Durante i lavori, nella chiesa parrocchiale, per la costruzione di una nicchia appositamente predisposta per i lumini votivi e le candele, il sagrestano Giovanni Suani ha ritrovato quattro tavole di legno, decisamente interessanti dal punto di vista storico.
Tre di esse (in origine erano quattro, ma la terza è andata perduta) sono infatti testimonianze di «legati» parrocchiali.
In sostanza, un elenco di averi e proprietà, sia mobili sia immobili, dell'allora decanato d'Ampezzo.
La quarta tavola invece riporta, in latino, il testo di un ex voto, di cui forniamo la trascrizione latina e la traduzione italiana.
Alcune note per gli «specialisti» il metro della composizione è chiaramente il distico elegiaco (esametro + pentametro dattilici), pur zoppicante in alcuni punti. Anche sintatticamente, la composizione non è precisissima: per esempio, il proclamat del v.18 è usato transitivamente (nel latino classico il verbo è invece transitivo), e il piger del v. 22 concorda con la potestas del v. 21: è chiara la svista sintattica.
Paiono evidenti i richiami (sottolineati dal desiderio che l'autore esprime nel v. 34) al Virgilio sia dell'Eneide (per il lessico militare - cfr. vv. 17, 24-26) e delle Bucoliche (per il lessico bucolico - appunto!, vedi vv 9-10).
Ben più interessanti invece sono le domande a cui si potrà dare risposta solamente con uno studio più approfondito della vicenda. L'ex voto sembra scritto nel 1607 da un certo frate Antonino da Premysl, un domenicano della Rutenia (regione storica dell'Europa Orientale, corrispondente oggi alla parte ucraina della Polonia e dell'Ungheria).
Premysl, la sua città d'origine, dovrebbe corrispondere all'attuale Przemyśl, cittadina polacca di circa 70 mila abitanti. Alla Polonia rinvia anche la citazione dei campis Sarmaticis (campi sarmatici) del v. 5. Ipotizzabile quindi, alla luce delle bona nuntia del v. 5 (buone nuove) da lì provenienti, e anche dalla conclusione viator eram […] iam redeo (ero viandante
[…] ormai ritorno) dei vv. 35-36, che l'ex voto sia dedicato alla Madonna della Difesa (cfr. vv. 13-14 e segg., fino a Defensoris Ducis: è lecito ipotizzarlo?) nell'imminenza del rientro in patria.
Fin qui, quello che sembra certo.
Sorgono però spontanee alcune domande. Che ci faceva qui a Cortina o, piu in generale, nella zona dolomitica, il frate polacco? Per quale motivo e stato costretto a fermarsi a Cortina? Forse per una malattia, come sembrano confermare i vv. 3-4 e quelli della quartultima riga (v. 37)? Non si giustificherebbe pero, accettando questa interpretazione, il richiamo alle ≪buone nuove≫ ricevute dalla Sarmazia e dalle terre d'origine (cfr. v. 5) del frate polacco.
Sarebbe inoltre interessante sapere, per riuscire a capirne qualcosa di piu, se il nome di questo viator (viandante) appare in altri documenti storici gia pubblicati: nulla di cio che e stato scritto su Cortina lo ricorda, anche se questo ex voto appena ritrovato puo rappresentare un buon punto di partenza per una ricerca approfondita e completa sulla ragione che porto Antonino da Premysl in Ampezzo.
Nel frattempo, ci limitiamo a fare un salto indietro nel tempo di quattrocento anni, immaginandoci i nostri avi che, con una oggi inusuale bonta, circondavano di premure questo pellegrino straniero, che seppe ringraziare con un toccante ex voto sia la Madonna (della Difesa?) sia coloro che lo accolsero a braccia aperte, curandolo e rimettendolo in sesto.
(box testi)
1 Nonus mensis abit quo te iam, Virgo, relinquam
non te, sed tibi quem vota dedere locum.
3 Accipe quae vires animi dant carmina grati
quod maesto hic gemitus solveris ipsa graves.
5 Huc bona Sarmaticis penetrarunt nuntia campis
Hic presso luctus demis; et hic relevas
7 Viscera quandoquidem cunctis materna sinumque
offers ut adeant, cum libet, intrepidi.
9 Sic te gens toto terrarum percolit orbe
sic celebrat sospes, sic canit ore pius,
11 In te spemque suam non fractus collocat exul
ferrea te scuto pectora tectus habens.
13 Sic docet iste locus quem plebs tibi fecit honorum
nomine deque tuo struxit ad arva domum.
15 Atque potens gladio pandens vexilla triumphi
pingeris hincque tibi proelia mira canunt
17 Proelia bellatrix quae pro pereunte subisti
dum proclamat opem, supplice gente, tibi.
19 Nam populator erat turmis hinc inde duabus
aggressus miseram: quis locus effugii?
21 Hiems erat dura satis nec Soli tanta potestas
ut vapidos montes redderet orbe piger.
23 Tu Virgo turmas densa caligine fallis.
Vertunt in socium quilibet arma suum
25 Mutua (quis credat?) caesos caesoribus aequant
vulnera: prostratos caespes et unus habet.
27 Obstupuit populus, spe non fallente salutem
qui prece qui votis non fuit ense potens
29 Gratus et hic posuit parti tibi Nominis Aedem
Defensoris herae signiferaeque Ducis.
31 Ergo Dei nutu tellus mihi contigit ista.
Hic defensor enim dum premit hostis ades.
33 O mea Lux, o vita: cui haec monimenta relinquo,
carmina, si possem, Vergiliana darem.
35 Sis pia, sis clemens, Regina parensque; viator
Te duce fretus eram: iam redeo, esto redux.
37 Cetera quae nosti, quae mens aegerrima sevit
in laudes facies surgere Virgo tuas.
39 Tandem casta vale et qui me fovere Coloni
sint procul a cunctis te rutilante malis.
41 Amen!
Frater Antoninus Primisliensis, Ruthenopolonus dominicanus
[…] Matri Gratiarum obtulit. MDCVII in Aprili.
Se ne va il nono mese durante il quale già, Vergine, ti lascerò;
non te, ma quel luogo che i voti ti hanno dedicato.
Accetta i versi che le forze di un animo riconoscente ti
dedicano, perché qui, all’addolorato, proprio tu hai sciolto
i gravi lamenti. Qui buone nuove giunsero dai campi sarmatici;
qui, all’oppresso, togli le pene e qui le alleggerisci,
dal momento che a tutti offri le viscere e il seno materni
affinché si avvicinino, quando piace, senza timore. Così la
gente ti onora su tutta la terra, così ti celebra chi è stato
salvato, così ti canta con la sua bocca il devoto, e in te
colloca la sua speranza l’esule non affranto che, protetto
da te suo scudo, ha un cuore di ferro. Così insegna questo
luogo di onori che il popolo ti fece e la casa che eresse fra
i campi in tuo nome. E sei dipinta, potente di spada, mentre
dispieghi il vessillo del trionfo e di qui, a tua gloria, risuonano
mirabili battaglie, battaglie che bellicosa hai sostenuto
per chi stava per soccombere, mentre chiede aiuto, con la
popolazione supplicante, a te. Infatti il depredatore aveva
assalito la misera (popolazione) con due schiere da una
parte e dall’altra: quale possibilità di rifugio? Il freddo era
duro nei campi e la forza del sole non era tanta da rendere
di nuovo vaporanti i monti, pigro nel suo giro. Tu, Vergine,
le torme con una densa caligine inganni. Volgono ognuno
contro il proprio compagno le armi, le reciproche ferite (chi
lo crederebbe?) uguagliano i feriti ai feritori: e un’unica sola
zolla custodisce gli abbattuti. Rimase attonito il popolo, che
con la preghiera, con i voti non era stato potente di spada,
riconoscente per la speranza non ingannevole di salvezza
e qui pose il tempio del nome per te generato, di Signora
della Difesa e Guida vessillifera. Dunque per volere di Dio
mi è toccata in sorte questa terra. Perché qui come difesa,
mentre incalza il nemico, sei presente. O mia luce, o vita: a
te, a cui lascio questa commemorazione, dedicherei, se potessi,
carmi degni di Virgilio. Sii pietosa, sii clemente, Regina
e madre; ero viandante, fidandomi di te come guida; ormai
ritorno, sii colei che fa tornare. Le altre cose che sai, che
(il mio) l’animo molto sofferente ha seminato [= composto],
farai che si levino, Vergine, a tua lode. Infine salve, casta,
e quegli abitanti che mi circondarono di premure stiano
lontani, grazie al tuo splendore, da tutti i mali.
Amen!
Frate Antonino da Premysl, domenicano della regione di
Rutenia… dedicò alla Madre delle Grazie, aprile 1607.