Secondo lei che incidenza ha nel sociale l'arte? E a cosa serve?
Un domandone… Beh, l'arte in genere è una cosa importantissima, per la vita - in tutti i sensi, musica, pittura, teatro - anche per avere una visione del mondo diversa da ciò che possiamo vedere giornalmente, nel day to day.
Perdersi nella musica, nella poesia, fa scoprire verità universali che vivendo normalmente non si vedono. Con l'arte realizziamo, quasi in senso religioso, che esiste dell'altro che normalmente è nascosto. Per questo credo che sia importante!
E nel particolare, sembra che oggi non si possa più fare «l'arte per l'arte» e che si debba sempre avere un ritorno economico?
Abbiamo notato che per i festival esistono delle formule che dal punto di vista economico potrebbero riuscire decisamente meglio. Un esempio è il festival di Verbier, in Francia, dove invitano tutti i maggiori nomi della musica mondiale e questo, in un certo senso, garantisce il successo, perché sono in molti gli spettatori che vi partecipano. Qui si voleva creare un festival più… più incentrato sulla qualità artistica.
Ovviamente bisogna pure avere qualche nome, altrimenti è difficile farsi conoscere, ma è importantissima l'idea primaria di fare musica, mantenendo un'integrità artistica.
E questo…
…Questo è difficile. È molto più difficile raccogliere pubblico, anche perché forse proprio il pubblico non è abituato a vedere questo genere di cose. Però io credo che venendo ai nostri concerti la reazione sia molto positiva
- almeno questo è ciò che ho riscontrato in molte persone con cui ho parlato.
Cosa intende dire?
Che è importantissimo che il pubblico venga ad ascoltare una delle nostre serate, che sperimenti! Credo che non sia necessario essere diplomati in musica per provare qualcosa quando si assiste ad un concerto - specialmente se questo è di musica di qualità, e noi sappiamo che chi presentiamo ce la può garantire. E appunto, senza essere diplomati, se si percepisce quel qualcosa in più, perché la musica ci ha toccato, allora siamo in presenza di musica di qualità.
Ad esempio, ieri sera - concerto con Grigory Sokolov, ndr - tanti musicisti avrebbero avuto da ridire su come sono state eseguite quelle sonate di Beethoven; erano dei tempi molto più lenti del normale, però si capiva, era lampante, quanto lui credesse in ciò che stava facendo.
Era la sua interpretazione, il suo punto di vista, e non certo un modo per impressionare il pubblico. E penso, ne sono convinta, che questo sia riuscito a trasmetterlo. Ha regalato al pubblico il suo amore per i pezzi e per i due compositori, Beethoven, appunto, e Schubert.
La gente è in grado di riconoscere queste sensibilità, anche se non è diplomata in musica; basta solamente presentarsi a mente aperta e provare l'esperienza di un concerto. Poi le volte successive si partecipa e si collabora più volentieri. Forse.
Concentrandoci sul pubblico residente a Cortina, ossia solamente una parte del totale, com'è il vostro rapporto con lui?
Sarebbe molto importante, in questo senso, riuscire a creare nella popolazione un sentimento di appartenenza al festival. Cioè che la cittadinanza sentisse come fondamentale, imprescindibile la manifestazione. Creare l'appartenenza è normalmente difficile; qui la difficoltà si accresce ancor più perché noi veniamo da fuori Cortina e l'operazione viene più spesso involontariamente percepita come un'imposizione, piuttosto che come un vantaggio.
Eppure la figura di Dino Ciani si inserirebbe perfettamente nel rapporto tra le due parti. Coniuga la musica di altissima qualità con il senso profondo della montagna, l'amore incondizionato per questo luogo.
Sì, assolutamente. L'anno scorso ho ritrovato e riletto una lettera, che è stata poi anche riportata nel programma di sala, in cui diceva: «Cortina è l'unica cosa, nella vita, che non delude» e così parlava di quanto ci fosse da imparare dagli abitanti, dal luogo. Lui amava Cortina, si ritirava qui per studiare, e univa al pianoforte una grande passione per la montagna. È un legame molto importante. Bisognerebbe trovare il modo di valorizzare, artisticamente, anche questo aspetto. Una soluzione potrebbe essere avvicinarci un poco all'idea dei Suoni delle Dolomiti e presentare musica all'aperto. Noi speriamo ogni anno di crescere e di migliorarci.
Riflettendo, però, Cortina ha sempre avuto un rapporto abbastanza stretto con la musica, molto più che con altre arti - si pensi alla Banda e al Coro - e anche l'educazione musicale è sempre stata sentita, qui più che altrove.
Forse manca proprio l'abitudine, ci ho pensato molto, ad uscire di casa per sentire i concerti. Non c'è una tradizione. In altri luoghi, per molti, parrebbe abbastanza normale dedicare una serata alla musica, all'opera, al teatro. Ma si aggiusta con il tempo…
Ok, e nel concreto, voi e la tradizione musicale cortinese?
Io sono in contatto con Antonio Rossi, che è una persona gentilissima e assolutamente collaborativa, oltre che con tutta la scuola di musica. Stiamo poi provando nella sala della banda… La banda, la scuola di musica e i cori sono sempre stati invitati ai concerti, questo per dimostrare il nostro voler essere attenti anche a queste istituzioni.
E un coinvolgimento a livello musicale?
Oh, sì, ne parlavo proprio oggi con il direttore artistico, bisognerebbe pensare a qualcosa di efficace. Ora non so esattamente, non ho la soluzione. Un anno però ho lavorato a Spoleto e mi è capitato di organizzare un concerto in piazza. L'orchestra avrebbe dovuto suonare Ciajkovskij e alla fine era previsto che si inserisse anche una banda. Così è stata coinvolta la banda locale. È stato divertente, bello, ed è riuscito bene. Qui forse ci sarebbero problemi di spazi…
In che senso?
Pensavo per associazione alla Conchiglia, che sarebbe un po' piccola per un'orchestra. Per il resto, devo dire, siamo fortunati ad avere l'Alexander Hall. È fantastica! So che molte persone locali sono critiche verso questa struttura, forse a ragione, però con la camera acustica si raggiunge un ottimo risultato. Abbiamo avuto ospiti tra i più grandi interpreti nel corso di questi anni e nessuno si è mai lamentato, anzi…
…Avevo sentito favoleggiare che Zimerman fosse addirittura tornato da solo...
... è tornato, sì, perché gli piaceva l'acustica. Confermo! Penso che si dica male solamente per il gusto di criticare perché, ripeto, con la camera acustica il risultato è buono. Poi bisogna anche pensare che non era stata concepita come sala da concerto.
A proposito di teatri e sale da concerto… Ci spiega meglio com'è il vostro rapporto con il Teatro alla Scala di Milano?
Tutto è partito con l'istituzione, nel 1975, dopo la morte di Dino, di un'associazione che si occupasse della sua memoria e che potesse raccoglierne l'eredità artistica. È stato così creato il concorso pianistico Dino Ciani che ha avuto nove edizioni e un notevole successo. I soci fondatori dell'associazione sono Claudio Abbado, Maurizio Pollini, Valentina Cortese, Giorgio Strehler, Luchino Visconti, dei nomi veramente importanti… Dopo il 2000, e dopo il restauro esterno ed interno alla Scala, sono cambiate un po' di cose. Si è perso il rapporto di stretta amicizia che c'era un tempo - basti pensare che Riccardo Muti, per il suo debutto alla Scala, aveva scelto di suonare con Dino Ciani - anche se l'ente rimane sempre molto sensibile alle nostre iniziative e Lissner, oltre ad averci concesso il patrocinio, è molto disponibile ad ascoltare ogni nostra proposta.
E niente più concorso?
Riprenderlo oggi penso che sia difficile, fosse anche solo per un motivo di finanziamenti. Vorremmo però creare un legame tra la nostra accademia pianistica e l'accademia di canto della Scala; sarebbe un passo importante.
Magari organizzando dei loro corsi estivi qui, potendo approfittare dei nostri pianisti. Ma è ancora tutto da definire.
Ci racconta allora un po' della vostra Accademia?
Sì, certo. L'idea è far studiare i ragazzi con i grandi maestri che invitiamo e anche di farli suonare in pubblico. Quest'anno sono state selezionate sedici persone.
Abbiamo così concerti tutte le sere, negli alberghi e nel Cadore.
La Magnifica Comunità di Cadore è stata molto collaborativa, entusiasta dell'idea fin dall'inizio.
Questo è il primo anno… I ragazzi sono tutti contentissimi.
Inoltre la nostra idea sarebbe anche di crescere e far sì che non rimanesse solamente un'accademia pianistica.
Abbiamo iniziato così per questioni di fondi, ma c'è la volontà di aggiungere strumenti, di anno in anno.
Problemi di fondi, diceva…
Mah, il nostro problema fondamentale è che siamo veramente molto piccoli, che deriva forse anche proprio dal problema dei fondi. Noi abbiamo grandi contatti, sia per l'associazione Dino Ciani, che per la nostra famiglia che conosce bene il mondo della musica. Ma manca ancora una struttura molto solida. Stiamo lavorando anche per questo.
Poi ora facciamo fatica anche a trovare gli sponsor, forse anche per la nostra concomitanza con Cortina InConTra.
Ma il Comune non vi aiuta?!
Il Comune ci dà una grandissima mano, è fondamentale. E lo ringrazio infinitamente. Devo dire che siamo soddisfatti perché abbiamo visto, in questi anni, concederci, da parte dell'amministrazione, sempre maggiore sostegno finanziario. Il che è molto positivo, perché si capisce che il nostro lavoro è apprezzato.
Ora mancherebbe solo - per riuscire a meglio programmare una campagna stampa e marketing
- di stabilire un contratto pluriannuale, per sapere di poter contare - banalmente - su di una certa somma, che altrimenti non si è mai certi che ci sia. Avrei bisogno forse di una persona di riferimento qui. Ho riscontrato che la nostra lontananza rende faticosi o poco chiari i rapporti con il paese.
Mi piacerebbe poi lavorare molto più strettamente con Cortina Turismo, con il Comune, e con gli enti che promuovono Cortina.
Collaborare per un campagna mediatica, non solo per il festival ma anche per Cortina, andando alle fiere e sviluppando un marketing turistico-artistico.
Cortina insomma come un luogo dove venire per le passeggiate, ma anche per poter ascoltare la grande musica.
Sento in lontananza un rimprovero…
No, assolutamente. Dobbiamo solo, da entrambe le parti, io compresa, imparare a comunicare meglio.
Molte volte manca proprio una comunicazione efficace, anche perché, forse mi ripeto, non voglio che venga percepito come una proposta univoca, ma mi piacerebbe che ci fosse uno scambio e una crescita.
Vogliamo concludere?
Direi che il bilancio è abbastanza positivo; naturalmente bisogna, come ho detto, limare e migliorare ancora molte cose. Sono contenta soprattutto di essere riuscita a creare un appuntamento per ascoltare musica di qualità, dove si fa musica veramente. Io sento anche la responsabilità morale del nome di mio zio, che era una persona colta, sofisticata, e di grande integrità. Quindi voglio proseguire sulla strada che abbiamo intrapreso, anche se alle volte non è la più semplice.