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PARLA KATIUSCIA DA CORTE, EDUCATRICE SPAZIO GIOVANI CORTINA

Giacomo Pompanin - Luca Dell'Osta

01/03/2010
Laggiù è seduta un donna dalla mente aperta. Si sente lo spiffero fin da qui». Parafrasando e facendo nostra questa frase di Groucho Marx - lui parlava del fratello Chico - vorremmo introdurre Katiuscia Da Corte, oggi educatrice dello Spazio Giovani, esperta e appassionata di cinema, curiosa instancabile, dotata di critica e lungimiranza non comuni. «Si sente lo spiffero fin da qui». Speriamo riusciate a percepire anche voi l'arietta fastidiosa.
Partiamo. Scongiurato il pericolo di chiusura del cinema, riusciamo a tratteggiare quale sia la sua importanza oggi a Cortina? E che potenzialità e prospettive future ha, in un paese piccolo come Cortina?
Premessa: il cinema è a rischio un po' in tutta Italia e i piccoli cinema indipendenti sono in forte pericolo. Oltre alle normali difficoltà, al caso di Cortina va aggiunto il problema della distribuzione. Tolto il fattore economico, resta quello culturale, per me fondamentale. Il cinema è una forma perfettamente coniugata al nostro tempo, perché basata sulle immagini. Poi, essendo stata definita la settima arte, raccoglie in sé un po' tutte le altre, e questo a livello culturale direi che è fondamentale. Inoltre, non dimentichiamo il livello emotivo: il cinema consente infatti anche l'immedesimazione. E, come la lettura, è un modo per allargare i propri orizzonti, le proprie esperienze. Riguardo al fatto che Cortina sia un piccolo paese di montagna… beh, dateci ancora più film, ce n'è ancora più bisogno!
Perché trovi che sia ancora attuale il cinema? Non è superato?
Il mondo ragiona per immagini... E poi, no, non lo trovo superato. Si è evoluto - pensiamo a recitazione, effetti speciali, linguaggio - ma nonostante i suoi cento e rotti anni lo trovo al passo con i tempi.
Come vedono il cinema le nuove generazioni - in generale e poi riferendosi sempre a Cortina?
Le nuove generazioni sono nutrite da prodotti costruiti e pensati appositamente per loro: pensiamo alla magnificenza dei film di animazione degli ultimi anni, che attirano oltre ai piccoli anche i più grandi. E alcuni sono veramente straordinari. Poi ci sono i film di fantascienza, o celebri saghe - Twilight e Harry Potter - che hanno avuto successo prima con la letteratura e poi con la trasposizione cinematografica. Per cui sì, le nuove generazioni frequentano il cinema abbastanza sistematicamente, ma forse ancora in maniera troppo consumistica; non hanno la capacità di discernere i valori che possono essere trasmessi e non riescono a prescindere dalle mode e dalle tendenze del momento. Ma forse è normale: per fare un passo in più, ci vogliono anni ed esperienza.
Hai citato dei colossi… secondo te sono meglio i libri o le loro trasposizioni cinematografiche?
Io solitamente consiglio di guardare il film prima di leggere il libro, anche se può sembrare un paradosso. Se si fa il contrario, però, si rimane quasi sempre delusi. Ma è inevitabile… è impossibile trasportare tutto ciò che un libro trasmette in due ore di film. È chiaro che si devono operare delle scelte. L'operazione contraria invece potrebbe essere solo di arricchimento: il libro per ampliare la visione.
Detto questo, come si avvicinano i giovani al cinema?
Uno dei metodi è farli passare dietro allo schermo, cioè insegnare loro come si può costruire un prodotto, magari quello che hanno a cuore. Nelle grandi città si fa ormai a tappeto: i laboratori di audiovisivi sono proposti costantemente nelle scuole. Forse qui la cosa più difficile è la continuità, cioè creare progetti che continuino negli anni. È come uno sport, necessita di allenamento, soprattutto mentale. È indispensabile la presa di coscienza di fronte alla costruzione di un audiovisivo, che può servire inoltre anche per difendersi da certa televisione, da certa pubblicità… sviluppa senso critico e arricchisce enormemente.
Ma per muovere l'interesse? Spostiamo un altro macigno…
Mah, dicevo, intervenendo sui film preferiti, anche semplici, che un ragazzo ha visto. Si costruisce e si lavora da qui. È difficile parlare in astratto con i ragazzi; è molto meglio agire sul concreto, magari pure su loro indicazione; sviluppare da una base, seppur piccola, aiuta senz'altro. Non sono cose che possono essere imposte: bisogna valutare se c'è anche un minimo interesse, e poi si lavora su quello.
E il disinteresse, invece, da cosa deriva?
Temo che il problema sia di altra natura: ovvero, il tempo dei ragazzi è ormai saturo, pieno
Il ci nema è la grande passi one di Katiusci a Da Corte, oggi educatric e dello Spazio Giovani zeppo di attività già programmate e strutturate. E il poco tempo libero che hanno lo usano per distrarsi nel modo che reputano più giusto, magari con un videogioco… L'essere così tanto impegnati non va visto per forza come un fattore negativo. Pensiamo infatti a quanto sia funzionale alla vita di famiglia: se i genitori lavorano e non hanno tempo da dedicare ai figli, è importante che questi siano seguiti in altre attività, come lo sport, la musica, il rientro scolastico. Contrariamente, se abbandonati a loro stessi, non sanno cosa scegliere. Però tutti questi impegni non lasciano loro il tempo di capire di che cosa avrebbero voglia; e questo per me è un problema enorme tra i giovani!
Un'opulenza in cui i desideri sono soddisfatti ancora prima di essere espressi…
Non si ha nemmeno il tempo di manifestare un bisogno, perché c'è qualcuno, a monte - la società - che li soddisfa. E se i bisogni non ci sono, li crea. Ciò che dispiace un po' è che qui a Cortina - tolti alcuni canali privilegiati, e penso allo sport o alla musica - non si riescano a soddisfare le esigenze espressive di ogni ragazzino.
E sulla polemica che le nuove generazioni non abbiano un credo?
Oggi manca sostanzialmente una cosa: la lotta. E non sto parlando di lotta di classe, ma della lotta per ottenere qualcosa. I giovani vivono in una società in cui, più o meno, è tutto garantito. Il senso della ribellione, che è anche senso critico, è totalmente sopito. I ragazzi non ne sentono il bisogno. Ma al di là della ribellione, ciò che manca in assoluto è l'intensità. A qualsiasi livello. Sembra che non si sperimenti più nulla con intensità. E da questo deriva una perdita di interesse per qualsiasi cosa.
Questo è un ritratto molto… drammatico, se vogliamo.
Noi dovremmo dare risposte a domande effettive, a domande che vengono poste dai ragazzi.
Invece diamo risposte a priori, prima che i bisogni vengano espressi. I problemi veri sono spesso di natura psicologica: capire la propria identità, i propri desideri, la qualità delle proprie relazioni. Se oggi il più grande aggregatore sociale è Facebook, virtuale, dobbiamo farcene una ragione.
Di cosa ha bisogno Cortina per suscitare curiosità, interesse, riflessioni?
Quello che manca ai ragazzi, a Cortina, è il futuro. Siamo troppo legati a sport e turismo. Bisogna invece iniziare a lavorare su un altro tipo di turismo: quello culturale, ad esempio, inventandosi cose che magari al momento non ci sono. Bisogna creare le condizioni affinché l'intellighenzia rimanga a Cortina.
Eventi culturali?
Sì, festival, scambi tra paesi europei… le possibilità sono veramente tante. Infinite, forse.
Ci si può sbizzarrire. A Cortina mancano le persone che siano in grado di organizzare grandi eventi?
A Cortina le competenze ci sono, come ci sono persone valide e capaci di organizzare. Manca invece la capacità di creare rete. Manca il gruppo. Concludendo, vorremmo che ci suggerissi un film per riflettere.
Credo che L'onda, del regista tedesco Dennis Gansel, vada visto senz'altro.