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GIORGIO SOAVI E CORTINA

Roberto Pappacena

01/01/2009
Scomparso da poco dalla scena della vita, sarebbe un errore dimenticare il suo profondo rapporto d'amore con Cortina. Quando Renato Zanolli pensò di pubblicare, nel giugno 1977, il suo affascinante volumetto: «Storia e storie - Guida di Cortina d'Ampezzo», si rivolse a Giorgio Soavi interrogandolo sul tema: «In vacanza a Cortina». E lui gli rilasciò le seguenti dichiarazioni di cui Cortina non può che essere fiera e felice: «Non sono specialista in quasi niente e meno che mai in Cortina. Però ci vengo, ininterrottamente, estate inverno primavera e autunno da ventisei anni. Cercherò di esporre le ragioni di questo attaccamento o monomania. E poiché tutte le manie elette hanno un senso e una dignità potrei, potremmo dire che a Cortina intravvedo radici più resistenti che altrove alla mia necessità di averne.
Se faccio un passo ho bisogno, proprio bisogno fisico, di confrontare vita e morte e miracoli.
Cortina mi offre alcune di queste nobili radici. Intanto è bella, anzi stupenda e il suo ideale o logico crinale geografico sta tra Venezia e il Veneto prediletti, e un non lontano promontorio sul quale riposa l'Austria. Se Venezia è l'inizio di un riverbero orientale in casa nostra, l'Austria mi conforta con un certo ordine generale di colore bianco che tuttavia, per riferirmi soltanto alla pittura, ha anche prodotto ingegni scatenati come quelli di Klimt e Schiele. Se per il nostro magazzino mentale è importante aver fatto delle buone vacanze infantili, è ancora meglio sapere di avere sottomano, o intravvederne, la continuità. Cortina ha saputo e voluto conservare molti dei piaceri che sono sempre stati intimamente legati all'idea di vacanza e che oggi sono perduti, poderosamente calati di tono o cambiati, perlomeno in quelle zone dove siedono, su sedie di acciaio, i potenti industriali delle vacanza organizzate. Mirabili! gridano coloro che ci vanno. Io invece apprezzo gli Ampezzani che hanno adoperato il loro potere, il potere del loro gruppo, inteso a non snaturare il senso di una valle e di una comunità che si è data, da sempre, delle regole di vita e di stile. E sono queste regole che mi fanno preferire un certo tipo di vita». Queste considerazioni di Giorgio Soavi, espresse nel lontano 1977, mi sbalordirono allora, e continuano a sbalordirmi oggi. Egli intanto capì subito un concetto cui sono rimasto sempre fedele: quello di
«identità di frontiera», caratteristico e palese soprattutto nelle espressioni artistiche di Cortina.
L'ammirazione, poi, per una «comunità che si è data, da sempre, delle regole di vita e di stile», l'ho sempre avuta anch'io e mi ha indotto a considerare Cortina la mia seconda patria. Se Soavi fosse ancora vivo, correrei da lui per abbracciarlo, congratulandomi per la verità delle sue parole.
Non senza, però, una segreta preoccupazione: quella che a Cortina appaiano «sedie di acciaio» in omaggio a una logica di profitto, ad appannare il suo volto aperto e sorridente, di costruttiva schiettezza e di coerenza morale.