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CATERINA DE BONI NEL PARADISO DI FOSES

Mario Ferruccio Belli

01/10/2009

 

 

 

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Sul sentiero passano affannati i turisti diretti al rifugio Biella. Le nuvole si rincorrono attorno alla Croda Rossa. La baita del pastore, macchia marrone al centro della conca, si mimetizza fra le colline e i due laghi di pervinca. È stata più volte rifatta ed ora é tanto solida da sopportare qualunque nevicata. Lo scorso inverno i guardiaparco saliti quassù ad ispezionare con gli sci riferirono di oltre quattro metri, la baita era solo un lieve dosso nel biancore.

Un luogo romito a meno di due ore da Ra Stua e dalle comitive ciarliere scaricate in continuazione dalle navette. Un sito romantico vicino a Cortina e pure lontano dalla confusione ferragostana.

Il piccolo gregge della cooperativa «Ampezzo-Oasi» di Paolo Bernardi è qui di casa. Circa un centinaio di pecore con gli agnelli appena nati rumina nel recinto di filo elettrico fra le rocce. Le osserva con l'aria distratta il pastore Sergio Rosele, che è pure proprietario di forse un migliaio di capi. Non si vedono. Stanno lontano, dietro il crinale erboso, chissà, così risponde ironico.

Ed ecco apparire interrogativa alle sue spalle una fanciulla in tuta, i capelli scuri raccolti, gli occhi ammiccanti. Una creatura uscita dal tempo passato? Una mitica, dolce anguana delle leggende ladine? Assolutamente, no! L' aiuto del pastore Caterina De Boni, nata a Cortina, il padre assicuratore, il nonno commercialista e la bisnonna prima impiegata donna del Comune ai tempi dell'Austria, lavora quassù dall'alba al primo buio, quando anche l'ultimo belato di un agnello sperduto si è spento.

Sale da Cortina ai primi chiarori, lascia la jeep all'ota del barancio, perché così vogliono le regole del Parco d'Ampezzo, e prosegue a piedi, zaino in spalla. Il casòn di Foses, a 2190 metri di quota, è antico come lo sono le Regole.

Sembra un buon posto di lavoro anche se non ha collegamenti con il cosiddetto mondo civile, perché l'altopiano si nasconde in un'immensa dolina e tutt'attorno stanno i pascoli frammisti ai massi erratici.

Un alloggio semplice. La sola comodità un pannello foto voltaico, con tre batterie di accumulo, per la luce e per sollevare l'acqua dal lago che consente persino una doccia quasi gelida, ma preziosa alla sera, dopo una giornata di corse dietro alle bestiole.

Così per due mesi e mezzo, da luglio quando anche l'ultima neve si è squagliata, fino ai primi giorni di settembre, quando le nevicate improvvise bruciano l'erbetta e gli animali irrequieti tendono a spostarsi sui pascoli più bassi. Caterina segue le pecore che hanno figliato e si muovono quiete al di là del filo elettrico, allattando i neonati. Prepara il pasto per gli asini, tradizionale mezzo di trasporto del pastore, e dei cinque cani, neri come l'apocalisse, che guatano nel recinto di lato al ricovero, ma la notte il loro posto è a vigilare. Di certo gli ovini non si allontanano; e nessuno reca loro disturbo, uomini naturalmente.

A Foses non ci sono animali pericolosi. Racconta allegra che una volta è comparso il gipeto degli agnelli, appollaiatosi sui roccioni a studiare il gregge forse per individuare una preda, ma poi è volato via improvviso. Dagli appicchi della Croda Rossa, racconta, fanno capolino anche due aquile, «ma noi non hanno rubato mai nessun capo, credo che si cibino di marmotte, devono essere proprio vecchiotte!».

Caterina ha di suo alcune capre che munge lei stessa. Col loro latte denso confeziona ricotte prelibate e formaggette offerte agli amici, da gustare col vino nero, che gli asini hanno trasbordato sulla groppa. I ragazzi la guardano ammirati quando si allontana rapida per raggiungere una pecora che vorrebbe sbrancarsi.

L'aggancia col bastone adunco e la sospinge nel recinto.

Poi torna indietro a ricuperare sottobraccio l'agnello appena nato. Ma tu come fai a conoscerle una per una se sembrano tutte eguali? «Ho passato un anno ad imparare il mestiere. Soprattutto conoscere le erbe buone e quelle cattive, l'aconito blu, nascosto all'ombra dei grandi sassi, ma le bestiole la schivano perché sanno quant'è velenoso, la genziana sulla collina, la piantaggine umile e preziosa, il tarassaco. Ora non le studio più, sono troppo occupata con la lavanda». La fissiamo perplessi. Lavanda? Esiste quassù? «No di certo, ma è per la tesi di laurea. Studio tecniche erboristiche all'università di farmacia di Trieste!» Il segreto è stato svelato. Ma i ragazzi pensano ad altro. Non hai paura da sola? Risponde con un'ansia lieve. «Forse il temporale.

Quando si scatena improvviso e i fulmini frantumano le rocce, lasciando dietro tuoni terrificanti, la terra trema e tutto si arresta, anche il gregge, anche gli asini e i cani si distendono immobili».

Foses, con i suoi laghi di cristallo e il ricovero piccolo ma accogliente, non è ancora di moda, per fortuna. Il suo incantamento è per pochi.

«Quando oltre il crinale il blu scurisce il cielo si punteggia di stelle, come in nessun luogo al mondo».

Torna il sereno sul volto della più graziosa aiuto pastore delle Regole ampezzane e la farmacia, sicuramente, può attendere.