«Dove eravamo rimasti?» Ha esordito così il sindaco Andrea Franceschi al rientro in Municipio, venerdì 3 ottobre, dopo 506 giorni di esilio da Cortina d'Ampezzo, citando la frase che Enzo Tortora disse nel 1987, tornando a Portobello, dopo l'assoluzione con formula piena dalle accuse che gli furono mosse. Il reintegro del primo cittadino ampezzano invece è stato possibile grazie ad un'ordinanza trasmessa dal Tribunale di Belluno alla prefettura, che lo aveva sospeso dal ruolo di sindaco in seguito alla misura cautelare, disposta dai magistrati, di divieto di dimora nel suo Comune, dopo l'arresto, il 24 aprile del 2013, per turbativa d'asta, abuso d'ufficio e violenza privata. Grazie all'ordinanza del tribunale, Franceschi ha potuto riprendere tutte le sue funzioni proprio il giorno della scadenza del divieto di dimora.
«Non posso negare che l'ultimo anno e mezzo sia stato molto impegnativo per me e la mia famiglia. Fin dal 24 aprile 2013, infatti, mi sarebbe bastato rassegnare le dimissioni per riacquistare immediatamente la piena libertà. Ho, invece, deciso di tenere duro perché so di aver sempre agito solo ed esclusivamente nell'interesse di Cortina d'Ampezzo. Se ho scelto di seguire la strada più difficile e tortuosa è anche perché, quando mio figlio sarà grande e mi chiederà di quel lontano aprile 2013, potrò guardarlo dritto negli occhi dicendogli che nella vita si deve essere disposti a fare dei sacrifici, quando si ha la coscienza a posto e si sa di aver agito correttamente. Le scorciatoie non servono a nulla: quello che conta veramente è poter sempre andare a testa alta».
«Oggi desidero ringraziare i miei concittadini per l'affetto e la solidarietà che non sono mai mancati e anche la gente di San Vito e di tutto il Cadore che ha accolto la mia famiglia come se fossimo sempre stati lì. Anche per questo continueremo a vivere, almeno per un po', nella casa dove abbiamo trascorso questo difficile periodo.
Mi auguro, poi, che questa vicenda possa essere di insegnamento anche per la nostra Comunità. In questo momento ritengo che sia importante andare avanti con serenità, rimboccandosi le maniche e rimanendo tutti uniti per il bene di Cortina. Nessuno ha la bacchetta magica, ma posso garantire che lavorerò con il massimo impegno come ho sempre fatto».
Franceschi si è reso disponibile a rispondere alle domande dei giornalisti, a patto che non si parlasse della sua vicenda giudiziaria, ma subito dopo ha invece parlato proprio di questo, in una sorta di arringa personale.
«Quanto al processo, non ritengo corretto oggi entrare nel merito - ha detto Franceschi
- tuttavia, considerata l'ondata di fango che ha colpito la reputazione che mi ero costruito passo dopo passo, mi preme solo ribadire che non sono accusato di aver preso neanche un centesimo o di aver avuto vantaggi diretti o indiretti dai miei comportamenti.
Qui si discute solo se un Sindaco possa o non possa suggerire di abbassare la cifra di un appalto per risparmiare 100.000 Euro di soldi pubblici. E se possa o non possa dire ai vigili urbani di non fare imboscate con l'autovelox. Si discute, quindi, di quale sia il ruolo dei Sindaci in Italia. Probabilmente
- se avessi avuto in tasca la tessera di qualche partito invece di essere un amministratore libero e privo di padrini - la mia vicenda avrebbe aperto una seria riflessione che invece, finora, non c'è stata. Per quanto mi riguarda, ribadisco il rispetto per il lavoro della Magistratura e sono consapevole che solo all'interno del processo - dal quale non ho mai cercato di sottrarmi, anzi - potrà emergere la totale correttezza dei miei comportamenti».
Il sindaco, insieme al suo vice, Enrico Pompanin, e all'assessore Adriano Verocai, tornerà in tribunale il prossimo 14 gennaio.