Ormai è chiaro: il progetto complessivo delle grandi opere per una Cortina pronta all'evento mondiale del 2021 sta segnando il passo. Il tempo fa quel che deve fare, passa, e passando riduce pesantemente le possibilità che tale progetto si realizzi completamente, né le sicurezze ostentate prima e dopo dagli addetti ai lavori bastano più a rassicurare il cittadino comune circa gli esiti dell'impresa.
Del resto lo sappiamo bene: dopo le Olimpiadi e i fasti degli anni che seguirono, Cortina visse a lungo come appagata da una eccellenza che avrebbe semmai dovuto essere di stimolo a una linea ispirata a un costante adeguamento allo sviluppo incalzante dell'industria turistica.
Non fu così. La sicumera fondata sul privilegio di una natura straordinaria e la conseguente convinzione della sua esaustiva capacità di attrazione universale, fermarono Cortina nello stereotipo del luogo ricco di tutte le occasioni del loisir più felice. Così il recupero di una dimensione aggiornata ai tempi è stato faticoso e ancora continua, gravato com'è da certe obsolescenze infrastrutturali a cui sarebbe urgente ovviare perché il quadro moderno della regina si compia finalmente.
Per ora alla baldanza degli inizi costellati di comitati, tavoli tecnici, presidenti e direttori vari è subentrata una più seria e necessaria cautela: di colpo alberghi, strade, impianti, servizi hanno drammatizzato una criticità che il corso normale della vita non ignorava, ma lasciava da troppo tempo nelle comode blandizie di una piacevole normalità.
Forse sarebbe stato più utile tenere presente il motto degli imagisti alla Willliams: “nessuna idea se non nelle cose”. Un invito alla concretezza della poesia facilmente applicabile al lavoro di chi ha troppo pensato prima di fare.