Per il bosco d'Ampezo
    

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Per il bosco d'Ampezo

Lettere al giornale

01/04/2012
Un articolo "Centrali biomasse: non c'è materiale per la costruzione" a firma Edoardo Pompanin, apparso sul numero 94 di "Voci di Cortina" mi ha lasciato perplesso.
Alla conclusione accennata dal titolo arrivano tre eminenti personaggi, più un quarto presente con una relazione, che escludono categoricamente che a Cortina ci sia materiale per una centrale di teleriscaldamento a biomassa (legno). Non viene chiarito cosa si voglia riscaldare: gli edifici comunali, le scuole, gli alberghi del centro, la futura piscina o tutte le abitazioni di Cortina; viene citato un valore di 220 kW/ora che non mi dice molto (forse è la potenzialità dell'impianto di Dobbiaco/Sesto di Pusteria che non solo riscalda i due paesi in maniera praticamente integrale, ma si è messo anche a produrre energia elettrica per un valore doppio a quello del teleriscaldamento, visto che poteva disporre biomassa a sufficienza).

Tutto ciò per un Comune molto grande (è il secondo comune più esteso del Veneto) e molto boscato; condizioni che dovrebbero essere ottimali per la presenza di un impianto a biomassa. Non si capisce come tanti comuni con condizioni molto meno ricche di biomassa si siano dotati di impianti del genere, eppure in Alto Adige vi sono attualmente 66 impianti di teleriscaldamento a biomassa di medio-grande taglia (fonte Ufficio del risparmio energetico BZ), favoriti sicuramente da un contributo provinciale del 30%, importante ma non abbastanza per far sorgere un qualche cosa che non abbia i presupposti operativi. Leggendo i bollettini CIPRA, che si occupano delle Alpi nei suoi vari Stati, gli impianti di teleriscaldamento vengono considerati come una normalità comunale o quantomeno in un obiettivo assolutamente da raggiungere. Per quanto riguarda Cortina, viene sbandierata una statistica relativa al legname estratto per far fronte al fabbisogno in legna da ardere delle famiglie. I valori annuali ovviamente tendono a bilanciarsi (si estrae quanto serve, poco meno o poco più). La statistica viene presentata come per dimostrare che non c'è spazio per ulteriori prelievi a questo titolo, a me pare solo che non vi sia un'ulteriore richiesta; inoltre il dato legna da ardere è (solo?) il 20% del totale ricavato dai boschi. Per quanto riguarda l'impianto di Dobbiaco si fa notare che il 90% della biomassa proviene da segherie e falegnamerie della Pusteria italiana ed austriaca, solo il 10% dai contadini (bosco). Ma ad un paio di chilometri dall'impianto di Dobbiaco la strada della Pusteria passa accanto alla centrale di teleriscaldamento di Villabassa ed al suo deposito di biomassa che sembra composto al 100% da tronchi e rami d'albero. In una stazione sciistica dolomitica il promotore di un impianto di teleriscaldamento (per le strutture degli impianti di risalita e di tutti gli alberghi della stazione sciistica) mi spiegava come era più semplice e rassicurante avere, se possibile, una fornitura da una struttura industriale rispetto a quella incerta di una pluralità di contadini. A Cortina, oltre al fattore positivo delle dimensioni, vi è l'estrema semplificazione che tutto il bosco è in due mani: Regole e Comune.

A questo punto mi sembra che ci sia qualche cosa che non quadra; forse l'argomento centrale a biomassa a Cortina sembra solo essere una complicazione o scocciatura che non si ha voglia di affrontare. Vorrei sullo stesso argomento affrontare il problema partendo da una angolatura diversa, anche se non ho titoli accademici ed una preparazione specialistica: mi piace il bosco e lo vorrei sempre migliore, se possibile. Il bosco, a differenza della foresta, è un prodotto umano, ed in Ampezzo vi è un bel bosco. Lo dobbiamo a chi ci ha preceduti nella valle e che veniva definito come un essere agro-silvo-pastorale, stirpe in via di estinzione, purtroppo senza prevedibili inversioni di tendenza. Lasciata a se stessa la foresta è squallida e povera: esiste un esempio lampante di ciò nel Parco Nazionale Svizzero (centrato sul passo del Fuorn in Engadina), l'unico spazio in tutte le Alpi in cui si vuole lasciare la Natura libera di svilupparsi senza interventi umani. Il contadino curava e puliva il bosco, traendone legna da ardere e migliorandone le capacità produttive; un risultato è il bel bosco d'Ampezzo. Le Regole fanno molto ma non certo quello che faceva il contadino. Il risultato più evidente è che transitando nel bosco, al di fuori dei tracciati più prettamente turistici, si ha la sensazione di trovarsi in una discarica, prevalentemente di biomassa (ramaglie, piante schiantate, …) ma sempre discarica e/o abbandono. Non si arriverà allo squallore del Parco Nazionale Svizzero, ma la tendenza estrema è in quella direzione. Un'opera di giardinaggio su migliaia di ettari è impensabile; ritengo che occorra un nuovo equilibrio che permetta un risultato valido e costante nel tempo. Il bosco è un bene valido a livello ambientale, salutistico, turistico (se transitabile ancor meglio), economico (se curato rende di più); in più è un valore sociale: vogliamo lasciare un bel bosco alle prossime generazioni, visto che lo abbiamo ricevuto da quelle precedenti? Più che un obbiettivo mi sembra un obbligo. La mia proposta è nella direzione di una squadra, dotata degli strumenti idonei, stagionale (con stagione complementare a quella della gestione degli impianti di risalita sciistici) che intervenga nel miglioramento del bosco (circa quanto faceva il contadino) passando sulle singole particelle boschive ogni tot anni: un'operazione di pulizia/migliorativa che in maggior parte consisterebbe nell'estrarre biomassa (schianti, rami maggiori caduti, piante non utili o dannose al bosco produttivo, rimasugli di tagli di alberi ossia ramaglie abbandonate, …) e trattando le pezzature minori sul posto con cippatrici carrellabili in modo da compattare i trasporti a valle. L'obiettivo economico è procurarsi
cippato per uno o più impianti a biomassa (Bressanone e dintorni sono serviti da un anello di cinque/
sei impianti medi). Sul costo e sulla resa di tale operazione, da semplice lettore non sono in grado di operare una quantificazione, ma non credo di essere nell'irrealtà più totale. Inoltre vi è da prendere in considerazione anche qualche cosa che vada oltre al puro e semplice conto elementare.

Sui certificati verdi non ho nessuna esperienza ma forse potrebbero entrare in linea di conto. Gli impianti a biomassa sono dotati di filtri magnetici e ad acqua che abbattono totalmente il particolato; le ceneri sono ridotte al minimo per effetto di una combustione perfetta. Disporre in Cortina di una qualità dell'aria migliorata ha un suo valore salutistico ma anche turistico. Bisogna inoltre considerare che in pianura i camini per stufe a legna devono essere dotati di filtri: per quanto ancora questa normativa non verrà applicata anche in montagna? Ogni fornel un filtro? Nell'articolo citato all'inizio si pone il problema dell'aumento di valore del cippato con il passare degli anni: è più che naturale, ma non è certo comparabile all'aumento del gasolio o del gas metano. Nel legname, specie se considerato come legna da ardere, basta uno stratempo sul Centroesteuropa che spiani alcune foreste per deprimere le quotazioni; non sono eventi eccezionali ma ciclici che tengono basse le quotazioni; come piuttosto depresse mi risultano negli ultimi decenni le quotazioni del "legname da opera", senza prevedibili inversioni di tendenza. Il petrolio a 200 dollari al barile è uno scenario del futuro prossimo, sarebbe il caso di puntare sulle risorse di proprietà, in più a chilometri zero, o quantomeno prepararsi a tali scenari. Investitori inglesi stanno comprando foreste in Africa vicine alla costa, per imbarcare il legno su navi e portarlo a centrali a biomassa sulle coste inglesi per ricavarne energia.

Giorgio Marchelli