Ho appreso da una televisione veneta che a Cortina, dopo l'iter burocratico, la piazza Venezia cambierà nome e si chiamerà piazza Angelo Dibona, dato che in quel luogo, tempo fa, è stata collocata un'opera scultorea a sua memoria.
Lui ha fatto conoscere Cortina, prima della seconda guerra mondiale, in tutta Europa, però non dobbiamo dimenticare un altro mito ampezzano, Lino Lacedelli, perché con la sua impresa il nome di Cortina è colato in tutto il mondo.
A proposito dell'impresa di Lino, che ha dato tanto a Cortina senza chiedere nulla, perché non intitolare a lui o "Lacedelli K2" il Largo Poste, ora che la posta si è spostata in altro luogo? Sarebbe solo un atto dovuto alla sua memoria.
Ma tornando ad Angelo, dalla libreria-edicola di mia madre, che era posta di fronte alla sua abitazione, molte volte lo vedevo passare tra la folla elegante, con passo lento e tremolante e con in mano una sporta di panno mentre tornava dalla Cooperativa, e, arrivato davanti a casa, salire con più scioltezza la scala di legno esterna come se gli fossero tornate le forze, fino al ballatoio, per poi entrare in casa. Mia
madre mi spiegava che era stato una guida alpina da giovane, e che perfino un re lo aveva
voluto come guida per scalare le montagne e non solo a Cortina, ma anche all'estero.
Verso le quattro del pomeriggio lo vedevo uscire di casa per sedersi sulla panca del ballatoio, con la sua immancabile pipa in bocca, per guardare il passaggio della gente sottostante, ma soprattutto per vedere le sue montagne, come se nella sua solitudine volesse ancora dialogare con loro. Così passava intere giornate in solitudine senza che nessuno lo andasse a salutare, salvo la domenica, che qualche volta vedevo salire per la scala, qualche anziano.
Per lealtà devo dire che un pomeriggio ho visto sul ballatoio che conversavano con Angelo, Strobel e il Mescolin e lui sembrava rinato. Molte volte, per rompere la sua solitudine, salivo la scala con il Gazzettino in mano per leggerglielo, perché lui, con quegli occhi cerulei e cerchiati di rosso, stentava a leggere le parole piccole del giornale. Occhi che mi sono rimasti impressi.
Un giorno, il ragioniere Bonvecchio di Trento, segretario dell'Azienda di Soggiorno di Cortina, che mi dava lezioni di stenografia, mi chiese se potevo fargli conoscere Angelo Dibona, di cui aveva sentito tanto parlare. Un pomeriggio ci siamo andati, e Angelo ci ha accolti nella "stua", contento di vedere e sentire che un "foresto" si interessasse della sua persona e delle sue avventure di montagna da giovane.
Nel raccontare, sembrava ringiovanito, e qualche volta vedevo i suoi occhi luccicare, e sembrava che quanto ci raccontava fosse avvenuto poco tempo prima, tanto era preciso nella descrizione dei fatti.
Il giorno dopo il signor Bonvecchio venuto in negozio ha detto: «Non sai ieri che gioia ho provato per l'incontro con Angelo Dibona; non pensavo che un mito dell'alpinismo fosse così modesto e alla buona, come si dice». Questo avveniva un anno e mezzo fa circa, prima della sua ultima scalata che lo ha sconfitto, ma per farlo riposare fra le sue montagne.
Allora mi sono detto: perché non intervistarlo e raccogliere le sue confidenze e impressioni,
dato che in quel periodo facevo il corrispondente per il giornale Alto Adige da Cortina, e così ho fatto.
Nell'ascoltarlo sono rimasto impressionato da come modestamente descriveva le sue ascensioni, anche quelle più difficili, impegnative, mi dava l'impressione che per lui fossero state di poco conto e usuali. Perché potessi ricordare nomi, date e luoghi su quanto mi accingevo a scrivere, mi diede in prestito due dei suoi libretti di Guida Alpina, pieni di ringraziamenti e firme famose.
Dopo che l'Alto Adige pubblicò l'intervista, ne ho fatto una fotocopia molto ingrandita, affinché Angelo potesse leggerla agevolmente e gliela portai. La moglie Angelina volle offrirmi del caffè d'orzo con alcuni biscotti, e Angelo, dopo aver letto l'articolo, uscì un momento e tornò con due grossi album, uno pieno di fotografie, l'altro di cartoline ricordo, da cui ne staccò una e me la diede come suo regalo: era una cartolina scrittagli dal re del Belgio. In quel momento rimasi senza parole. Rcevere un regalo da un mito dell'alpinismo non me lo sarei mai aspettato. Non dimenticherò la fortuna che ho avuto nel conoscere e passare alcune ore con Angelo, come non dimenticherò quelle passata con Lino, sia a Cortina che ad Arco.
Due giganti dell'alpinismo indimenticabili.
Giorgio Murari