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Quo vadis, senectus mea?

Roberto Pappacena

01/06/2012
Ripercorrere pagina per pagina questo libro di «Racconti brevi tra Dolomiti e Kenya», costruito da Antonio Alberti Cuciarìn e Roberto Faccin, sarebbe una sciocchezza che nessun lettore mi perdonerebbe. A me interessa, invece, porre dinanzi alla mente di chi legge, il metodo personalissimo adottato dai due scrittori nei loro "racconti brevi" che, sommati l'uno all'altro,compongono un originale romanzo interiore, intercalato da «qualche piccolo cammeo di versi». È importante, intanto, meditare sulla "premessa" che ci pone di fronte ad alcune inoppugnabili precisazioni sulla parola "tempo" che «forse è solamente lo spazio che intercorre tra due punti essenziali della vita umana: nascita e morte, che ognuno riempie come sa, come può e come riesce a fare». Concetto illusorio, il tempo - precisano gli Autori - e paradossale sillogismo perché «non essendoci più passato ma solo un presente impalpabile e illusorio, e non ancora futuro, il tempo come espressione da noi concepita, praticamente potrebbe non esistere». Ed allora «che cosa stiamo vivendo? Una illusione collettiva di appartenenza a qualcosa che potrebbe anche non esserci? C'è insomma di che ammattire - concludono i nostri due Autori. Non ci resta che vivere, nel migliore dei modi, questa magnifica e irripetibile illusione sperando che il futuro, che ancora non c'è, possa divenire passato, attraversando un presente che rimane essere fatuo... Invecchiare, insomma, è l'unica maniera per non morire giovani».