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PARLA IL FOTOGRAFO STEFANO ZARDINI

Luca Dell'Osta - Giacomo Pompanin

01/11/2009

Scrisse un giorno il fotografo Helmut Newton: «Il desiderio di scoprire, la voglia di emozionare, il gusto di catturare: tre concetti che riassumono l'arte della fotografia».

Niente di più vero, una volta conosciuto, per la chiacchierata di questo mese, Stefano Zardini, il fotografo nostrano ma con la mente rivolta al mondo. È così che ci apre le porte del suo studio e ci illustra il suo modo di vedere, non solo nell'obiettivo, ma anche molti aspetti del vivere moderno. Parliamo di cultura, di educazione, di fotografia… e di come Cortina dovrebbe stare al passo con i tempi.

La cultura è anche comunicazione, e la fotografia è uno straordinario strumento di comunicazione.

Come possono interagire tra di loro cultura e fotografia?

La fotografia è la comunicazione visiva per antonomasia. Se c'è qualcosa che parla da sola è la fotografia, che oggi è una delle arti visive più richieste e più efficaci, e che più dà libertà di espressione: in una località che è in continua evoluzione come Cortina, più che mai la fotografia dovrebbe legarsi strettamente alla vita del territorio e delle sue persone.

Ci racconti qualcosa dei suoi lavori, per capire come la foto possa diventare strumento per approfondire e riflettere sulla società.

Viviamo in un mondo in cui la neve c'è tutti gli anni. Io ho proposto tre modi completamente rivoluzionari di vedere il mondo bianco. Li accenno brevemente: Tracce. La neve come rappresentazione dell'effimero e dell'irripetibile.

L'altro sguardo. Mi sono immedesimato in un fiocco di neve che scende. Snowland.

Il mondo della neve come un enorme parco dei divertimenti.

Credo che non ci si debba fossilizzare: i modi per guardare sono infiniti, e infiniti sono i modi per rappresentare ciò che ci circonda.

E questa è senz'altro una via per crescere, per far crescere il pubblico; guardare il consueto in modo inconsueto, e a guadagnarci dovrebbe essere la collettività.

Interessante l'aspetto sociologico, antropologico di Snowland…

La mia voleva essere una condanna, mettendo l'accento su un aspetto fortemente negativo.

E pochi hanno capito, devo confessare, la critica al modo in cui viene usato il nostro territorio: così leggero, così poco approfondito, poco consapevole! Forse è stata debole la mia comunicazione, o troppo ermetica. Ma non bisogna mai dire le cose in maniera troppo facile, altrimenti si priva l'osservatore della fase della ricerca, che è quella più interessante.

Noi forse siamo fissati, ma è una questione di educazione? Parliamo in questo caso dell'essere curiosi e ricercatori.

Non so se proprio di educazione, ma Cortina è carente nell'offrire occasioni di crescita.

Perché è grazie ai linguaggi ermetici che si impara a capire, che si è portati ad un sforzo in più. Spesso dietro a una semplice rappresentazione ci sono mille innovazioni: cito solo Giotto e Fontana. Quindi è utile incentivare mostre che aiutino a crescere, perché qui noi siamo portati a crescere poco, e nel tempo che ci resta tra un'attività e l'altra, ben poco lo dedichiamo alla cultura.

È colpa della società in cui siamo inseriti, oppure questo imbruttimento culturale è una deriva insita nell'uomo moderno?

Sicuramente programmi come il Grande Fratello non aiutano.

Oggi purtroppo l'informazione in generale punta di più su un certo tipo di notizia, e un clima culturale mediocre non incentiva i nostri ragazzi a tornare a Cortina per viverci.

La fuga dei cervelli ampezzani…

Esatto. Piccolo esempio: le Regole, attorno al 1500, alle donne a cui moriva il marito, e restavano sole con i figli, davano una o due corone. Nei casi più gravi di moria di bestiame si arrivava a quattro corone. Ma se tu mandavi tuo figlio a studiare a Vienna, avevi ben otto corone. Se ti si bruciava il fienile, te le sognavi otto corone! Abbiamo perso in lungimiranza: mandare i cittadini a studiare a Vienna significava portare un miglioramento al paese, anche se l'investimento era a lungo termine.

Beh, sì, fa riflettere. Cosa possiamo dire degli spazi però? A Cortina non sembrano essercene.

Non ci sono proprio! A Cortina non c'è un polo per la cultura.

Non possiamo parlare di cultura in un luogo provvisorio. La cultura deve avere la sua sede. Guardate Rovereto, era una delle città più dimenticate del nord Italia.

Adesso ha il Mart… Bisogna pensarci e farlo! Poi, dopo, inutile che noi ci mettiamo qui a fare la mostra più importante del mondo, perché non possiamo ospitarla per molteplici motivi. Dobbiamo puntare sulla cultura alpina, sugli studi sull'alta montagna.

E dunque? Cosa propone?

La mia proposta all'amministrazione era di costruire una struttura con impatto ambientale zero, ma straordinaria sotto il profilo architettonico, immersa nel verde. Io avrei regalato un terreno, cui ne andavano aggiunti altri, in una zona a due passi dal centro. Ora, questo luogo avrebbe dovuto ospitare mostre di alto livello e una immensa raccolta iconografica concernente la montagna. Non solo, ma tutta l'iconografia che riguarda lo sport, l'alpinismo, la geologia.

Ecco, non tanto un museo, ma una fondazione con tutto questo materiale consultabile.

Un archivio fotografico…

Esatto, un enorme archivio fotografico.

Io avrei inoltre donato tutto il mio archivio di lastre (quasi seimila) cui si sarebbero dovuti aggiungere altri archivi di Cortina, almeno per la consultazione, e tutti digitalizzati.

Un luogo di studio insomma, un luogo dove esporre, dove parlare, studiare. Straordinario.

Progetto ambizioso…

No, non credo. Sarebbe la cosa giusta per portare Cortina al centro delle attenzioni per quanto riguarda la montagna e gli studi su di essa. Intendere Cortina come il posto per studiosi e ricercatori. E io come primo mattone mettevo il terreno e tutto il patrimonio di immagini che ho a disposizione.

Noi passiamo questo primo mattone all'amministrazione. Possiamo?

Fate pure, sono assolutamente disposto a contribuire in questo senso. Bisogna avere il coraggio di proporre soluzioni nuove, per andare alla ricerca dell'eccellenza. E poi, veramente, abbiamo bisogno di stimoli, di momenti di crescita, soprattutto per la nostra gente.