Nei primi mesi del 1878, quando Cortina d'Ampezzo era suddita austriaca, il parroco si rivolge ad un restauratore veneto, di nome Galassi, perché metta in ordine i due altari laterali della parrocchiale, i primi scendendo dal coro. Non sappiamo perché don Luigi Maneschg avesse contattato un professionista straniero e non avesse invece cercato in paese qualcuno in grado di svolgere quel lavoro. Non è nemmeno chiaro perché la decisione fosse partita dalla parrocchia, che aveva il solo incarico la chiesa e le sue strutture di gestire per le attività religiose; anziché dal Comune che a suo tempo aveva fatta costruire la chiesa e che ne era il vero proprietario. Risulta soltanto che il Galassi venne a Cortina, restaurò il primo dei due altari, quello ligneo di Johan Muessack, dedicato allora a S.
Teofilo, ripulì la pala dipinta che Luigi Gillarduzzi aveva dipinto verso il 1850 e che aveva sostituito la precedente pala dello Zeiler, trasferita alla Difesa, infine aveva presentato al Comune il conto ammontante a ben duecento fiorini oro. Era stato un piccolo choc per l'amministrazione; indubbiamente la cifra era cospicua.
Per fare qualche raffronto lo stipendio di un funzionario pubblico si aggirava sui 35 fiorini al mese, mentre quello di un guardaboschi non superava i 15 fiorini; o, ancora e per restare in argomento, troviamo che Giuseppe Ghedina Tomàsh nel 1860, per dipingere la SS Trinità sulla cupola della parrocchiale, aveva ricevuto 400 fiorini, e il Comune aveva pure provveduto a montare i ponteggi, fornire i materiali vari e prestargli gratuitamente l'assistenza tecnica. Per rispondere alle comprensibili perplessità dei consiglieri comunali il sindaco aveva dato l'incarico al pittore Luigi Ghedina Tomàsh di fare una supervisione artistica e rispondere ad almeno tre quesiti. Era equo il compenso richiesto per i restauri del solo altare di san Teofilo? La pala della Addolorata che il Galassi aveva ripulito era stata compromessa nella qualità dei colori? Per ultimo, si doveva mettere in ordine anche l'altro, dedicato a san Liberale, magari con una spesa altrettanto cospicua? Prima di raccontare il resto della storia e, visto che abbiamo citato anche l'altro famoso pittore dei Tomàsh, cogliamo l'occasione per dedicare alcune righe a quella importante famiglia.
Il padre Gaetano (1804 1877) era nipote del Tommaso che, nel 1780, aveva costruito l'albergo Aquila Nera, il primo in Ampezzo, e che aveva dato il soprannome al casato «chi de Tomàsh». Sua moglie Maria Rosa Dipol (1801-1870) gli avrebbe dato dodici figli di cui due morti in tenera età.
Il primogenito Giuseppe (1825 1896), sposato alla nobile veneziana Elvira Del Negro da cui era nato Gaetano, è l'artista destinato alla celebrità per gli affreschi e le tante pitture eseguite nelle chiese e nei palazzi del Veneto. Il secondo, Angelo (1828-1915) aveva sposato Marianna Verzi (1834 1859) della famiglia proprietaria dell'albergo Croce Bianca, purtroppo morta a ventiquattro anni di parto. Risposatosi con Maria Anna Demai Belìn (1840 1906), di famiglia altrettanto doviziosa, diventerà il tesoriere del Comune (in dialetto <cashier>) e dunque la sua famiglia viene detta «chi del cashiér», un impiego ricco di soddisfazioni e di emolumenti. Secondo qualcuno Angelo, pur non avendo frequentato l'accademia, si sarebbe dilettato di pittura, collaborando con i fratelli ad affrescare la dépéndace paterna, detta «ciasa dei pupe», ma non esiste alcuna documentazione e nemmeno un quadro a lui sicuramente attribuibile.
Poi era nato Luigi (1829 1900), diplomato all'accademia di Venezia, rimasto scapolo, pittore di grande valore; è a lui che il Comune chiede la perizia di cui stiamo parlando. Maria Teresa (1831-1907), andata sposa ad un nobile Chiaradia di Cappella Maggiore, famiglia che conserva degli zii una ricca collezione di quadri e disegni. Giuditta Dorotea (1832-1870) sposata con Agostino Manaigo proprietario di terreni a Peziè dove avrebbero costruito l'albergo Miramonti Majestic. Pietro (1834-1910), rimasto scapolo, che condurrà l'albergo paterno. Anna Rachele (1839-1872) rimasta signorina ad aiutare la mamma. Rosa (1841 1912) andata sposa ad un Soravia mercante di legname a Perarolo, ma rimasta prestissimo vedova con due figli piccoli quando avrebbe fatto ritorno a Cortina.
Cesare (1843-1919), scapolo, di carattere allegro ed estroverso, personaggio caratteristico della società ampezzana; più volte consigliere e assessore comunale; collaborava saltuariamente alla conduzione alberghiera. Ultimo Raffaele (1844-1919) che avrebbe costruito un albergo accanto alla stazione di Dobbiaco, sulla neosorta Suedbahn, sposato con Maria Rella da Bolzano vi si sarebbe trasferito non facendo più ritorno in Ampezzo. Considerando i due bimbi premorti, sono dodici figli. Ecco ora come Luigi svolge il compito di supervisore, ricevuto dal sindaco il 9 giugno, dandone risposta tre giorni più tardi. «Atto nella cancelleria comunale d'Ampezzo, Cortina li 12 giugno 1878. Presente il signor Luigi Ghedina pittore, avanti Luigi Barbaria, capo comune, Constantini, segretario. In adempimento all'incarico ricevuto dalla rappresentanza comunale nella seduta dei 9 andante il capo comune ha ricercato la compiacenza del signor Luigi Ghedina ad esaminare l'altare di S. Liberale onde rilevare se meriti il ristauro da farglisi, come fatto sull'altare di S. Teofilo. Recatosi quindi il Ghedina a tale effetto in chiesa diede indi a protocollo la seguente dichiarazione.
L'altare in discorso è nel preciso ed identico disordine nel quale trovavasi l'altare di S. Teofilo e merita assolutamente un eguale restauro. Riguardo poi al prezzo indicatogli in fiorini 200, non lo crede per nulla esagerato, attesa la qualità del lavoro del detto artista e richiedente anche un lavoro abbastanza lungo. Richiesto del suo parere anche sulla pala Gillarduzzi che, al dire di molti, sembra essere rovinata dalla lavatura praticata dal Galassi, il Ghedina dichiara che non havvi alcun indizio che la stessa possa per questo titolo aver sofferto; e che anche il poco di lucido che ancora vi sussiste col tempo va a perdersi, senza lasciare menoma traccia. Letto ed in conferma si sottoscrive. Luigi Ghedina, Luigi Barbaria, capo comune, Constantini, segretario». Senza entrare nel merito di un evento, sul quale mancano altri riscontri, non si può non ammirare la professionalità di questi antenati.
Dal pievano Maneschg, che proveniva da Marebbe e avrebbe ricoperto l'alto incarico soltanto per cinque anni dal 1875 al 1883, il quale cura il decoro della chiesa, trovando il tecnico più adatto, indipendentemente da ogni considerazione personalistica.
Al sindaco Luigi Barbaria e ai suo collaboratori di giunta che sanno troncare sul nascere le consuete, peraltro inevitabili, polemiche. Soprattutto il maestro Ghedina, formatosi non per nulla all'Accademia di Venezia, tanto coscienzioso quanto riservato, che svolge l'incombenza ricevuta con encomiabile sollecitudine e rigore.
Quanti altri pittori sarebbero stati così leali nel giudicare il lavoro fatto da un collega (concorrente?), per di più, italiano? Una vicenda, tutto sommato, marginale ma pure un gradevole contributo alla conoscenza di un grande artista e uomo integro.