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PASSEGGIANDO A TORINO

Giacomo Pompanin

01/03/2009

Passeggiando a Torino, qualche anno prima delle Olimpiadi invernali, a ricercare un po' di pace dalla confusione dei giorni di Pasqua, mi capitò, affascinato dalle linee disegnate dal Guarini, di entrare a palazzo Carignano. In questo splendido e al contempo austero edificio barocco ha sede il Museo Nazionale del Risorgimento italiano - questo il nome per intero - un vero monumento alla storia del nostro paese; immenso, 3000 metri di superficie per una trentina di stanze, tanto grande da poter gareggiare, penso, con quei musei d'arte che non finiscono mai come il Kunst di Vienna, la National di Londra o l'Ermitage di San Pietroburgo. Nulla contro questi luoghi sacri, se non il fatto di essere diventati più contenitori che non musei in un senso moderno del termine, e per questo, forse, meno efficaci al fine di un percorso di apprendimento. C'è chi infatti entra al Louvre solo ed esclusivamente per vedere la Gioconda, molti lo frequentano - verrebbe da dire per una corsa, come in Bande a part di Godard - per una passeggiata di fronte a quadri, forse perché preferibili al panorama sulla Senna. Il museo di Torino però era decisamente peggio, e, anche se il nostro presidente Ciampi aveva tentato in tutti i modi di riabilitare l'immagine del Risorgimento, quelle gigantesche stanze rosa pallido nelle quali camminavo sapevano d'antico e di muffa, quasi come la storia che ospitavano. A rendere anche più faticosa la visita i chilometrici tavoloni espositivi che, sotto vetri resi opachi dalla polvere, ospitavano i più vari e scriteriati oggetti: dalla spada di Santorre di Santa Rosa alla microscopica scatolina di cerini con stampata l'effigie di Anita Garibaldi; dagli occhialetti di Silvio Pellico alle lettere di Nino Bixio alla fidanzata. Così via, tutte le stanze esattamente uguali alla prima, saltando dal capo alla coda della storia, dal mito all'inezia.

Oggi - dal 2006 - il Museo del Risorgimento è chiuso al pubblico per un intenso lavoro di restauro e riallestimento. Ma chissà come lo rivedremo… Probabilmente qualcuno si è accorto, fortunatamente, che quelle sale non erano più attuali. È interessante notare come, sempre a Torino, già da qualche anno, in un luogo magico che doveva ospitare una sinagoga, abbia sede oggi il Museo del Cinema, una delle più elettrizzanti proposte museali dell'Italia recente. Il tempo passa e il visitatore nemmeno se ne accorge, uscendo divertito e ancora più incuriosito.

E non parlo solo di appassionati di cinema, di chi guarderebbe ore di film muto - che probabilmente considerano questo luogo già come un tempio - ma anche per chi fino a quel momento era rimasto praticamente indifferente alla disciplina. Perché la vera sfida dei nostri giorni è riuscire a rendere accattivante, attraverso un percorso narrativo efficace, anche il più noioso e complicato degli argomenti. E così il cinema nella Mole Antonelliana lo si vede e sperimenta - nel vero senso della parola - dalle camere oscure di Leonardo alle prime lanterne con cui si divertivano i nobili europei dell'Ottocento. Il tutto per arrivare naturalmente a parlare di Marilyn Monroe e del suo vestito o di altri mitici oggetti che hanno segnato la storia della settima arte, ambientazioni, ricostruzioni, tutto a grandezza naturale, per tentare di vivificare e di portare alla mente suggestioni di film e personaggi celebri.

Poi, perché no, abbandonarsi su di una chaise-longue a guardare un pezzo quasi unico, che solo una cineteca sa offrire. Storia e ricerca quindi, unite però ad un'interessantissima passeggiata nella materia. Questi due esempi semplicemente per portare a riflettere sul futuro museale di Cortina d'Ampezzo, offuscato ancora da infelici presenti.

In molti anni, infatti, non si è ancora pensato ad un progetto ambizioso che facesse correre il nostro paese al passo con le moderne città della cultura, che tentano di raccontare peculiarità e storia in modo accattivante per chi le frequenta. Rimaniamo purtroppo alla programmazione di mostre anno per anno, poco studiate e di scarsa efficacia, sprecando velocemente gli argomenti a nostra disposizione, che andrebbero invece valorizzati con anni di preparazione. Speriamo che anche in questo senso in futuro si cambi qualcosa.