Scrittore, giornalista, organizzatore di eventi letterari, intellettuale... Francesco, come ti dobbiamo definire?
Sono uno storico, o meglio un laureato in storia, che organizza un festival letterario a Cortina.
È difficile intervistare un intervistatore!
È difficile che un intervistatore trovi delle buone risposte... abituato a fare domande!
I giovani laureati difficilmente tornano a vivere qui dopo gli studi; tu perché sei tornato a Cortina?
Come diceva il regista iraniano Kiarostami: «Quando trasferisci un albero che ha radici in un terreno in un altro terreno, non darà più frutti, o saranno meno buoni»; ho pensato così di me stesso. Immaginavo che avrei fatto altro, sono stato tre anni a Padova, un anno a Boston e uno a Roma, dove studiavo; poi nel 2009 è mancato mio padre e un po' per necessità familiari, un po' per caso, sono tornato. Non sono l'unico però, la qualità della vita qui è altissima.
Come è nata "Una Montagna di Libri"?
Ero tornato da circa un anno e mezzo quando 2 o 3 amici mi sollecitarono a fare qualcosa con i libri a Cortina. Pensai di fare delle presentazioni estemporanee, ma in seguito mi venne voglia di dare una struttura a questa "cosa" e mi feci aiutare da Alberto Sinigaglia e Vera Slepoj. L'allora vice sindaco Paola Valle fu la mia prima interlocutrice e fece esattamente quello che si deve fare quando un giovane presenta un'idea per il suo Paese, cioè dargli un po' di ragionata fiducia... Si prese la responsabilità di dirmi: «Sì, si può fare!», non lo dimenticherò. Negli anni seguenti l'Amministrazione non si è mai tirata indietro. L'idea è nata perché sentivo che a Cortina da diversi anni fosse venuto a mancare il rapporto con il libro, quello che aveva portato avanti per anni Mondadori, poi Sovilla e pensavo che bisognasse trovare un nuovo spazio per parlare di libri.
C'era Cisnetto allora che parlava di libri...
Pur rispettando le professionalità degli altri, era successo che intorno allo spunto del libro si parlasse di tutt'altro; i temi venivano deviati su considerazioni di natura commerciale, politica ed economica. Me ne hanno dato atto in effetti molti scrittori che a Una Montagna di Libri mi dicevano: finalmente si torna a parlare di libri.
Quanto è cresciuta la manifestazione in questi cinque anni e mezzo?
Da 5 eventi organizzati nell'inverno 2009, siamo arrivati ai 40 eventi dell'inverno 2014, circa 70 eventi all'anno, uno ogni cinque giorni. Il pubblico in sala è passato da 200 persone all'anno, a circa 20 mila.
Trenta testate nazionali hanno parlato di Una Montagna di Libri nel solo 2014, con oltre 500 articoli e passaggi di stampa. Ci tengo a dire però che il nostro criterio è tutt'altro che quantitativo; il progresso dei numeri lo accogliamo con un brindisi, ma la nostra "missione" è incentrata sulla qualità e sull'interesse del pubblico.
Come contatti i tuoi ospiti?
I migliori incontri sono frutto del caso... un amico ti dice che conosce uno scrittore...
oppure cammini per Mantova durante il Festivaletteratura e incontri una filosofa...;
poi ogni tanto succede che lavoriamo con mesi di anticipo per portare una determinata personalità mirata, anche se negli ultimi anni è cresciuto in modo esponenziale il numero di giornalisti che ci chiedono di partecipare ad una Montagna di Libri.
Progetti per il futuro?
Vogliamo fare cose che impegnino tutto l'anno e non solo per fare scalpore in alta stagione; continueremo come ora, ma puntando sempre di più, per Cortina e per la sua anima cosmopolita, su voci e autori internazionali, scrittori, filosofi, intellettuali. Una volta Rinaldo Menardi mi ha fatto vedere il libro ospiti dell'albergo del quale la sua famiglia è stata proprietaria per 70 anni: il premio Nobel Saul Bellow passava di qua negli anni '70; negli anni '10 oltre il 70% della clientela era straniera e internazionale, ospiti dal Sud Africa, dal Giappone, dall'India, dagli Stati Uniti, dalla Russia.... Non stiamo facendo niente di nuovo, stiamo solo cercando di riportare Cortina al suo meglio.
Però erano altri tempi! Esistono ancora, nel mondo, intellettuali come quelli di una volta? L'impressione che si ha oggi è che il Pensiero stesso sia diventato più superficiale.
La modesta impressione che ho avuto in questi anni è che le persone sentano l'assedio della superficialità e delle logiche commerciali, ma che contemporaneamente mostrino un grande desiderio di conoscenza, anzi, oserei dire di formazione; se intitoliamo un incontro "Lezione" viene molta più gente! La gente sente che si è cercato di fare tabula rasa della cultura e quindi è in cerca di contenuti e di autorevolezza. Negli anni '80 andava il disimpegno, ora la gente è stanca anche di quello.
Il pubblico locale partecipa o è più difficile da attirare?
Partecipa meno perché le persone qui lavorano, ma quando gli incontri sono nel giorno o nell'orario propizio vengono numerose. Un quarto del pubblico è locale. Ad esempio nel maggio 2014 abbiamo avuto Joe Lansdale, grande scrittore texano, cui abbiamo dedicato un grigliata sui prati di Alverà e poi un incontro in centro; sono venute decine di persone di Cortina.
Un'osservazione colta in giro è che dovresti far parlare di più i tuoi ospiti di cose che riguardino Cortina.
Si dovrebbe sempre cercare di mantenere più forte possibile il legame tra autore e territorio che lo ospita; abbiamo dedicato un intero incontro al paesaggio, con Michael Jakob, uno dei più importanti teorici del paesaggio a livello mondiale, chiedendogli di parlare del nostro e quando è venuto Serge Latouche, economista e filosofo francese, teorico della "Decrescita Felice", gli abbiamo chiesto cosa pensasse del turismo di massa, degli impianti di risalita. D'altronde potrei dire con uno scherzo, ma non troppo, che la domanda che qualsiasi scrittore odia di più sentirsi fare è: ma lei ambienterebbe un libro qui?
Ti è mai capitata una situazione ostica da gestire durante un incontro con un ospite o un intervento del pubblico che ti abbiano messo in difficoltà?
Ho provato molto imbarazzo quando una signora, una giornalista, ha chiesto a Emmanuel Carrère, che ovviamente non si è mai interessato di politica italiana, cosa ne pensasse di Berlusconi. Invece una sorpresa positiva è stata quando un ragazzo del liceo scientifico di Cortina ha preso la parola davanti a 300 suoi coetanei durante l'incontro con Boris Pahor, reduce dei campi di sterminio nazisti, e gli ha chiesto perché allora non si fosse suicidato. La sincerità dei giovani! La risposta è stata: «Perché ero troppo impegnato ad aiutare gli altri a sopravvivere».
È interessante la sinergia che avete messo in campo con il festival Dino Ciani, Cortina in Croda e Cortinametraggio.
Sono iniziative, come la nostra, il cui scopo è a favore della comunità intesa in senso più largo, cioè non solo di "Nosoutre", ma di tutti quelli che amano Cortina; lo dimostra il fatto che non organizzano eventi solo a Capodanno e a Ferragosto. Penso che se ciascuno cerca di fare bene quello che sa fare e di essere competente preparato e serio, in un piccolo paese di neanche 6000 anime si viva meglio, quindi viva la collaborazione! E a proposito di collaborazione, ci tengo in particolare a ricordare, tra tutti quelli che ci danno una mano, i tanti ragazzi di Cortina tra i 14 e i 18 anni che sono stati la vera sorpresa della nostra manifestazione, perché hanno preferito dare una mano a noi, piuttosto che cercare un lavoro stagionale, anche ben retribuito.
È stato realizzato, in questi ultimi anni, un grande lavoro di valorizzazione dei musei delle Regole d'Ampezzo, grazie ai programmi di animazione museale, dedicati soprattutto ai bambini, cosa ne pensi?
I musei sono una grande fortuna che abbiamo e hanno trovato sulla loro strada Stefania Zardini Lacedelli, che ha studiato negli Stati Uniti e ha una passione sfrenata per il suo lavoro.
Ha suscitato scalpore la proposta di Claudio Zanettin di organizzare il Gay Pride a Cortina, qual è la tua opinione?
L'amico Claudio me ne ha parlato e per come l'ha concepita lui è una buona idea elegante, sobria e moderna. Se non interverranno altri a trasformarla in modo volgare o a farne una polemica, ho già detto a Claudio che un appuntamento di Una Montagna di Libri potrebbe essere dedicato a un autore che faccia parte di quell'iniziativa.
Che riscontro avete avuto da parte degli sponsor?
Ne parlo sempre anche con gli altri organizzatori di eventi a Cortina: sono tempi molto duri per gli sponsor; forse è finito il tempo in cui si potevano realizzare grossi arricchimenti personali sfruttando gli eventi di Cortina; ma le risorse per iniziative non troppo costose si trovano.
Avete partecipato al bando per il contributo del Comune alle associazioni?
Il bando è complicato, purtroppo è frutto della burocrazia malata di questi tempi. Dovrebbe essere più chiaro e più semplice; aspettiamo di vedere come sarà il prossimo, l'assessore Martinolli ci ha detto che le cose stanno cambiando in meglio.
Hai notato che a Cortina abbiamo due culture? Abbiamo quella normale e poi abbiamo quella ladina, ciascuna con il proprio assessore. È perché siamo più colti degli altri?
La cultura ladina è una cosa molto seria, la sua traduzione in assessorati o nomine mi interessa un po' di meno. Vengo da una famiglia paterna in cui, per motivi politici, cinquant'anni fa è stato bandito l'uso del dialetto. Considero questo una perdita, anche se sono affezionato alla bellezza dell'italiano; la lingua è una ricchezza e che vada persa è un peccato. Non è una questione di assessorati o di nomine, né riguarda solo la lingua; secondo te, se tratto la cultura ladina come una cosa a sé stante, avulsa dalla cultura intesa in senso più ampio, non rischio di trasformarla in puro folklore, cioè nella tutela di qualcosa di "finito"? Siamo sia italiani che ladini. Ma siamo anche veneti, europei, occidentali. Le identità plurali cui apparteniamo non sono in competizione, si aggiungono l'una all'altra. Io mi sento innanzi tutto italiano, ma non disprezzo, anzi, ammiro la mia cultura locale, che si esprime principalmente ma non esclusivamente nella lingua. Se non viene intesa in senso totalitario, o antagonistico è una ricchezza. Si può parlare in ampezzano in casa e poi venire a sentire un incontro a Una Montagna di Libri con un grande scrittore francese, no? Per quel che riguarda la produzione artigianale, purtroppo la scuola in Italia ha fatto strame delle arti locali: ne è la riprova la stupida trasformazione dello storico Istituto d'Arte di Cortina in Liceo Artistico. Vorrei una scuola che non si vergognasse a chiamarsi "laboratorio" o, appunto, "istituto", e che continuasse a insegnare i mestieri imparati nel corso delle generazioni. C'è poi la questione politica dell'unione con gli altri ladini; penso che sia principalmente una nostalgia per un modello amministrativo migliore di quello in cui ci troviamo adesso. È vero che lo statuto speciale è un privilegio, ma vedendo come sono usati i soldi per chi ha veramente bisogno in provincia di Bolzano, faccio il tifo per i privilegi.
Grazie Francesco, per la passione che metti nel tuo lavoro e per i grandi personaggi che ci dai l'occasione di conoscere; vederti all'opera ci fa essere un po' più ottimisti sul futuro del nostro paese!