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CARMINA, SI POSSEM, VERGILIANA DAREM A te dedicherei , se potessi , carmi degni di virgilio

Luca Dell'Osta

01/10/2009

Durante i lavori, nella chiesa parrocchiale, per la costruzione di una nicchia appositamente predisposta per i lumini votivi e le candele, il sagrestano Giovanni Suani ha ritrovato quattro tavole di legno, decisamente interessanti dal punto di vista storico.

Tre di esse (in origine erano quattro, ma la terza è andata perduta) sono infatti testimonianze di «legati» parrocchiali.

In sostanza, un elenco di averi e proprietà, sia mobili sia immobili, dell'allora decanato d'Ampezzo.

La quarta tavola invece riporta, in latino, il testo di un ex voto, di cui forniamo la trascrizione latina e la traduzione italiana.

 Alcune note per gli «specialisti» il metro della composizione è chiaramente il distico elegiaco (esametro + pentametro dattilici), pur zoppicante in alcuni punti. Anche sintatticamente, la composizione non è precisissima: per esempio, il proclamat del v.18 è usato transitivamente (nel latino classico il verbo è invece transitivo), e il piger del v. 22 concorda con la potestas del v. 21: è chiara la svista sintattica.

Paiono evidenti i richiami (sottolineati dal desiderio che l'autore esprime nel v. 34) al Virgilio sia dell'Eneide (per il lessico militare - cfr. vv. 17, 24-26) e delle Bucoliche (per il lessico bucolico - appunto!, vedi vv 9-10).

Ben più interessanti invece sono le domande a cui si potrà dare risposta solamente con uno studio più approfondito della vicenda. L'ex voto sembra scritto nel 1607 da un certo frate Antonino da Premysl, un domenicano della Rutenia (regione storica dell'Europa Orientale, corrispondente oggi alla parte ucraina della Polonia e dell'Ungheria).

Premysl, la sua città d'origine, dovrebbe corrispondere all'attuale Przemyśl, cittadina polacca di circa 70 mila abitanti. Alla Polonia rinvia anche la citazione dei campis Sarmaticis (campi sarmatici) del v. 5. Ipotizzabile quindi, alla luce delle bona nuntia del v. 5 (buone nuove) da lì provenienti, e anche dalla conclusione viator eram […] iam redeo (ero viandante

[…] ormai ritorno) dei vv. 35-36, che l'ex voto sia dedicato alla Madonna della Difesa (cfr. vv. 13-14 e segg., fino a Defensoris Ducis: è lecito ipotizzarlo?) nell'imminenza del rientro in patria.

Fin qui, quello che sembra certo.

Sorgono però spontanee alcune domande. Che ci faceva qui a Cortina o, piu in generale, nella zona dolomitica, il frate polacco? Per quale motivo e stato costretto a fermarsi a Cortina? Forse per una malattia, come sembrano confermare i vv. 3-4 e quelli della quartultima riga (v. 37)? Non si giustificherebbe pero, accettando questa interpretazione, il richiamo alle buone nuovericevute dalla Sarmazia e dalle terre d'origine (cfr. v. 5) del frate polacco.

Sarebbe inoltre interessante sapere, per riuscire a capirne qualcosa di piu, se il nome di questo viator (viandante) appare in altri documenti storici gia pubblicati: nulla di cio che e stato scritto su Cortina lo ricorda, anche se questo ex voto appena ritrovato puo rappresentare un buon punto di partenza per una ricerca approfondita e completa sulla ragione che porto Antonino da Premysl in Ampezzo.

Nel frattempo, ci limitiamo a fare un salto indietro nel tempo di quattrocento anni, immaginandoci i nostri avi che, con una oggi inusuale bonta, circondavano di premure questo pellegrino straniero, che seppe ringraziare con un toccante ex voto sia la Madonna (della Difesa?) sia coloro che lo accolsero a braccia aperte, curandolo e rimettendolo in sesto.

 

(box testi)

1 Nonus mensis abit quo te iam, Virgo, relinquam

non te, sed tibi quem vota dedere locum.

3 Accipe quae vires animi dant carmina grati

quod maesto hic gemitus solveris ipsa graves.

5 Huc bona Sarmaticis penetrarunt nuntia campis

Hic presso luctus demis; et hic relevas

7 Viscera quandoquidem cunctis materna sinumque

offers ut adeant, cum libet, intrepidi.

9 Sic te gens toto terrarum percolit orbe

sic celebrat sospes, sic canit ore pius,

11 In te spemque suam non fractus collocat exul

ferrea te scuto pectora tectus habens.

13 Sic docet iste locus quem plebs tibi fecit honorum

nomine deque tuo struxit ad arva domum.

15 Atque potens gladio pandens vexilla triumphi

pingeris hincque tibi proelia mira canunt

17 Proelia bellatrix quae pro pereunte subisti

dum proclamat opem, supplice gente, tibi.

19 Nam populator erat turmis hinc inde duabus

aggressus miseram: quis locus effugii?

21 Hiems erat dura satis nec Soli tanta potestas

ut vapidos montes redderet orbe piger.

23 Tu Virgo turmas densa caligine fallis.

Vertunt in socium quilibet arma suum

25 Mutua (quis credat?) caesos caesoribus aequant

vulnera: prostratos caespes et unus habet.

27 Obstupuit populus, spe non fallente salutem

qui prece qui votis non fuit ense potens

29 Gratus et hic posuit parti tibi Nominis Aedem

Defensoris herae signiferaeque Ducis.

31 Ergo Dei nutu tellus mihi contigit ista.

Hic defensor enim dum premit hostis ades.

33 O mea Lux, o vita: cui haec monimenta relinquo,

carmina, si possem, Vergiliana darem.

35 Sis pia, sis clemens, Regina parensque; viator

Te duce fretus eram: iam redeo, esto redux.

37 Cetera quae nosti, quae mens aegerrima sevit

in laudes facies surgere Virgo tuas.

39 Tandem casta vale et qui me fovere Coloni

sint procul a cunctis te rutilante malis.

41 Amen!

Frater Antoninus Primisliensis, Ruthenopolonus dominicanus

[…] Matri Gratiarum obtulit. MDCVII in Aprili.

 

Se ne va il nono mese durante il quale già, Vergine, ti lascerò;

non te, ma quel luogo che i voti ti hanno dedicato.

Accetta i versi che le forze di un animo riconoscente ti

dedicano, perché qui, all’addolorato, proprio tu hai sciolto

i gravi lamenti. Qui buone nuove giunsero dai campi sarmatici;

qui, all’oppresso, togli le pene e qui le alleggerisci,

dal momento che a tutti offri le viscere e il seno materni

affinché si avvicinino, quando piace, senza timore. Così la

gente ti onora su tutta la terra, così ti celebra chi è stato

salvato, così ti canta con la sua bocca il devoto, e in te

colloca la sua speranza l’esule non affranto che, protetto

da te suo scudo, ha un cuore di ferro. Così insegna questo

luogo di onori che il popolo ti fece e la casa che eresse fra

i campi in tuo nome. E sei dipinta, potente di spada, mentre

dispieghi il vessillo del trionfo e di qui, a tua gloria, risuonano

mirabili battaglie, battaglie che bellicosa hai sostenuto

per chi stava per soccombere, mentre chiede aiuto, con la

popolazione supplicante, a te. Infatti il depredatore aveva

assalito la misera (popolazione) con due schiere da una

parte e dall’altra: quale possibilità di rifugio? Il freddo era

duro nei campi e la forza del sole non era tanta da rendere

di nuovo vaporanti i monti, pigro nel suo giro. Tu, Vergine,

le torme con una densa caligine inganni. Volgono ognuno

contro il proprio compagno le armi, le reciproche ferite (chi

lo crederebbe?) uguagliano i feriti ai feritori: e un’unica sola

zolla custodisce gli abbattuti. Rimase attonito il popolo, che

con la preghiera, con i voti non era stato potente di spada,

riconoscente per la speranza non ingannevole di salvezza

e qui pose il tempio del nome per te generato, di Signora

della Difesa e Guida vessillifera. Dunque per volere di Dio

mi è toccata in sorte questa terra. Perché qui come difesa,

mentre incalza il nemico, sei presente. O mia luce, o vita: a

te, a cui lascio questa commemorazione, dedicherei, se potessi,

carmi degni di Virgilio. Sii pietosa, sii clemente, Regina

e madre; ero viandante, fidandomi di te come guida; ormai

ritorno, sii colei che fa tornare. Le altre cose che sai, che

(il mio) l’animo molto sofferente ha seminato [= composto],

farai che si levino, Vergine, a tua lode. Infine salve, casta,

e quegli abitanti che mi circondarono di premure stiano

lontani, grazie al tuo splendore, da tutti i mali.

Amen!

Frate Antonino da Premysl, domenicano della regione di

Rutenia… dedicò alla Madre delle Grazie, aprile 1607.