IL COMUNE INSORGE CONTRO IL RISCHIO CEMENTIFICAZIONE
    

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IL COMUNE INSORGE CONTRO IL RISCHIO CEMENTIFICAZIONE

Patrizia Serra

01/01/2011
Se la legge non verrà rettificata, inviterò il popolo ampezzano a scendere in piazza con i forconi». Con questa affermazione, all’inizio di dicembre, il vice sindaco Adriano Verocai si era guadagnato i titoli dei quotidiani, in allarme per il rischio cementificazione a Cortina.
Per capire a quale legge facesse riferimento Verocai e quali siano i reali rischi nella vallata ampezzana, è meglio procedere con ordine.
La legge in questione è la Legge Regionale n.11 del 2004 che ha tra le sue finalità la “tutela del paesaggio rurale, montano e delle aree di importanza naturalistica” (art. 2, comma 1c), che viene perseguita mediante “il riconoscimento in capo ai Comuni della responsabilità diretta nella gestione del proprio territorio” (art. 2, comma 2d).
«Una legge - come spiega lo stesso Verocai - pensata per sopperire alla cronica mancanza di un piano
regolatore in molti Comuni veneti in attesa che si dotassero del Pat. In pratica un buco nell’acqua, dato che i Comuni hanno continuato a non avere un Piano regolatore, senza peraltro approvare i Pat».
Ciò ha comportato di anno in anno le continue proroghe della L.R. 11/2004 con relative modifiche, come quella contenuta nell’articolo 6 del 2010, che ha suscitato le ire del vice Sindaco, nonché assessore all’Urbanistica e all’Edilizia privata di Cortina. La legge in questione in realtà subordina qualsiasi intervento alle norme contenute nei Pat comunali ma, come detto, molti Comuni, Cortina compresa, non hanno
ancora approvato il Piano di Assetto del Territorio ed ecco che in questa zona grigia possono essere realizzate le modifiche agli edifici rurali esistenti. Per questo non è sembrata sufficiente la risposta della Lega Nord che, nella persona del presidente della commissione Urbanistica Andrea Bassi, aveva subito risposto al vice Sindaco di Cortina che le modifiche rese possibili dalla legge regionale sono valide «ferme
restando le disposizioni più restrittive previste dagli strumenti urbanistici comunali. Pertanto, è sufficiente che il Comune restringa le possibilità previste con apposite norme all’interno del proprio Pat».
In pratica, questa legge aveva sinora permesso la modifica e la ristrutturazione di edifici rurali posti in aree agricole, ma soltanto a chi agricoltore lo era veramente, volendo così favorire “l’insediamento di giovani in agricoltura”. Gli articoli 5 e 7 permettevano infatti di ampliare le case di abitazione esistenti, ma anche “gli interventi finalizzati al mutamento di destinazione d’uso residenziale nei limiti dei 300 metri cubi” ma soltanto a determinate condizioni. Le case di abitazione potevano peraltro essere ampliate fino a “un limite massimo di 800 metri cubi, comprensivi dell’esistente, purché eseguiti nel rispetto integrale della tipologia originaria”. In teoria, si potrebbe ristrutturare un rudere e renderlo un’abitazione di 300 metri cubi. Una volta
trasformato in abitazione, questa potrebbe essere a sua volta ampliata sino a 800 metri cubi.
Intravvista questa possibilità, il Comune di Cortina già nel 2008 aveva chiesto alla Regione di modificare
questi articoli per scongiurare il rischio di trasformare in abitazioni le numerose baracche, casoni e ruderi disseminati nel territorio ampezzano. Ma la risposta di Palazzo Balbi sembra non aver recepito le problematiche abitative, senz’altro peculiari, di Cortina. Viste le molteplici interpretazioni dei suddetti articoli, nel 2010 la Regione ha infatti sentito la necessità di fornire l’interpretazione autentica della legge, che nel nuovo articolo 6 in sostanza afferma la possibilità di effettuare gli interventi di restauro e di manutenzione, ma anche l’ampliamento e la ristrutturazione anche se il richiedente non è titolare di un’azienda agricola.
Dal “censimento” commissionato da Verocai, a Cortina esistono di sicuro 120 ruderi che possono essere trasformati in abitazioni, ma è certo che molti non siano stati individuati, per cui si può realisticamente ipotizzare che ci siano circa 200 ruderi/cason/apiari/baracche che potrebbero diventare abitazioni.


ILPROBLEMA POSTO DALLA NORMATIVA REGIONALE
a) La Legge Regionale n. 11 dispone che:
- nelle zone agricole dei territori montani … sono consentiti, altresì, gli interventi finalizzati al mutamento di destinazione d’uso residenziale nei limiti di 300 metri cubi …
- gli interventi di recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola sono disciplinati dal Pat e dal Pi … Sono … consentiti …, l’ampliamento di case di abitazione fino ad un limite massimo di 800 metri cubi comprensivi dell’esistente …
b) Con la recente contestata legge interpretativa scritta per superare la sentenza del Tar favorevole al Comune di Cortina, la Regione ha stabilito che «per le case di abitazione esistenti in zona agricola
gli interventi … sono sempre consentiti a prescindere dai requisiti normalmente richiesti per edificare in zona agricola e cioè anche in assenza in capo al richiedente della titolarità di un’impresa agricola … e … di un piano aziendale». Non serve perciò essere imprenditore agricolo per costruire in zona agricola.
c) Con il disposto dei punti a) e b) può succedere che si proceda con permessi “a trenino” per:
- trasformare una baracca in zona agricola (magari il deposito per il fieno) in casa di abitazione fino a 300 metri cubi;
- cambiata la destinazione, la stessa nuova casa può poi essere ampliata fino a 800 metri cubi.

LA RISPOSTA DEL COMUNE DI CORTINA

a) l’attuale Amministrazione ha confermato per il tramite dell’assessore Verocai che in sede di redazione e approvazione del Pat verrà bloccata la forzatura prevista dalla legge regionale per gli interventi in zona agricola(zona E). Uno studio interno degli uffici comunali ha contato direttamente in mappa di Prg almeno 120 edifici, lasciando perdere un gran numero di casistiche che porterebbe il numero a oltre i 200: si va da alcune Cantoniere Anas (F3), a costruzioni in zona F12 a Lago Scin, Come ha scritto il nostro Comune alla Regione già nel novembre del 2008, «queste norme si riassumono concretamente nel nostro territorio nella possibilità che tutte le strutture tipo piccoli fienili per il ricovero provvisorio dell’erbatico, gli apiari, le  baracche di deposito degli attrezzi per la cura della campagna, le casupole che proteggevano le vecchie opere di presa degli acquedotti, le numerose ex fermate della ferrovia delle Dolomiti, “i casoni”, e quant’altro, siano trasformabili in unità residenziali, avendo perso la loro funzionalità originaria. Esistono poi, a Cortina, alcune strutture dello stesso tipo che, grazie al sistema dei condoni, già possiedono i requisiti dell’uso residenziale e che, da pochi metri cubi, si trasformerebbero in vere e proprie “villette” …
Nel solo territorio di Cortina … si stimano oltre 200 piccoli immobili
(baracche). Se poi a quanto sopra si aggiunge … recupero dei ruderi … i casi aumentano … .
Non ci soffermiamo sulle spropositate volumetrie (migliaia di metri cubi) che questa legge permette di costruire sul nostro territorio, facciamo semplicemente presente che, stante la situazione, andiamo incontro alla più grande speculazione edilizia che Cortina (ma non solo: Comelico, Alto Agordino, ecc.) abbia mai visto nella sua Storia, senza dimenticare l’importantissimo danno ambientale che tutto ciò comporterebbe».
F17 Lago Ajal, Pocol, in zona I9 a Staulin (parecchie), F36 monte di Peziè de Parù, e altre ancora;
b) finché non sarà approvato il Pat (l’iter sta andando un po’ per le lunghe, e con il passaggio delle competenze dalla Regione alla Provincia i tempi si dilateranno), il Comune ha già attivato i propri legali per integrare a brevissimo termine la normativa edilizia con alcune aggiunte che impediscano abusi di sorta.