In un paese come l’Italia, che ha ospitato a Torino nel 2006 le Olimpiadi Invernali e che ha potuto constatare lo scempio ambientale e finanziario di quel grande evento, il solo proposito di partecipare alla gara per aggiudicarsi l’organizzazione delle future Olimpiadi Invernali avrebbe dovuto produrre un sentimento di rifiuto e di contrarietà che solo i cittadini di Calgary, Sion, Innsbruck hanno potuto esprimere attraverso un referendum.
L’organizzazione delle Olimpiadi Invernali cade in un momento della storia geologico-climatica del pianeta dove la necessità di produrre energia pulita e di fronteggiare in modo strutturale le emergenze climatico-meteorologiche richiede risorse finanziarie senza precedenti. E invece siamo qui a registrare, impotenti, le scelte della politica e uno sperpero di denaro pubblico: 2,68 miliardi di euro che per buona parte finanzieranno opere infrastrutturali che aggraveranno il fenomeno del dissesto idrogeologico, ignorando alla grande il monito dell'Ispra che quantifica in 26 miliardi i finanziamenti necessari da mettere sul piatto della spesa pubblica nei prossimi anni per mettere il nostro paese in sicurezza dagli effetti dei cambiamenti climatici e del dissesto idrogeologico.
La “enorme sproporzione” tra le “necessità primarie del suolo”, del clima, della natura, della vita di milioni di persone che vivono in luoghi a rischio calamità innaturali e le “scelte della partitocrazia” nel finanziare l’evento olimpico fanno venire il dubbio di essere in presenza dell’incapacità della politica di mettere in sequenza logica gli accadimenti, i propositi, le azioni, le reazioni, le cause, gli effetti, i progetti, i fatti, i dati scientifici e i dati statistici.
Mi ha colpito, nel leggere il Piano degli Interventi, il costo previsto per la costruzione della tangenziale di Cortina: 298.770.000 euro, quasi 300 milioni. L’attenzione mediatica sulla pista da bob sta facendo passare in secondo piano il progetto di questa infrastruttura stradale, il cui consumo di suolo e di paesaggio si aggiungerà ai 30 ettari di boschi e ai 19 ettari di prati già falcidiati sulle Tofane per le gare di sci alpino.
Alcuni anni fa si discuteva della possibilità di ripristinare la ferrovia delle Dolomiti tra Calalzo e Cortina, si parlava, allora, di una spesa di 700 milioni, un’opera che avrebbe alleggerito il traffico stradale e unito e valorizzato i paesi attraversati dalla Statale Alemagna. La progettualità di tale infrastruttura ferroviaria, utile, intelligente, ecologica è stata accantonata da una “politichetta” priva di uno spirito creativo che sposasse il principio della discontinuità rispetto ad uno sviluppo congestionante e cementificatore.
Nel frattempo le amministrazioni locali prevedono investimenti sulla viabilità stradale lungo la Valle del Boite che possono precludere un ipotetico futuro tracciato paesaggistico della ferrovia, e il Comune di Cortina sta decidendo la trasformazione immobiliare dell’area dell’ ex stazione ferroviaria di Cortina che passerebbe da 4.095 mq. di edifici a 10.676 mq. (+161%). Anche in questo caso i terreni pubblici sarebbero ceduti e quasi tutta la zona della ex stazione sarebbe privatizzata ed edificata precludendo un suo riutilizzo futuro funzionale a divenire capolinea della ferrovia delle Dolomiti senza dover consumare nuovo suolo per la sua costruzione.
Infine, tornando all’elenco delle opere previste dal Piano degli Interventi per le Olimpiadi e gli enormi investimenti finanziati con soldi pubblici, tra cui la tangenziale di Cortina con una spesa ingente (quasi 300 milioni), mi chiedo se non ci siano gli estremi per ricorrere alla Corte di Giustizia Europea vista l’assenza della procedura di Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.) nazionale, come richiesto dalla normativa comunitaria e dal Codice dell’ambiente.
Cosa c’è di democratico in questa sospensione dei diritti di partecipazione dei cittadini e delle persone che hanno a cuore il futuro della montagna? Forse, su certe questioni così rilevanti per il futuro della montagna e delle popolazioni locali, la sola delega da cabina elettorale al politico di turno non soddisfa il requisito della democrazia. Non a caso Calgary, Innsbruck, Sion ne hanno discusso e ne hanno fatto oggetto di referendum.
Dante Schiavon