«Il Piano casa, e non poteva essere altrimenti, dimostra la sua inutilità nel risolvere il complesso problema abitativo nel nostro paese. Come al solito un'offerta vantaggiosa, anche con lo specchietto della biocompatibilità, per una messa in moto del settore edilizio (vedi il PCM, venerdì 7 marzo 2009: Faremo il provvedimento sul Piano casa che avrà effetti straordinari sull'edilizia). E del quale avrebbero fatto tesoro anche i paesi europei. Basta scorrere le offerte di case ed appartamenti, presenti nei quotidiani e nelle agenzie immobiliari, per capire a quali vertici siano esse arrivate, nei centri e nelle periferie delle città, e per notare non solo l'abbondanza, ma la staticità presente nel mercato. Case ed abitazioni fuori scala, perché l'offerta non risponde ad una effettiva domanda, insita nella trasformazione dei ruoli sociali all'interno del nostro paese. Vani sfitti che superano il fabbisogno, difficoltà nell'abitare in aree «periferiche » lontane dai servizi di prima necessità e soggiogate agli ipermercati, oppure sottoposte all'effetto domino delle aree degradate, interne od esterne ai centri urbani. Tutte condizioni note e presenti, per le quali non esiste una seria risposta, non di risoluzione, ma e almeno, della messa in moto di un circuito virtuoso capace di mitigare gli effetti, o di creare nuovi spazi per una comunità di individui. Non desidero entrare nel merito del Piano Casa a Cortina d'Ampezzo, ma ritengo che ogni azione, frapposta ad un abnorme crescita dei volumi edificati in un'area sensibile come quella ampezzana, patrimonio dell'umanità, vada intrapresa e difesa. Come ritengo che vada posta una particolare attenzione alla salvaguardia delle oramai poche rimaste "ciase d'Anpezo", che si eviti di concedere, ancora, l'approntamento di garages interrati, e che si predisponga un rilievo che identifichi il percorso dei flussi idrici sotterranei, fondamentale per qualsiasi opera possa ancora essere prevista nel sottosuolo di aree estremamente delicate. Ci basta ed avanza la «spada di Damocle» della colata detritica torrentizia del Ru Torgo e le sue diramazioni che, pavento potranno porre seri problemi, se non l'interruzione, dell'attuale collegamento con Mortisa. Detto questo, lo «spostamento della residenza» rasenta il ridicolo, oltre a non portare nessun vantaggio reale in termini di crescita demografica, o di attività produttive trainanti, oppure riservate all'istruzione, effetti che si potrebbero manifestare solo con lo spostamento di attività e di interi nuclei famigliari. Già ora vi sono «residenze» (con tutto il rispetto), i cui tempi di presenza sono connessi ai periodi di vacanza, senza alcun reale apporto alla vita di una comunità. In ogni caso, le invenzioni dei periodi preelettorali, e le enunciazioni connesse alle scelte politiche, ci inducono a riflettere sulla necessità di avere, o di saper predisporre (coraggio a parte), un adeguato strumento di pianificazione del territorio, che contempli le necessarie conoscenze dello stato fisico del suolo, delle domande della popolazione e della loro dinamicità ed evoluzione (cioè di come potranno cambiare). Non dimenticando che abbiamo a che fare con le Risorse, naturali, rinnovabili o meno, e che la gestione di queste, anche in termini economici (come dovrebbe essere noto agli amministratori), è una sfida del futuro, tenendo a mente di cosa siamo stati capaci di cambiare e di ottenere nel passato. La montagna è un'economia di margine, uscire da questa utilizzando il territorio verso un modello di sviluppo che non sia il «far quadrare i bilanci», visti i rischi insiti in questo modo di operare, è pieno di insidie. I diritti doveri di scegliere non devono far dimenticare come, prima di ogni scelta, si debba avere la sapienza del conoscere. Dato il fatto, che la nostra capacità di trasformare i luoghi è infinitamente superiore a quella di prevederne le conseguenze.
Pier Maria Gaffarini