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La pittura di Renato Balsamo

Roberto Pappacena

01/08/2013
«C'è, nella pittura di Renato Balsamo, una inequivocabile passione per la realtà luminosa che giace in profondità dentro le forme del quotidiano... La pennellata è cólta, attenta... paurosa di uscire da un segno che, ancorato alla realtà, dà sicurezza e solidità...

I volti, i ritratti dei vari personaggi sono segnati con cura, il tratto è preciso attorno alla linea dei volti, nel sottolineare una ruga o un sorriso... nel seguire uno sguardo che ci osserva spesso serio e assorto... È un mondo di persone reali, ma trasportate in una virtuale dimensione di poesia... un mondo irripetibile che sfiora la magia». Così si esprime Terisio Pignatti nel volumetto "Renato Balsamo - Cinquanta ritratti dal 1971 al 1997" da lui curato con France Bacchiega.

Stupendo, tra questi "ritratti", quello della moglie Mina, del 1982, che Balsamo ha colto con penetrante amore nel suo profondo, luminoso sorridere. Perché - scrive ancora Pignatti - «a guardar bene, la realtà fisica in sé sembra non esistere per Balsamo: piuttosto egli ne sa cogliere un aspetto virtuale, che va oltre i limiti del vero, lo analizza e ne sa trarre significati allusivi e riposti».

Queste osservazioni da me riportate sono applicabili anche al penetrante ritratto del Beato Giovanni Paolo II, che - scrive Vincenzo Russo - presentato in forma di bozzetto (cm 80x60) al concorso bandito nel 2012 presso il santuario romano del Divino Amore, è stato esposto, nello stesso anno, alla Biennale di Venezia, nella mostra collaterale di arte sacra curata da Vittorio Sgarbi, e poi donato alla cattedrale di Sorrento dalla famiglia Apreda, in memoria del padre Giuseppe. Il dipinto fa parte di una serie di ritratti eseguiti da Renato Balsamo dopo due incontri col Papa avvenuti nel 1994...

Un'intensità ancora maggiore si esprime forse in questa figura di pontefice che l'artista sente vivere dentro di sé e colloca in una dimensione perfetta, infinitamente superiore alla nostra. I lineamenti del volto, il movimento del corpo e delle mani, son per noi qualcosa di molto familiare, appartengonoalla memoria collettiva, ma non hanno più nulla di terreno: sono tratti soprannaturali di un'apparizione creati con una tecnica raffinata, in cui l'estrema precisione del segno, l'uso sapiente della luce, il ricorso ad una soluzione monocromatica che rende "leggera" la figura, creano la possibilità di un incontro miracoloso del visibile con l'invisibile, del temporale con l'eterno».