«L’Ironman», spiega Zardini, «è uno sport multidisciplinare che riunisce tre prove: 3.800 metri di nuoto, 180 chilometri in bicicletta e 42 chilometri di corsa (la distanza della classica “maratona”); chi, alla fine della maratona, raggiunge per primo il traguardo, è Ironman, cioè vincitore della competizione. Anche se, a ben vedere, tutti quelli che arrivano in fondo si sentono un po’ Ironman, perché questa sfida, prima che con il cronometro, è con se stessi. Solitamente nella stessa gara partecipano sia i professionisti, sia gli atleti non professionisti, che sono suddivisi in categorie in base all’età. Io appartengo a quest’ultimo gruppo».
In ritorno da Taiwan.
Zardini è appena rientrato da Taiwan, dove ha partecipato a una gara del circuito Ironman un po’ particolare (chiamata “70.3”), perché le distanze sono la metà di quelle tradizionali. Si è classificato 9° di categoria, nonostante una brutta tendinite che in parte compromette la sua attività sportiva.
«Il circuito Ironman si conclude in autunno, e riprende a novembre, quindi la gara di Taiwan è la prima a cui partecipo della stagione 2013», spiega Zardini. «La distanza 70.3 è una gara molto agguerrita che viene usata come preparazione per le gare complete, in quanto è meno traumatica per il fisico e richiede tempi di recupero più brevi».
Una stagione al massimo, con un po’ di sfortuna
«Il 2012 mi ha dato grandi soddisfazioni», racconta Zardini, «anche se ho avuto un po’ di sfortuna. Nella Marathon des Sables, in Marocco, mi sono piazzato bene (52° assoluto e 13° di categoria), nonostante fossi partito con una scapola fratturata da poco, e in Norvegia, nella gara 70.3, con un 9° posto di categoria, ho sfiorato la possibilità di partecipare alla finale del campionato mondiale proprio del 70.3 che si sarebbe svolta a Las Vegas. Per quanto riguarda il circuito Ironman completo, ho partecipato alla gara di New York che era iniziata sotto i migliori auspici: buona la frazione di nuoto (complice anche la corrente del fiume Hudson) e velocissima la frazione in bici, se non fosse che al 150° km si è rotto un pedale». Escluso il ritiro, Zardini ha deciso di continuare la gara: «Ho dovuto cambiare obiettivo, adattandomi alla situazione, e cercando quantomeno di raggiungere il traguardo. Uno spirito combattivo e testardo, tipico di noi montanari, ha escluso il ritiro: mi sono tolto le scarpette e mi son messo a correre spingendo la bicicletta in un’interminabile statale asfaltata per oltre dieci chilometri, tra gli entusiasmi del pubblico americano che stravede per questo tipo di atteggiamento».
Zardini arriva alla fine della frazione ciclistica con le scarpe da ginnastica di un volontario, poi recupera le sue per la maratona e porta «con onore lo scudetto tricolore che avevo sul petto alla fine di una gara piuttosto clamorosa, con una corsa di oltre 65 km in condizioni urbane proibitive».
Obiettivi 2013
«Nelle prime settimane dell’anno sarò a Panama, per la prossima tappa della distanza 70.3, dove sto raccogliendo i migliori successi di classifica e dove sono maggiormente competitivo», spiega Zardini. «Insisterò maggiormente alla ricerca della famigerata slot per la finale mondiale. Sperando che la fortuna mi assista un po’ di più rispetto alla passata stagione».
Grazie
Sarà anche un uomo d’acciaio, ma i ringraziamenti sono d’obbligo: «Affetto e gratitudine per l’unico olimpionico ampezzano di corsa, Gianfrancesco Demenego. Grazie anche al coach Cristiano Caporali (uno dei grandi esperti in Italia di triathlon) e ai miei club (Atletica Cortina, Aethalia
triathlon, Sport Life e Team Brianza con il suo presidente Claudio Ciceri)».
(comunicato stampa)