Scrivo queste brevi note davanti (o è dietro?) a mezzo secolo di storia, la mia storia di immigrato nella swinging Cortina del dopo-Olimpiadi: in fondo un piccolo passo, dalla Trieste mitteleuropea alla regina dolomitica dalle nobili ascendenze asburgiche. Perché ne parlo? Anzitutto per l'affettuosa consuetudine con il luogo e la sua gente, e poi perché la mia è un po' anche la storia di un paese di montagna, anzi di montagne tra le più belle e emozionanti del mondo. Da allora sono passate almeno due generazioni, ho stretto la mano a una decina di sindaci, tanti amici non ci sono più; oggi sono cambiati i suoi frequentatori e le loro abitudini, è cambiato il modo di fare turismo, è cambiato il mondo. Ma qualcosa è rimasto. Per esempio l'intrupparsi delle auto lungo le strade immutabili di una rete che nei momenti «alti» dell'anno è sempre più sul punto di scoppiare. Certo ci sono i nuovi padiglioni della cultura, ma le saracinesche dell'accoglienza continuano a calare negli inesorabili anticipi. E' in arrivo una Pasqua di belle promesse turistiche, ma presumibilmente ancora una volta scatterà la serrata dei servizi e sarà caccia grossa all'albergo, al ristorante, al negozio aperto. A onor del vero per quest'anno le previsioni parlano di una metamorfosi del solito arroccamento primaverile, con offerte alberghiere dilatate (e per il resto?). Staremo a vedere. La crisi? Ma da queste parti, a giudicare dal vizio della tapparella, deve esserci sempre stata! Occorre ammetterlo: qui continua a spirare una certa aria di autoreferenzialità, forse retaggio di tempi di aristocratiche seduzioni, quando il nome di Cortina e la bellezza della sua natura bastavano a richiamare folle di devoti, per i quali «esserci» era già un marchio di distinzione sociale. Ebbene, appunto per ovviare a una tale presunzione e colmare il ritardo della modernizzazione si è costituito un Consorzio, in cui strumenti e progetti sono subito apparsi opportunamente collocati. Ma ecco che la sua vita si è fatta ben presto difficile per divergenze sulle cui rispettive ragioni non è questo il luogo di discutere. Resta però forte lo sconcerto del cittadino di fronte a dispute che non possono non intralciare ogni «nuovo corso» nella politica e nell'azione in termini di turismo, ossia di sviluppo economico del paese. Tra i ricordi scolastici più di qualcuno troverà forse la frase divenuta proverbiale: «Dum Romae consulitur , Saguntum expugnatur», come dire che, mentre a Roma si perde tempo a discutere, Sagunto viene espugnata (dal nemico). Siamo alle soglie della cosiddetta seconda guerra punica, ma il senso del messaggio resta valido, sempre e ovunque. E per chi ha respirato l'aria della Grande Cortina il ricordo è nostalgia, ma insieme stimolo e incitamento a farla tornare, superando ostacoli e remore di qualsiasi natura e di qualsiasi contingenza. Che sia possibile?