Aniello Lamonica, pretore a Cortina fino ai primi anni Novanta e protagonista di numerose inchieste giudiziarie, si è spento ieri all'età di 83 anni. Un uomo amato e esecrato allo steso tempo, che ha lasciato un segno nella storia di Cortina
Accade talora che la storia sembri piegarsi su se stessa, come fermata da un ricordo che segna nel profondo uno dei suoi momenti, rendendolo insuperabile. È morto l'interprete rigoroso del diritto e delle sue pratiche, colui che negli anni della Cortina da bere fu – nei modi intollerabili (per molti) di una autonomia senza riguardi – la faccia di una legge che non si poteva trasgredire con l'impudenza dei tempi: così a Cortina oggi la storia si è per un attimo fermata.
Allora era il tempo in cui quelli come lui li chiamavano pretori d'assalto, con accenti sfumati tra l'indignazione e qualche paura: Aniello lo era nella misura in cui non perdonava le piccole e le grandi trasgressioni, fossero pure quelle di qualche nobildonna o di un pezzo grosso della politica (ma sapeva anche capire le urgenze della società debole).
Ci incontravamo dappertutto, quasi che le nostre strade avessero dei tracciati prestabiliti: dopo Cortina e Belluno a Trieste e a Brescia, impegni diversi ma legati dal grande rispetto per la loro importanza sociale. Una volta, scherzando, finì per dirmi che avremmo fatto bene a pensarci alle Maldive: la rapida striscia di un naturale umorismo trattenuto dalla serietà del ruolo, ma lampeggiante dietro il sorriso così proprio dell'arguzia meridionale, che neppure la malattia avanzante era riuscita a soffocare del tutto.
Un uomo perbene, allo stesso tempo amato ed esecrato come capita a tutti coloro che traducono le proprie convinzioni nella pratica di un'etica della responsabilità, e per tutta la vita sono decisi a tenervi fede. È l'epicedio che gli spetta.