Nessuno ha mai avuto dubbi sul fatto che le immagini televisive di una Cortina innevata sarebbero state fantastiche e che le competizioni e le trepidazioni dei vari atleti avrebbero emozionato chi è appassionato di sci, e io lo sono.
Era altrettanto nota la professionalità dei nostri tecnici nella preparazione delle piste e di quanti hanno lavorato, vuoi a titolo di volontariato o pagati per svolgere un determinato compito.
Ma, al di là di ogni retorica trionfalistica (non dimentichiamo che l’assenza di pubblico ha evitato gran parte dei problemi organizzativi legati alla mobilità), anche un piccolo commerciante sa bene che un bilancio è fatto di entrate e uscite, di costi e benefici e si può decretare la sua positività solo se questi ultimi superano i primi.
Ora, se i benefici sono stati sbandierati in ogni dove, poco trapela sui costi, e non mi riferisco solo ai costi in euro, sui quali attendiamo a breve una dettagliata spiegazione da parte della Fondazione o chi per essa, ma anche a tutti quegli aspetti che l’organizzazione di un grande evento porta inevitabilmente con sé.
Proverò allora a redigere un breve elenco tenendo ben presente due principi fondamentali:
1) i soldi pubblici sono soldi nostri e non vale quindi il pensiero “tanto paga Venezia, tanto paga Roma”, ed ogni investimento in una direzione sottrae fondi da destinare ad altro;
2) non vale nemmeno pensare “Cortina è Cortina e gli altri si arrangino”, come ci ha insegnato questa pandemia ed ha ben spiegato Papa Francesco “siamo tutti sulla stessa barca e nessuno si salva da solo”.
Al primo posto metterei sicuramente i costi ambientali. Alle immagini patinate delle piste innevate fanno da contraltare le immagini della cementificazione e degli interventi massicci che sono stati realizzati ai piedi delle Tofane. Sappiamo tutti che quando la neve si scioglierà riemergeranno le ferite impresse senz’andar troppo per il sottile ad un territorio fragile e sapere che tutto questo è stato compensato con un allevamento di pesci nella laguna di Venezia mi sa un po’ di presa in giro, così come trovo artificioso che si sostenga che per la realizzazione dei i bei trofei da parte degli studenti del locale Liceo Artistico si sia utilizzato il “legno della tempesta Vaia”… sarebbe stato più che sufficiente quello derivato dai numerosi tagli di alberi per l’allargamento delle piste ma, si sa, dirlo non avrebbe avuto lo stesso effetto e anche il marketing vuole la sua parte.
E’ innegabile che nell’ultimo periodo si siano moltiplicate le mire speculative su Cortina, basti pensare al progetto della stazione, al Borgo Col Tondo e alla spavalderia con la quale la categoria degli impiantisti vorrebbe costruire impianti di risalita dappertutto. Si dirà che” è il mercato” ma, o il mercato è un’entità che vive di vita propria oppure l’abbiamo creato noi e per ognuno che compra c’è qualcuno che vende, per ogni speculazione edilizia c’è un ufficio che firma la concessione.
Tutto ciò, unito ad un costante calo demografico, porta inesorabilmente ad un impoverimento del tessuto sociale di Cortina e questa tematica è stata analizzata in maniera scientifica dal dottor Raffaello Lorenzi in una sua pubblicazione che consiglio di leggere con attenzione.
Tra i costi metterei anche una certa perdita di autonomia: sui giornali si legge continuamente che “Zaia decide il tracciato della variante di Cortina”, “Zaia vuole la pista da bob” “Zaia stanzia 100 milioni di euro per i collegamenti sciistici”, sembra quasi che il Comune di Cortina sia commissariato da Venezia, e pensare che avevamo votato per andare con l’ Alto Adige… Ma qualcuno ha chiesto ai cittadini di Cortina se vogliono veramente la pista da bob sapendo che gli oneri di manutenzione ricadranno prima o poi sulle loro spalle?
Un altro costo pagato dalla popolazione di Cortina è la condizione di abbandono in cui è stato lasciato il paese da quando tutte le energie dell’Amministrazione si sono concentrate sui Mondiali, basta fare un giro per il paese per vedere quante sono le situazioni di degrado, quelle che il compianto Stefano Zardini raggruppava sotto la dicitura OIUTO MARE. Della famosa legacy dei Mondiali, le cose più interessanti per la popolazione come ad esempio la piscina, la palestra, la pista ciclabile sono di là da venire e chissà per quanto aspetteremo ancora. Del resto lo ammette lo stesso Sindaco quando nel suo recente comunicato afferma “da domani torneremo a lavorare per le tante necessità ordinarie, straordinarie e urgenti della nostra Cortina”, da domani, peccato che dietro l’angolo ci siano le Olimpiadi 2026 ad assorbire nuovamente tutte le risorse.
E che dire dei lavori dell’ANAS sotto l’etichetta Mondiali 2021 che tanti disagi hanno causato alla viabilità? Cos’hanno portato oltre ad una rotonda a Borca degna di Los Angeles e una lunga sequela di orrendi pali neri in barba alla tutela paesaggistica e che pare siano costati 26 milioni di euro? Vogliamo chiedere ai cittadini della Val di Zoldo dove la strada frana in continuazione se condividono questo spreco di risorse pubbliche?
Tanti sarebbero ancora gli aspetti su cui discutere ma mi fermo qui ricordando, Signor Sindaco, che questa non è una guerra nella quale decretare vincitori e vinti ma un diverso modo di concepire il futuro della montagna, che tenga conto dei cambiamenti climatici, della salvaguardia del territorio, dei costi raggiunti dallo sci di pista, ma anche dei cambiamenti delle esigenze del turista stesso, sempre più alla ricerca di un contatto con la natura, con una maggior attenzione alla stagione estiva.
“Ai posteri l’ardua sentenza” scriveva il Manzoni ma mi auguro davvero che saremo in tanti a NON “chinar la testa” davanti a progetti scellerati come quello dei collegamenti sciistici tra Cortina-Arabba-Civetta che andrebbero a devastare le poche zone rimaste ancora integre nelle Dolomiti Patrimonio Unesco, perché abbiamo il dovere di lasciare ai nostri figli un mondo migliore.
Roberta de Zanna