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ABBIAMO SUPERATO ANCHE NOI CON BERGAMI IL «35 NOVEMBRE»?

Roberto Pappacena

01/02/2009

In questi giorni di intense nevicate, è stato per me istintivo l'impulso di una rilettura di «Il 35 novembre», singolare volumetto del notissimo medico bolognese Pierluigi Bergami che ha trovato in Cortina d'Ampezzo la sua seconda patria. Grande è la suggestione esercitata sulla mia fantasia da questo «giorno senza tempo, in cui, durante un'interminabile tempesta di neve, viene interrotta la strada nazionale n. 51 di Alemagna da una enorme frana di ghiaccio e di terra, all'altezza del km 100 in località Acquabona». Questo avvenimento irreparabile e definitivo si risolve, nella fantasia di Bergami, in una stupenda e provvidenziale liberazione della conca ampezzana che, «isolata dal mondo e libera, vivrà allora, chiusa dalle sue montagne e dai suoi boschi, la sua storia infinita:

splendida e meravigliosa.» Avrà inizio così «il distacco dalla realtà cruda di un mondo inutile e assurdo, con cui la valle non ha più niente in comune, né da dividere: è l'immortalità». «Quel mondo

- precisa l'Autore - chiuso dalla slavina, può, nell'incanto della poesia, restare aperto per tutti i suoi abitanti a tutto ciò che di bello e di fantastico essa offre; lontane e rabbiose, rimangono, oltre la valle, le miserie degli uomini che non sanno o non vogliono capire i poeti, sentire il vento della sera, gioire ai colori del giorno, nel riflesso dei ruscelli felici, delle montagne imponenti, dei boschi a distesa… Restano lontano gli ipocriti, gli arrivisti, gli adoratori del denaro e del potere, i duri nell'anima, gli insensibili: quella strada che porta al paese è per essi chiusa per sempre, perché non è segnata nei loro cuori aridi».

Pierluigi Bergami ha colto qui senza dubbio un motivo profondo e affascinante di riflessione: l'evento immaginario evocato dalla sua fantasia («il bianco della neve aveva ricoperto ogni cosa: nel silenzio della sera, gli uomini e le macchine si erano dissolti nell'oscuro») risponde in realtà ad una esigenza spirituale di purezza e di libertà interiore che la logica del profitto mortifica e uccide implacabilmente.

In questo mondo nuovo creato dalla fantasia, ha inizio una splendida «storia d'amore, scritta per un sorriso dolce sul viso bello che si chiama Lil'… per creare nella gioia una valle incantata in cui la realtà fosse distorta, cambiata, trasformata in un sogno d'amore senza tempo e senza fine». Una storia, questa, che incatena il lettore e via via lo solleva in una visione intensamente spirituale della realtà, in cui si accampano a grado a grado per dominare infine vittoriose, le immagini di Maria e di Gesù, espressioni di un Amore più grande che richiama «la bella mamma d'oro della nostra infanzia, che portiamo nel cuore fin da piccoli, che ci aiuta nel cammino, che ci rialza quando cadiamo, che asciuga le nostre lacrime, che sorride al nostro sorriso».

Per avere una visione chiara ed esauriente della produzione letteraria di Pierluigi Bergami, occorrerebbe leggere per intero il «trittico» degli anni 2000: «Il 35 novembre», oggetto della nostra breve recensione; «Lune di carta - Trent'anni dopo o quasi» e «Vinum non habent», apparso anche in «Edizione Ladina» nel 2007.

Vale, comunque, per tutti quanto l'Autore afferma a chiusura di «Vinum non habent»: «Questo libro non finisce qui, perché continua nei vostri cuori…».