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MARINA, MORTE DI UN'AMICA

Ennio Rossignoli

06/01/2018
Io la conoscevo bene. Una lontana occasione letteraria, una lunga amicizia scandita dai suoi libri che ogni volta diventavano miei. L'ultimo di pochi mesi fa, ambientato in quel Grand Hotel che Marc Augè metterebbe tra i suoi famosi non-luoghi di gente perennemente in transito, dove le fisionomie e le identità si confondono nelle ombre di una precarietà solo affidata a un numero di stanza.  

Ma c'è sempre qualcuno che ritorna, che trova lì le occasioni, le atmosfere, il piacere di un incontro: amicizie consolidate nell'intelligenza o magari nelle consuetudine di una colazione. Ed è lì che Marina ha recuperato i ricordi di uno straordinario sodalizio di vita: lei, la splendida, irrequieta interprete di amori e esuberanze tempestose, e loro, i suoi cavalieri del cielo, i dioscuri di una Bildung, una crescita dentro la cultura: Moravia e Parise, ossia una bella parte della letteratura di un secolo.

Ancora Marina, icona di un tempo folle e bellissimo, popolato di artisti, intellettuali, nobili di sangue e nobili di anima: combattente tenace in difesa di cause maltrattate, creatrice di moda e protagonista di una way of life che nella stravaganza degli schemi, o meglio nella loro assenza, trova lo stile, il senso stesso del suo essere nel mondo.

Ha scritto molto, ha camminato lungo le strade e le piazze della sua Roma, percorsi sul filo della memoria tra Cortina e il mondo, la punteggiatura di un tempo attraversato con il passo impaziente di una dannunziana dilettante di sensazioni.

Sempre in guerra con la stupidità, la volgarità, il cattivo gusto mascherato da eleganza. Con la malattia, che alla fine ne ha vinto la infrenabile gioia di vivere. Una donna coraggiosa, amante della libertà e  pronta a mettersi in gioco, spregiudicata, ma con il senso etico della famiglia; esibizionista ma con lo spirito del combattente pronto a rintuzzare gli attacchi di chi non ha capito e continua a scambiare la sincerità con la sfrontatezza.

Da ultimo il ricordo dei due amici scrittori: in fondo una strana amicizia che lega per anni due intellettuali ombrosi e tormentati e una donna fatta simbolo di una mondanità scintillante e fortunata: in realtà tutti e tre capaci di inventarsi  la vita.

Così la ragazza Punturieri degli anni in cui si disegnavano futuri di felicità, riuscirà senza un soldo a piazzarsi per mesi al Grand Hotel: tutto intorno il sottobosco dei personaggi di una stagione irripetibile, la vita dolce nel cinema di Fellini e tra i tavolini di Rosati.

Il vintage di un mondo che non c'è più, che magari è giusto che non ci sia, ma a cui è anche giusto concedere un'ultima carezza della memoria. A farlo forse non poteva essere che la mano di Marina.