di spazi, il profumo del lusso che la lunga storia lascia dietro di sé, persino la carrozza bianca a due cavalli che, nella stagione estiva, continua a rotolare sull'Alemagna.

Era il 20 maggio 1902 quando il messo comunale portava a Romeo Manaigo gli attesi decreti N.1579 e 1580, firmati dal Capocomune Agostino Demai. Il primo per dichiarare che la "fabbrica era stata ultimata col giorno di oggidì", il secondo, per concedere l'abitabilità. "Avendo ora ultima la casa al numero 8 a Pezié, destinata ad uso albergo, ritirate le debite informazioni, lo scrivente vi permette di utilizzarla e di abitarla stabilmente incominciando col giorno 15 giugno del corrente anno 1902".

Di Romeo Manaigo, figlio di Agostino, bisogna dire qualcosa in più, nella misura in cui egli è stato uno dei grandi personaggi d'Ampezzo. Quelli che svolgendo con professionalità il mestiere di albergatori hanno contribuito alla crescita e notorietà del paese in tutta la monarchia asburgica. Nel 1902 aveva trentaquattro anni, era di corporatura massiccia e portava baffoni imperiosi, alla maniera imperiale, forse appresa durante il servizio militare, che aveva prestato per ben sei anni a Bolzano e dintorni! Settantadue mesi filati, con rarissimi ritorni a casa, come usava allora in Austria ai giovani che, alla coscrizione, tiravano a sorte il numero "sbagliato".

Da quattro era sposato con Filomena Golderer, di dieci anni più giovane, figlia di un funzionario del giudizio distrettuale, che gli aveva dato una bambina, di nome Giulietta e, in seguito, altri sei fra maschi e femmine. Alla moglie, mancata giovane in un incidente automobilistico, Manaigo doveva molto nella sua determinazione di albergatore e manager in campo turistico.

Come molte altre sue colleghe che spesso, oggi, si dimenticano. Entrambi si distinguevano per l'abbigliamento elegante quale ci si aspettava dai proprietari di un lussuoso hotel. Ovviamente entrambi parlavano correntemente la lingua tedesca.

Per la storia del Miramonti Majestic, tutta e sempre in salita, qualche cenno può bastare.
La famiglia Manaigo che, fin dal 1825, svolgeva l'importante funzione di responsabile delle poste imperiali austroungariche in Ampezzo, e del cambio dei cavalli, nei secoli precedenti aveva svolto la funzione di sagrestano della parrocchiale, donde il soprannome Mònego della famiglia. Nel patrimonio avevano pure una azienda agricola, con diversi terreni che andavano dal bosco di Naulù, sopra Fraìna, fino giù al torrente Boite. I migliori erano proprio a Pezié, a cavallo dell'imperial regia strada di Alemagna, dove Romeo, dopo il congedo decise di costruire il "suo" albergo. Senza dire che nei vari rami familiari c'erano anche rappresentanti dell'attività alberghiera, come il Sigismondo, sindaco per molte tornate a metà dell'Ottocento, il quale aveva gestito l'albergo Ancora - Anker, proprio nel centro del paese.

SASSI E ACQUA DA NAULù E LO STATO LO VUOLE ANCORA IN SERVIZIO

I suoi primi passi in quella direzione incominciarono, nel 1898, con la provvista di sassi, scavati a Naulù e a Crepedèl, sotto la val Orìta dove, mezzo secolo prima, erano stati procurati quelli per la costruzione del campanile. Li fece accumulare in mezzo ai suoi prati, sotto gli occhi dei curiosi (ce faralo mai de dute chi sass?). Il secondo passo fu la richiesta di mille fiorini d'oro in prestito chiesto a Giuseppe Verzi nel 1899. Siccome la Cassa rurale era ai suoi primi passi e, comunque, agiva solo in favore degli artigiani e dei contadini e per modesti importi, la disponibilità del proprietario dell'albergo Croce Bianca supplì al bisogno. Per conoscerne il valore notiamo che secondo la guida Baedekers, proprio nell'albergo Croce Bianca, il costo di un giorno pensione andava da 1 a 2 fiorini. Il terzo passaggio riguardò la ricerca d'acqua per la costruzione, e poi per il futuro hotel, non essendo la zona servita da nessun acquedotto. Qui l'affare diventò leggermente più complicato, giacché "l'acqua" era sotto il controllo del governo. Ecco i passaggi iniziando dalla domanda di "Romeo Manaigo di servirsi di un 'acqua che scaturisce a Pezzié, nel fondo comunale per uso di un albergo, che costruisce in quella località", subito girata dal Comune al Capitano che, prima di esprimersi, ordina che si interpellino le Regole.

I marighi rispondono: "La regola di Fraìna non fece mai uso dell'acqua come abbeveraggio";
quella di Zuel, invece: "si riserva unabbeveraggio ma si rimette alle autorità".
Finalmente, il 4 marzo 1900, l'i. r. capitano distrettuale Ferrari accordava "il chiesto permesso, contro il quale a chi si credesse aggravato resta libero il ricorso all' i. r. Luogotenenza". Tutto a posto e si poteva incominciare? Assolutamente no.

Pochi giorni più tardi gli arrivava l'intimazione a presentarsi alle manovre militari; in quanto "militare in congedo". Voleva dire fermarsi e addio inizio dei lavori. Ma qui lo aiuta il capo comune Agostino Demai, suo amico e futuro socio nella riserva di pesca, che avendo scovato nei decreti la clausola che esimeva dalle manovre militari estive chi fosse "impegnato in una tenuta rurale", manda la richiesta di esenzione. Purtroppo da Bolzano rispondono negativamente.

Viene interpellato il Capitanato, e il sindaco gli si rivolge spiegando che "Manaigo possiede una tenuta rurale delle più estese in paese e non ha alcuno che sorvegli e diriga i lavori, e la sua assenza cagionerebbe gravi pregiudizi". Nel primo momento la spiegazione non giova. Il sindaco riscrive allora al capitano che "Romeo Manaigo è l'unico membro della famiglia … e codesto i. r. Capitanato vorrà graziosamente raccomandarlo".
Finalmente (!) l'esonero arriva e si può partire.

FALEGNAMI IN AMPEZZO E MURATORI DAL CADORE

Il 16 settembre 1900, il sindaco d'Ampezzo del Tirolo "sentito il parere della commissione edile, accorda il politico permesso di costruire una casa ad uso albergo, come dal prodotto disegno". La stagione è mite, i lavori possono incominciare. Sono stati affidati all'impresa Giacomelli di Calalzo, per la parte muraria, e alla ditta Apollonio, per i lavori di falegnameria. Per quanto possa sembrare incredibile, già alla fine di ottobre dell'anno seguente, la costruzione era conclusa su "quattro piani e soffitta, per un totale di mq 560, con la spesa dichiarata di corone 25.000 ". Così risulta nel Prospetto delle costruzioni per il 1901. Naturalmente continuano ancora i lavori e le spese. Muratori, imbianchini, idraulici, arredatori, tappezzieri, falegnami e mobilia, tecnici per il riscaldamento e gli impianti elettrici, con l'energia portata dalla centrale dei Colli Codès sul Bigontina, eccetera. E ancora carteggi.

Nel mese di aprile 1902 arrivano le ispezioni dei tecnici della commissione edile;
in maggio a chiudere questa prima fase l'atteso permesso di "abitarla stabilmente",ma "iniziando dal 15 giugno".

Per i lettori precisiamo che l'albergo consisteva allora solo nella costruzione che appare oggi in secondo piano; non il grandioso complesso che si ammira al di sopra della statale.
Questo è giunto a compimento con ingrandimenti successivi, già a partire dagli anni 1905 e 1906. Nel 1907 viene costruita una propria centrale elettrica, nei pressi del Boite.

Ancora tre anni, e nel 1910 sorge la nuova grande ala, costruita dall'impresa Damiano Zanettin, con la spesa di corone 22.000.
Ma già quella prima fabbrica di centodieci anni or sono, aveva le caratteristiche degli alberghi di classe nei quali, come scrivevano le guide, i prezzi si aggiravano attorno alle dieci corone di pensione al giorno. Quando il salario di un guardaboschi era di trenta (30) corone al mese.

Un indizio in più, sulla qualità degli ospiti, ce lo dà la notizia che già nel 1904 diventa cliente abituale del Miramonti Majestic l'ambasciatore degli Stati Uniti d'America e, assieme a lui, i rappresentanti della nobiltà italiana fra cui i Bentivoglio, i Colonna e i Borghese. Con lo scoppio della guerra il Majestic viene requisito e vi si installa per trentadue mesi il comando dell'esercito italiano.

Romeo Manaigo, un altro dei grandi cittadini di Cortina che si dovrebbero ricordare, è mancato nel 1946.