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Io la conoscevo bene

Ennio Rossignoli

01/08/2016

Marta ha lasciato Cortina. Veramente ha lasciato tante altre cose, come ad esempio l'amore dei figli o l'affetto degli amici, tanti, quelli veri e quelli finti: una vita di molte luci e non poche ombre, vissuta con il sorriso di una felicità che era piuttosto un modo di guardarla ostinatamente dal verso giusto. 

L'hanno chiamata in una maniera che non le piaceva, perché “la regina dei salotti” le sapeva di frivolezza, di una vita consegnata alla festa perpetua del bello e inutile. Errore, perché lei era una persona di spessore, ben altrimenti ricca di interessi e provvista di un naturale senso dell'eleganza fantasiosa che l'intelligenza e le consuetudini sociali le permisero di raffinare.

Fiera delle sue origini popolari, mai rinnegate, ne conservava gli accenti nei modi spicci e insofferenti delle mielosità cortigiane.

E' stata quasi tutto, mondina, mannequin, stilista, imprenditrice, creatrice di gioielli, appassionata d'arte, filantropa, animatrice di una mondanità sempre indorata di cultura: una sorta di valore aggiunto per il bon ton cortinese, che della casa di via dei Marangoni faceva il polo di attrazione della intellettualità nazionale e non solo: porta sempre aperta, tavola sempre apparecchiata con il minestrone di fagioli a portata di cucchiaio per gli ospiti di casa e di passaggio, chiacchiere leggere e risate tra una serietà e l'altra: e nessuno mai che pensasse di mancare alle sue feste, dato che essere tra i convitati era uno status symbol da ostentare come la patacca di un privilegio.

Irrequieta viaggiatrice del mondo tornava con gioia a Cortina, anche perché vi studiavano Matteo e Vittorio (ah, i ricordi di un  vecchio professore!).

Erano gli anni della Cortina da bere, della “Marta da legare”,  il luogo di ogni divertimento, purché fosse di classe: Marta ne fu il simbolo. Posso dirlo perché la conoscevo bene.