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Nicola Zardini Foloin alla finale mondiale del circuito di triathlon medio Ironman 70.3

Redazione

03/11/2013
Las Vegas, Nevada, Usa. Finale mondiale del circuito di triathlon medio Ironman 70.3: 1,8 km di nuoto, 90 km in bicicletta, 21 km di corsa.

Tra i quarantotto azzurri (e gli oltre 1.700 partecipanti) c’era anche Nicola Zardini Foloin, ampezzano doc, a portare alto il tricolore italiano e lo scoiattolo simbolo della conca ampezzana, in una finale mondiale a cui possono partecipare solo i primi qualificati per categoria in una delle cinquanta gare del circuito Ironman 70.3 che si disputano nelle varie nazioni del mondo.

«Per chiunque affronti questo sport, la qualifica alla finale di Las Vegas è qualcosa di monumentale: vincere/aggiudicarsi la celebre “slot” di accesso è un sogno che a volte si rincorre per tutta una vita, e spesso non lo si vede concretizzato: migliaia di persone cambiano completamente le loro abitudini nella speranza di poter raggiungere la finale, con sacrifici e dedizione difficilmente immaginabili. E non è solo un discorso per i professionisti, quanto ancor di più per gli “age group”, ovvero i non professionisti (divisi per fasce di età, “age” appunto)», commenta Zardini, rientrato in Italia e ricordando i momenti precedenti la gara.

«Tutto questo, per me, ha significato un impegno quotidiano fatto da almeno due allenamenti al giorno, con una media di ventuno ore alla settimana suddivise fra le tre discipline, che in un anno mi han fatto percorrere oltre 14.000 km, 300 ore di corsa a piedi, 10.000 “vasche” a nuoto in piscina e nove gare del circuito Iron 70.3, tra le quali una in particolare mi ha premiato con un 6° posto di categoria e che mi ha concesso il privilegio di questa finale mondiale».

Ed è il numero dei volontari – oltre duemila, più di uno per ogni partecipante – a rendere ancora l’idea dello sforzo organizzativo e di quanto la manifestazione sia sentita: sono loro a permettere il corretto svolgimento della manifestazione.

«L’agitazione, la forza emotiva dell’occasione, la lunga attesa e l’altrettanto lunga preparazione che hanno anticipato questo evento giocano un brutto scherzo a un esordiente come me: malgrado i 46 anni sono assolutamente un novizio per questo sport e un appuntamento di questa grandezza genera un sovraccarico emotivo che non mi fa chiudere occhio per praticamente quattro notti. Alla partenza sono arrivato decisamente provato, sì elettrizzato, ma anche febbricitante e non propriamente nelle condizioni ideali per gareggiare al meglio».

Tuttavia Zardini inizia la sua gara in un laghetto fangoso a est della città. È ancora buio quando partono i professionisti e poi, onda dopo onda, ci si butta in acqua tutti per la prima frazione. «La mia gara è iniziata in salita con una frazione di nuoto in ritardo di parecchi minuti rispetto ai miei standard», racconta Zardini. «La pioggia scende furiosa quando in bicicletta mi immetto nel parco naturale che ospita la gran parte del percorso ciclistico e, anche qui, le gambe sembrano non volermi aiutare, in una giornata in cui tutto risulta essere più difficile del solito. Il paesaggio d’altro canto è strepitoso, inimmaginabile, tra pietre rosso vivo e coni di roccia irreali. Ma il vero spettacolo arriva quando, uscendo dal canyon, si intravede lo skyline di Las Vegas, immerso nel nulla. Devo ammettere che prima di quel punto, prima di intravedere le luci della città, avevo quasi pensato a un ritiro, ma uscire da quel “nulla” fuori dal tempo e vedere quello che a tutti gli effetti sembra un miraggio mi ha ridato entusiasmo e forze. Sono arrivato alla frazione di corsa dopo un’ultima salita. Gli ultimi chilometri volano tra sponde di pubblico e bandiere di ogni nazionalità. L’emozione è alta e il tanto sognato traguardo non mi risparmia una profonda commozione e un lungo brivido nello sprint finale».

Zardini conclude la sua finale mondiale con gli occhi lucidi, lo scudetto tricolore al petto e poco sotto, come promesso, lo scoiattolo e il nome di Cortina, orgogliosamente bianco su una divisa rossa. Il triatleta ampezzano arriva a metà classifica sia assoluta sia di categoria: una grande soddisfazione per un principiante in questa disciplina, al solo quarto anno di attività.

«Con me sulla maglia all’arrivo», conclude Zardini, «anche la Onlus Pollicino, per i bambini che ho voluto sostenere con questa mia gara, oltre al logo di chi mi ha aiutato e che ringrazio ancora di cuore. Adesso riprenderò la preparazione per i prossimi appuntamenti, in Messico e Nuova Zelanda, senza tralasciare un paio di appuntamenti nelle scuole della nostri zona (grazie all’interessamento di alcuni docenti e appassionati) per promuovere lo sport e per far conoscere ai nostri ragazzi anche queste multi-discipline, che nella misura più corta e adeguata rappresentano un’attività completa, avvincente e molto costruttiva anche per i più giovani».