Nell'estate dedicata a festeggiare i centocinquanta anni (e più) della banda musicale di Cortina, è bello scoprire tanti generosi personaggi da scrivere nel libro della memoria, soprattutto quando sembravano destinati all'oblio.
Questa volta è di turno Arcangelo Dandrea Podar (1862-1935), sposato con Costantina Costantini (1867-1937) che gli dà quattro figli, Mansueto (1898), Alberto Angelo (1899), Evaldo Candido (1901) e Angelo Luigi (1903). Il soprannome di questo ramo dei Dandrea sui documenti è (era?)Bader, ovvero contadino, con il tempo e la pronuncia è diventato quello odierno di Podar. La base patrimoniale della famiglia non era elevata ma decorosa. Come la maggioranza del paese giacché il padre Angelo aveva casa con stalla e fienile a Verocai e viveva di agricoltura e allevamento. Ma Arcangelo aveva altri progetti per sé.Nel 1877, a quindici anni, convince i genitori a permettergli di continuare gli studi e per superare le difficoltà economiche accetta di essere iscritto alla scuola industriale "onde apprendere l'arte di intaglio e decorazione", in veste di "allievo-garzone". Così risulta dal contratto stipulato con il direttore Giovanni Maria Ghedini, davanti al sindaco Barbaria. In pratica egli avrebbe frequentato tre anni senza pagare, ma con prestazioni di lavoro, dopo le lezioni, restando nella scuola per l'intera giornata. Appena ottenuto il diploma, Arcangelo venne mandato a lavorare presso una famiglia della Pusteria, dove perfezionò la lingua tedesca, anche questa usanza era abbastanza diffusa in molte famiglie. Ma nel contempo imparò a leggere gli spartiti musicali e a suonarne gli strumenti per i quali era naturalmente predisposto.Quali in particolare? Tutti, si tramandava in famiglia, dai flauti ai corni, dalle trombe ai tamburi.
In Ampezzo era stata appena costituita la Società dei pompieri volontari, presto imitata per il contenuto sociale e di sicurezza, destinata ad anni di gloriosa attività anche all'estero, cioè nei vicini paesi del Cadore.Fra i promotori e in quegli anni anche direttore c'era il famoso pittore Luigi Ghedina. Arcangelo Dandrea entrò a farne parte attiva subito. Quando la banda cittadina cadde in una delle sue ricorrenti crisi furono appunto i pompieri a raccoglierne il testimone; ma per non casuale coincidenza erano quasi tutti soci di entrambi i sodalizi. Così, quasi automaticamente, Arcangelo Dandrea ricevette l'ambito incarico di occuparsene e lo fece a modo suo, dalla sovrintendenza alla sede concessa dal Comune, alla custodia degli strumenti e loro manutenzione tecnica; dalla istruzione dei
pompieri- bandisti, alla organizzazione delle prove alla direzione dei concerti pubblici. Il sindaco, cui venne data la comunicazione, rispose con soddisfazione, che "questa soluzione era di decoro per il paese e utile alla società dei pompieri".
CON LA BANDA NEL CUORE
Il nuovo incarico peraltro del tutto gratuito lo impegnava tutte le sere per tre ore per tutto l'arco dell'anno. Nel 1899, dopo più di cinque anni di attività con una presenza media di venti, venticinque allievi, se ne accorse Giuseppe Lacedelli, imperial regio maestro delle Scuole industriali, che in una lettera accorata segnalò la sua generosità al Comune chiedendo per lui un riconoscimento."Diciotto ore settimanali sacrificate pel bene pubblico, senza pretesa di nulla, dovrebbero in qualche modo essere ricompensate".
Senza dire che, nel frattempo, era stato nominato dirigente del Comitato sorto per la rinascita della banda musicale per la quale aveva steso lo statuto che aveva sottoposto per l'approvazione al Comune. Dunque il suo nome vi era ampiamente noto. In una lettera aveva anche formulato la richiesta ad acquistare un certo numero di strumenti e in un'altra missiva aveva chiesto di dare ai "bandisti" un compenso, almeno in talune feste nazionali, quali "il giorno natalizio di Sua Maestà".Per sé mai nulla. La sua aspirazione infatti era un'altra che venne esaudita nel 1900 quando, finalmente, ottenne la nomina a "maestro d'incisione e di falegnameria artistica presso l'imperial regia Scuola d'arte". Ma il nuovo impiego gli creò un problema di coscienza per ipotetici conflitti di interesse. Perciò con rigore asburgico presentò al Comune le dimissioni da istruttore e dirigente della banda municipale, adducendo motivi di salute,"sentendosi molto stanco delle gravi fatiche".Il sindaco dell'anno preso atto "a malincuore di questo suo progetto" lo ringraziò scrivendogli che "il Comune serberà sempre grata memoria per avere Lei ripristinato una società che abbellisce questo nostro paese".
ANCORA A SERVIZIO DELLA COMUNITÀ
Ma Dandrea era una risorsa troppo preziosa per lasciarlo alla sola attività scolastica. Parlava le due lingue della monarchia tedesco e italiano, era competente e versatile in molti campi, oltre a quello professionale della scuola d'arte, soprattutto era disponibile verso la comunità. Nel Tirolo austriaco in quegli anni i maestri delle scuole professionali durante le vacanze venivano inviati a tenere corsi estivi ai giovani dei piccoli paesi dispersi nelle remote valli tirolesi. In una di queste missioni nel 1902, il Comune lo incaricò di prendere contatti politici con le personalità di Marebbe per avere un "Deputato proprio nella Dieta d'Innsbruck nominato assieme" dai due giudizi distrettuali. Nel 1906, mentre si recava a Pinzolo nelle valli Giudicarie, lo incaricarono di studiare il manicomio di Pergine, per poter applicare anche all'ospedale comunale d'Ampezzo le eventuali migliorie. La sua terrificante relazione sul "trattamento dei poveri infelici" fece abbandonare il progetto.
Ovviamente continuava a collaborare a livello volontaristico e senza compenso, con le istituzioni locali. Nel 1907 entrò a far parte del gruppo di nove "uomini di fiducia onde rilevare lo stato di possesso nell'impianto del libro fondiario d'Ampezzo". Nel 1909 diresse il comitato che si sarebbe recato a Innsbruck ad organizzare la partecipazione dei 48 membri della banda d'Ampezzo, nei giorni 28, 29 e 30 luglio, ai festeggiamenti per il centenario di Andreas Hofer. L'ultimo contributo al suo paese lo prestò accettando di lavorare nel consiglio comunale di transizione che, a partire dal 1919 e fino al 1922, avrebbe traghettato la Magnifica Comunità dall'Austria all'Italia.
Un personaggio da medaglie? No, uno dei tanti uomini normali che hanno fatto grande Cortina e le sue istituzioni.