Certo le Tofane, il Faloria, lo sfavillio delle boutique
allineate lungo quel Corso Italia che è ormai diventato qualcosa come il
Faubourg di Parigi o la Montenapoleone milanese: ma a Cortina c'è un altro
posto dove si va immancabilmente per respirare l'aria del consumismo più
avanzato, però temperata dai sentori di una cultura della montagna e di antiche
tradizioni, che nei lunghi anni di vita sono passate pressoché incolumi
attraverso i peggiori aggiornamenti della modernità.
Lì, su e giù per le scale della Cooperativa - è di lei che si parla - si danno appuntamento e talora si affollano, fino ai limiti della impenetrabilità dei corpi, gli ampezzani e i forestieri en touriste, ai quali sembra di essere per un momento entrati dentro l'anima vera di Cortina. Un'illusione? Può darsi, ma come tutte, la componente di un fascino più potente di qualsiasi stimolo pubblicitario. E poi la Cooperativa non è solo loden, chiodini, attrezzerie e formaggi - e neppure è una specie di outlet di cianfrusaglie - ma è anche una impresa culturale, uno spazio dove entrano libri propri e altrui, dove spesso gli autori vanno a firmare i risultati del loro lavoro, confidando nella partecipazione di un pubblico amico e immancabile. Soprattutto c'è una attività editoriale specializzata in una letteratura rivolta ai temi della montagna, in particolare a quelli incentrati sulla storia prossima e lontana di un paese che sembra incastonato in una sorta di ShangriLa fuori del tempo, ma che invece ha attraversato eventi tempestosi di guerra, di sfide sportive, di battaglie civili mai del tutto assopite. Con le Regole e la Cassa Rurale, si suole ripetere, la Cooperativa forma quella Trimurti che a Cortina è alla base della meteorologia sociale; c'è naturalmente anche il Comune, il polo amministrativo, sul quale incombono i compiti solitamente meno gradevoli, ma i suoi uomini risultano meno stabili della istituzione, soggetti come sono alle intemperie della politica. La Cooperativa invece, proprio perché tale, è per così dire senza volto: certo non mancano i dirigenti, ma lei appartiene a una collettività non solo societaria, bensì anche idealmente configurata da tale appartenenza.
D'accordo, le Tofane, il Faloria, le mille luci della città, ma senza quelle vetrine affacciate sul Corso, in cui si riflette tanta parte della vita di Cortina, il paesaggio non sarebbe completo. Solo una abitudine? Forse, di più, un sottile intreccio di affetti.