Da quest'anno a Livinallongo, presso la scuola primaria, è stato avviato un progetto che prevede l'insegnamento della lingua ladina a scuola. Si tratta di un primo tentativo di avvicinamento a quanto avviene da qualche tempo nella provincia autonoma di Bolzano e in Val di Fassa.
Torna così d'attualità la questione dell'insegnamento delle lingue minoritarie a scuola.
Parlando con il dirigente scolastico dell'Istituto Comprensivo di Cortina Giovanni Paolo Zanin è emerso come anche a Cortina sia allo studio una proposta didattica che vada in questa direzione. «Ci sono delle disposizioni di legge volte alla tutela delle minoranze linguistiche (legge 482 del 1999) ma bisogna capire bene cosa ha senso fare sul nostro territorio», spiega Zanin. Per questo motivo della questione si è discusso a più riprese anche in sede di consiglio d'istituto, anche se non è ancora stata trovata la giusta soluzione.
La realtà di Cortina è più complessa e articolata rispetto a quella di Livinallongo e impone diverse valutazioni, anche di ordine pratico. Probabilmente la scelta più giusta e naturale è quella di usare il ladino come lingua "veicolare" e cioè per affrontare alcune materie o temi naturalmente legati al nostro territorio. È necessario però capire come fare, anche perché la situazione richiederà figure professionali adeguatamente formate.
Per questo, e cioè per la formazione di docenti plurilingue, nella Libera Università di Bolzano da anni è attiva una sezione ladina del corso in scienze della formazione.
«Contrariamente a quanto succedeva in passato quando a scuola non poteva entrare il dialetto - continua il preside - oggi si è capito che è giusto, non solo tutelare, ma anche valorizzare le tradizioni e la lingua del territorio in cui si vive. Il plurilinguismo combatte la xenofobia, la paura del diverso e, di conseguenza, aiuta l'integrazione». La scuola deve lavorare in quest'ottica e studiare un modello e una proposta didattica adeguata.
Di supporto in questa direzione sono le linee guida date dal Consiglio d'Istituto che sono principalmente quattro: l'importanza dell'inglese come prima lingua straniera, il valore imprescindibile del territorio e delle tradizioni, il potenziamento delle capacità di espressione orale degli studenti e, infine, lo sviluppo di un buon senso critico nei confronti delle nuove tecnologie, di solito utilizzate dai ragazzi in modo molto passivo.
Tutto ciò che si riesce a potenziare e a sviluppare nella scuola d'oggi progressivamente impoverita dalle riforme economiche, diventa prezioso. E il recupero delle tradizioni orali e scritte va indubbiamente in questa direzione.
C'è da chiedersi, però, se sia giusto delegare alla scuola il compito di insegnare tradizioni e dialetto. Sarebbe forse più naturale che se ne occupassero le famiglie stesse, come hanno sempre fatto del resto.