"La potenza della lirica dove ogni dramma è un falso ". Recensione del libro di Andrea Franceschi
    

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"La potenza della lirica dove ogni dramma è un falso ". Recensione del libro di Andrea Franceschi "un sindaco in esilio "

Lettere al giornale

01/08/2013
Così recitava Lucio Dalla nel brano che racconta la storia di un emigrante di lusso, il grande Enrico Caruso. Di questo brano due passaggi sono particolarmente adatti come commento dell'instant book a firma di Andrea Franceschi (Un sindaco in esilio, edizioni Marsilio): la potenza di chi urla più forte (radio, televisione, libri e quant'altro) non è detto possa convincere, perché può anche accadere che il dramma sia un falso.

Il libello (lirico e onirico nello stesso tempo) tenta appunto di raccontare in prima persona la storia di un dramma, anche se, ovviamente, i fatti narrati prediligono un solo versante, evitando spesso l'onere della prova, emarginando le superflue posizioni antagoniste, letteralmente ignorando alcuni inevitabili fallimenti.

Il tutto è condito da capitoletti dal tono imperioso, al solo fine di attirare l'attenzione dei lettori, spettatori però ormai disillusi.

Non ci si è risparmiati neppure il preludio strappalacrime, scritto in pieno stile "giacomeliano", ricordando a tutti cose strasapute, la nostra storia, i nostri avi, i tempi trascorsi della realtà agreste quando la sostanziale miseria accomunava i destini. E allora, mi chiedo, non si capisce perché si debba citare un illustre avo dell'Autore, progettista della torre civica, e tacere invece di altri, come il mio, per esempio, che fu Capitano degli Schützen in Badia durante la Grande Guerra……….

Subito dopo inizia un lungo piagnisteo dedicato al personale del Comune, con domande retoriche circa chi sia il giusto titolare del diritto di comando, che a quanto pare deve essere individuato proprio nella persona preposta, con le giuste maniere e nel rispetto dei regolamenti (anche gli altri 8.000 sindaci italiani fanno così o, almeno, ci provano: forse sono quasi tutti traditori del mandato al quale sono chiamati, dato che molti ancora sono a piede libero).

Per quanto riguarda il fastidioso "caso Tosi" (l'ex dirigente alla quale viene imputata l'origine di ogni male) onestamente dobbiamo ammettere che non c'eravamo e, quindi, ci risulta difficile commentare l'accaduto. Ma come tutti abbiamo certamente potuto apprezzare in diretta le belle parole del Nostro, pronunciate ai microfoni di Radio Cortina, che hanno commentato - a ruota libera e in solitaria - l'epopea della dottoressa.

Devo confessare, sinceramente, che quella volta io mi sono vergognato.

Altri passaggi sono dedicati alla lotta contro la speculazione edilizia, fenomeno di così limitata portata da preoccupare ossessivamente solo l'Autore.

Dimenticando che da almeno un trentennio altre amministrazioni (a quanto pare sicuramente formate da dilettanti allo sbaraglio) hanno ingaggiato su questo fronte lotte ben più tremende, a suon di carte bollate. È sufficiente ricordare in proposito le questioni delle multiproprietà o la famosa battaglia contro la società "Brubi", promotrice di fatto dell'astuto strumento urbanistico (allora nuovo, ora molto usato, anche dall'amministrazione attuale) della monetizzazione dei cambi di destinazione d'uso. Non mi risulta che gli altri sindaci siano stati a guardare, anzi: a quanto ne so hanno vinto battaglie molto più importanti del cambio di destinazione d'uso di un alveare, di una baracca o di un pollaio o della realizzazione (scontatamente abusiva) di appartamenti completamente interrati.

Ricordiamo, inoltre, che proprio le amministrazioni ampezzane, per ovviare alle facilitazioni urbanistico-edilizie previste dalla legge Nicolazzi (del 1982) portarono il lotto minimo edificabile da 2500 a 5000 mq, bloccando di fatto altre possibilità di speculazione.

Il colmo: la lotta alle centraline idroelettriche, che è stata così veemente da coinvolgere anche quella realizzata dal Comune e di conseguenza mai entrata in funzione: questa sì che è coerenza! E allora, a fiaccare l'integerrima lotta alla speculazione edilizia, a svilire qualsivoglia insinuazione di interessi patrimoniali o personali, basti ricordare un paio di esempi, come quando alcuni parenti di amministratori, sebbene non indigenti, vendettero una loro proprietà in pieno centro, ben trascurando che l'importante prezzo riscosso fosse probabilmente il frutto di dinamiche immobiliari che poi - solo dopo aver incassato, si badi bene - venivano invece, a distanza di pochi anni, aspramente criticate.
Aggiungiamo le recentissime previsioni urbanistiche contenute nel PAT, nelle quali il piazzale della Stazione, deputato in un primo tempo a sede di uffici e servizi, pare debba cedere il passo alle seconde case.

Evidentemente si tratta solo di amnesie dovute a momentanei cambi di umore, con visioni fantastiche di speculatori nascosti in ogni angolo di strada. È arte pericolosa quella dell'insistita autocelebrazione, soprattutto da queste parti, dove le notizie viaggiano rapide e fresche, senza dover attendere l'edizione della stampa locale.

Ma accade che anche lo scrivente cada negli stessi vizi dell'Autore: e così non sa trattenersi dal ricordare, orgogliosamente, una pagina storica della lotta all'abusivismo edilizio, allorquando il nostro Autore - come raccontato nell'opera - espose in bacheca i nomi di coloro che avevano osato impugnare di fronte al T.a.r. il diniego del famoso "Piano Casa", per poi vedersi volontariamente effigiati anche sui giornali, evitando prudentemente problemi di omonimia.

Sapevano tutti in partenza che il risultato sarebbe stato praticamente nullo, ma di certo hanno voluto fare una prova («per vedere di nascosto l'effetto che fa», come diceva Jannacci).
In fondo bastava: apporre una firma, prendere un caffè e poi mettersi alla finestra e ammirare il risultato. Prontamente lo spettacolo non si è fatto attendere, con fuochi d'artificio, repliche al veleno, scambi incrociati di amichevoli commenti.

Anche quello è stato un giorno da ricordare, un vera prova del nove.

Nel volumetto viene pure citato il concittadino veneto Lele Mora, ora assurto a simbolo di ogni vizio, senza ricordare, per quanto sembra, come in passato da parte "dei nostri" fossero state fatte ampie concessioni a feste e capannoni in quel di Fiames (completi di tronisti e soubrettes) proprio in favore del cosiddetto "Re delle veline". Viene proprio da pensare che qualcosa sia andato storto… forse qualche accordo collaterale non rispettato? Preferiamo dimenticare completamente la magrissima figura che l'Autore ha fatto fare a tutti noi evitando di presentarsi innanzi al Presidente delle Repubblica in visita ad Auronzo o, peggio ancora, il riferimento alla tragedia di "Rio Gere", purtroppo da me vissuta in prima persona. Si trattò in quell'occasione di un'associazione tra eventi incomunicabili che l'Autore ha voluto menzionare, invocando una sua personale "pietas", strumentale non al ricordo ma alla celebrazione del proprio gesto.

Un episodio il cui ricordo sarebbe giusto conservare intimamente e nel silenzio, di cui invece l'Autore si serve senza scrupolo.

Sono allibito e dispiaciuto e, d'istinto, mi scuso per lui.

Per quanto riguarda il messaggio agli ampezzani, doverosamente ringrazio per le belle parole e per gli ovvi consigli, in uno con la benedizione impartita "ai soliti ragazzi di Bigontina di Sotto". Questo sì è stato un gesto commovente e molto apprezzato, soprattutto perché la predica proviene dal profondo Sud (senza offesa per i Sanvitesi). Gli stessi "ragazzacci", dimessi e in lacrime, hanno rinnovato il giuramento di fedeltà all'amata Patria, dimenticando volutamente il Patriarca.

Ricordo infine, e solamente per diritto di cronaca, che proprio quei "soliti boys" ben prima che il Nostro avesse il diritto di voto, hanno ricoperto numerose cariche (Sindaco, presidente delle Regole d'Ampezzo e Marigo, presidente skipass, presidente Cooperativa, presidente Consorzio turistico, presidente Gis, assessore e consigliere comunale, consigliere in parrocchia, negli Sci Club, nel Dolomiti Superski, nell'ANEF Veneto, nel Cai e nella Comunità montana) e molti altri ruoli, sempre con spirito collaborativo, "par el ben del nosc paes".

Gente timida, che ovviamente deve ancora imparare e apprendere e che di certo non scrive - per il momento! - le proprie memorie, avendo fortunatamente ancora molto da fare.
Nel finale, il messaggio agli ampezzani ha raggiunto il massimo ricordando la Regina dei ladini e della "Generela", la nostra salvatrice deputata che, presto, segnerà la via.

Fatichiamo a capire cosa c'entri il ricordo vibrante riservatole, anche se ci ha decisamente colpiti. Accompagniamo e sottoscriviamo, quindi, il nobile pensiero, sempre sottomessi e uniti nelle sofferenze.

Possiamo certamente dire "a cuore sgombro": grazie di esistere.

Corre l'obbligo infine di ricordare al Nostro che molti altri ampezzani si sono impegnati prima di lui, come lavoratori e come onesti cittadini, e che per questo vanno rispettati, allo stesso modo dei collaboratori comunali; anzi, ci si può spingere talmente oltre da affermare addirittura che non solamente gli ampezzani lavorano !, ma che anzi esiste della gente ,molta altra gente che fa fatica a portare la famiglia a fine mese, perché non ha avuto nella vita la stessa fortuna di un "figlio di papà".
Concludiamo come abbiamo cominciato, salutando con Lucio Dalla: «Te voglio bene assaje».

Enrico Ghezze Bigontina di Sotto Cortina d'Ampezzo