Sono giorni soddisfatti questi, a Cortina: è finita la precarietà, l'infezione della società postmoderna, che intacca tutte le certezze, da quelle politiche a quelle morali. Sembrava che si fosse stabilita dalle parti del governo di casa, anni in cui l'ombra delle Tofane aveva incupito la vita di un luogo della storia e dell'anima: era la Cortina del nuovo tabellone delle insufficienze.
L'affermazione di Gianpietro (tranquilli, si scrive proprio così), un Ghedina di lunga e solida esperienza, uno sorridente ma non acquiescente, porta alla guida del Comune ampezzano anzitutto alcune rassicurazioni su di un futuro che ne ha un grande bisogno: sulla chiarezza e fermezza dei propositi, sulle competenze e sulle capacità in gioco, sulla volontà di farne lo strumento di un percorso rettilineo verso le passate eccellenze.
Va detto che la scelta della squadra di per sé conforta le attese, e comunque i toni della campagna elettorale hanno già offerto la conferma di una cultura della dialettica, anzi di una cultura tout court così spesso assente nel dibattito politico nazionale, e che qui può interpretarsi come un coefficiente di stabilità e di coesione negli intenti e nei procedimenti: le divisioni non pagano, un luogo comune per troppo tempo ignorato con le conseguenze che hanno pesato sulla realtà locale quanto e più di certi steccati ideologici.
La “banda Ghedina” si è intitolata a un sistema, come dire a un progetto “di struttura”, nel quale cioè tutte le parti siano organiche tra loro, in una impostazione che ne razionalizzi la funzione: l'ideale di ogni amministrazione oculata e compiutamente operante, un connotato proprio di tutti gli “homines novi”, da noi e ovunque.
Ora una Cortina sfiatata si aspetta fiduciosa che sappiano farle ritrovare il respiro dei tempi migliori, le premesse non mancano!