Caro Direttore,
in punta di piedi vorrei entrare nella questione dell’Aeroporto di Cortina e che è stata molto dibattuta in questo periodo anche per le recenti dichiarazioni del Ministro del Turismo, l’On.Daniela Santanché che hanno riportato la questione alla ribalta delle cronache.
Prima di tutto è mio desiderio sottolineare come questo mio contributo non debba essere interpretato quale atto per sminuire la sensibilità di chi ha perso un amico, un collega o un parente caro nel tragico incidente del 1976, anzi, vuole essere l’esatto contrario, è un atto di rispetto e un contributo aperto, magari anche alle critiche, per cercare di far comprendere a chi non conosce la materia, come l’attuale situazione tecnologica del mercato aeronautico, si sia sostanzialmente evoluta modificando le regole in vigore 50 anni fa, anche dal punto di vista della sicurezza del volo, e che oggi un progetto di riqualificazione è possibile se fossero rispettate determinate condizioni.
Quindi vorrei tentare di spiegare ai Suoi lettori di come le norme rispetto all’epoca siano davvero cambiate e che alcuni pregiudizi si possono ormai superare attraverso l’apprendimento di nozioni reali e non di superstizioni o dicerie.
Nella mia lunga esperienza nel settore aeronautico purtroppo ne ho sentite e viste di tutti i colori.
Ed è per questo motivo che vorrei fare una carrellata più tecnica che narrativa, cercando di delineare un quadro obiettivo ma soprattutto reale della questione e consentire agli abitanti di Cortina d’Ampezzo di farsi un’idea rispetto alle norme attuali e alla tecnologia che al giorno d’oggi è disponibile rispetto a quella degli anni 70 e che coinvolgono l’aeroporto di Fiames e i vari progetti che si sono succeduti fino ad oggi, purtroppo senza successo.
Parliamo quindi dell’area di Fiames Aeroporto Sant’Anna che il Piano Regolatore attualmente in vigore ha definito nel 2000 con una norma del P.U.A. per lo sviluppo di una attività aeroportuale con una pista a disposizione lunga circa 1.129 metri.
Senza entrare nelle more di cosa prevede il P.U.A., e che tutti noi ben conosciamo, iniziamo col dire che quell’area è caratterizzata in certi periodi dell’anno (circa una decina di giorni all’anno) da forti venti.
Come da regolamento nessun aereo con certificazione standard può decollare in presenza di vento, anche di traverso, sopra i 30 nodi, pari a circa 55 km su pista asciutta. Se poi la pista è bagnata o scivolosa o in presenza di neve, il valore diminuisce sensibilmente passando a 25 nodi, fino ai 20 nodi in caso di neve.
Su questa norma e in base alle certificazioni dell’aeroplano non vi è deroga alcuna e per l’atterraggio valgono le stesse regole. E’ quindi evidente che una avio superficie a Fiames non potrebbe essere utilizzata per 365 giorni l’anno, proprio perché le caratteristiche della zona in certi giorni dell’anno ne impedirebbero la regolare fruizione della pista.
Questo però non significa che non ci si può dotare di un piccolo aeroporto, significa che in quei giorni dove il vento o le condizioni atmosferiche non consentiranno di far atterrare un aereo sulla pista di Fiames ci sarà un dirottamento verso un altro scalo vicino (ad esempio Bolzano o Treviso) come avviene in tutti gli aeroporti del mondo.
Per come la vedo io la pista dovrebbe restare li dov’è e con la medesima lunghezza, anche se lo spostamento di alcuni gradi dell’attuale pista di volo aiuterebbe di molto sia i decolli che gli atterraggi degli aeromobili, consentendo una fruibilità migliore della pista stessa rispetto al passato e aumentando notevolmente il fattore sicurezza.
La pista inoltre non potrebbe essere fruita da tutti gli aeromobili, ma solo da quelli con caratteristiche di decollo e atterraggio molto corti (i cosiddetti aeromobili con certificazione STOL).
Quindi aeromobili tipo il Challenger o il Gulfstream non potrebbero mai atterrare su questa pista, mentre altri aeromobili invece potrebbero tranquillamente decollare e atterrare senza alcun tipo di problema.
Stiamo parlando di piccoli aerei ad elica da 2 a 6 posti, oppure di aerei turboelica leggermente più grandi con capienza fino a 7 posti, ma anche di piccoli jet privati, i cosiddetti light jet, come ad esempio il Cirrus Vision 50, oppure il Pilauts PC24 o il Cessna Citation Mustang ovvero tutti modelli di aeroplano di ridotte dimensioni e capacità che sono dotati di strumentazioni adeguate per evitare il ripetersi di incidenti come quello accaduto tragicamente nel maggio del 1976.
Inoltre per poter atterrare e decollare dalla pista di Fiames sarebbe obbligatorio ottenere una abilitazione al volo da montagna condizione essenziale per poter fruire dei servizi aerei dell’area.
Ci troviamo quindi in una condizione di sicurezza molto stringente e che eviterebbe certamente il ripetersi di eventi drammatici, o di imperizie, da parte di piloti troppo zelanti.
Per Cortina d’Ampezzo inoltre il ripristino dell’aviosuperficie significherebbe nella immediatezza non solo l’aumento delle presenze ma anche la possibilità di farsi raggiungere in tempi ragionevoli così da poter aumentare i periodi di soggiorno per i turisti ed inserirsi nei percorsi di sviluppo turistico a livello internazionale, consentendo alle attività che già intrattengono rapporti di natura internazionale di poter creare nuovi piani di sviluppo e di espansione con il conseguente incremento di risorse umane ed economiche.
Non mi piace citare i grandi eventi come ad esempio le Olimpiadi del 2026 perché sembra che l’aeroporto possa essere collegato solo a tali eventi e questo è sostanzialmente sbagliato, ma siamo anche in presenza di una progettualità, quella della variante di Cortina che vedrebbe l’area di Fiames interessata all’accoglimento del materiale di scavo delle due gallerie. Un problema? Forse, ma potrebbe essere anche una opportunità.
Facendo un ragionamento rapido e logico possiamo tranquillamente dire che buona parte di quel materiale, circa 750 mila metri cubi, potrebbe essere utilizzato per innalzare l’area dell’attuale aeroporto e portarla a livello della strada dell’Alemagna. Questa idea non solo sarebbe vantaggiosa per chi realizza l’opera in quanto si eviterebbero dei costi molto onerosi di smaltimento, ma il materiale verrebbe recuperato a fini infrastrutturali e allo stesso tempo consentirebbe di avvicinare la pista dell’aeroporto al cielo migliorandone le caratteristiche e la performance di decollo e atterraggio.
Se ci ragioniamo sopra in realtà un aeroporto svolge un ruolo ben più importante della semplice fornitura di servizi di volo e di terra. È un forte attrattore economico. Può sicuramente essere un business come spinta strategica di sviluppo del territorio, insomma un volano economico per le realtà economiche del territorio stesso.
Inoltre, a mio giudizio l’aeroporto andrebbe coinvolto fin da subito nell’integrazione delle attività che sono di supporto alla montagna, e cioè il cosiddetto “Polo Emergenze”, quindi Protezione Civile, Soccorso Alpino, Soccorso Sanitario e attività delle Forze dell’Ordine. Pertanto lo sviluppo di un traffico di aviazione civile generale (voli del tipo corporate e turistico), con anche i già citati servizi di Protezione Civile, il servizio Sanitario pubblico e privato, quello sportivo, etc. etc, sono tutte attività che si rivelerebbero molto utili a tutta la comunità di Cortina d’Ampezzo.
Personalmente, la riqualificazione dell’avio superficie di Fiames la ritengo una grande opportunità per promuovere il valore e allo stesso tempo preservare l’identità montana nella sua unicità e autenticità, senza però stravolgere l’ambiente e la cultura del territorio.
Ho anche sentito parlare di vertiporti o di eliporti.
Prima di addentrarmi nella questione eliporto, molto caro al Sindaco Lorenzi che ne ha fatto un punto fermo del suo programma di governo, mi soffermerò nel fare una piccola analisi dei vertiporti.
I vertiporti sono piattaforme aeree situate sui tetti dei palazzi e che servono per l’operatività dei voli taxi effettuati con dei droni tra l aeroporto e la città. Sono velivoli dotati di motori elettrici, collegati a delle eliche posizionate all’esterno del drone e che hanno una autonomia compresa tra i 20 e i 40 minuti di volo per il trasporto da 2 a massimo 4 passeggeri e proprio per la tipologia di velivolo, e cioè per l’appunto senza un pilota a bordo, (radiocomandato da terra oppure a guida autonoma come per le più recenti guide autonome delle autovetture) non possono essere adatti al volo in montagna.
Chiarito che i vertiporti non sono confacenti ai collegamenti di montagna veniamo al progetto dell’eliporto.
Avere una pista di 1.129 metri e ridurla a 350/400 metri per avere solo un eliporto mi sembra una cosa molto illogica.
Ci sono tre motivi principali per cui l’eliporto non sarebbe del tutto conveniente.
Il primo è esclusivamente economico; un eliporto ha gli stessi costi dell’aeroporto ma minori introiti, quindi i costi da sostenere per chi dovesse gestire una struttura del genere sarebbero molto onerosi.
Il secondo riguarda l’inquinamento acustico. Il motore di un elicottero è acusticamente più inquinante del motore di un aeroplano. Un aeroplano di grandi dimensioni mediamente emette tra gli 84 e 95 decibel di rumore, mentre l’elicottero può arrivare anche ad emettere oltre 120 decibel di rumore. Se pensiamo che la sirena di una ambulanza emette 125 decibel il raffronto può dare un’idea dell’intensità del rumore e del tipo di inquinamento dei due velivoli.
Il terzo motivo è quello legato allo sviluppo economico e alla volontà di trasformazione di Cortina d’Ampezzo. Una città così bella e così importane come Cortina non può pensare di sopravvivere e di essere collegata al mondo esterno solo con il BUS o con l’automobile oppure con i voli degli elicotteri.
Cortina d’Ampezzo invece deve poter vivere, deve brillare, deve aprirsi all’economia circolare, e l’aeroporto potrebbe sicuramente essere un volano interessante per contribuire allo sviluppo economico del territorio nel prossimo futuro.
Cristiano Spazzali