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ACQUEDOTTI PUBBLICI: LO STATO APRE ALLE PRIVATIZZAZIONI

Stefano Lorenzi

14/03/2012
Lo Stato vuole privatizzare l'acqua. O meglio: a quanto ne dice il governo, l'Italia è obbligata a rispettare alcune volontà dell'Unione Europea sulla concorrenza nella gestione di servizi pubblici. Nel nostro Paese la gestione dei servizi essenziali, e dell'acqua in particolare, è stata in buona parte di competenza di enti pubblici, che assicuravano la distribuzione a tutte le utenze domestiche e industriali.
Nella nostra montagna, prima degli enti pubblici esistevano i consorzi e le vicinie, soggetti di natura privata nati dall'aggregazione dei cittadini di una determinata frazione o di gruppi di villaggi, che costruirono e mantennero gli acquedotti anche in tempi in cui lo stato non garantiva questo tipo di servizio. In Ampezzo sono ancora attivi e ben funzionanti gli acquedotti consortili di Azzon, Zuel, Campo-Salieto e Cojana. Già dal 1994 lo Stato intervenne per un primo riordino dell'acqua sul territorio, accorpando la gestione delle acque in aree molto ampie, i cosiddetti AATO (Ambiti Territoriali Ottimali).
L'acqua del Bellunese fu accorpata nell'unico AATO «Alto Veneto», e la gestione degli acquedotti venne affidata dal 2004 a un unico soggetto che lavorava per tutti. I Comuni della Provincia erano già riuniti nel Consorzio BIM Piave, che rappresentava 67 dei 69 Comuni del Bellunese e gestiva fin dagli anni '50 i sovracanoni derivanti dall'uso idroelettrico delle acque provinciali, ripartendoli fra i diversi Comuni.
Da una costola del BIM Piave sono nati così il BIM Infrastrutture e la GSP (Gestione Servizi Pubblici), i cui soci sono i medesimi Comuni associati nel BIM Piave:
questi nuovi soggetti, società per azioni a capitale pubblico, hanno perciò iniziato la gestione accorpata degli acquedotti in tutta la provincia, la prima per la gestione delle reti e delle infrastrutture, la seconda per la distribuzione dell'acqua e del gas, cominciando a interagire con i singoli cittadini utenti. Alcune realtà che vantavano una certa efficienza nella gestione degli acquedotti, tipo Cortina, si videro sfilare da sotto il naso un'attività svolta già da molti decenni, con il dubbio se le cose sarebbero migliorate o peggiorate. Ci furono i favorevoli e i contrari, ma all'epoca la posizione di Cortina rimase abbastanza tiepida sulla questione: d'altra parte il passaggio delle acque ad un ambito provinciale era un obbligo di legge, e così fu fatto. Maggiore opposizione venne invece dai consorzi privati, che riuscirono a ottenere una deroga alla norma, nel senso che fino alla scadenza delle loro concessioni trentennali, avrebbero potuto continuare la gestione dell'acqua senza doverla consegnare ad altri. Digerito in qualche modo il boccone, il BIM ha gradualmente acquisito esperienza nella gestione, e i temuti rincari sulle bollette sono rimasti abbastanza contenuti. Ora lo Stato decide importanti novità, attraverso il decreto legge
n. 135 del 25 settembre scorso (noto come Decreto Ronchi), che introduce l'obbligo - su tutto il territorio nazionale - di affidare alcune tipologie di servizio pubblico a società private, in concorrenza fra loro. Secondo il Governo, il testo rappresenta un semplice adeguamento della legge italiana alla disciplina comunitaria, tanto che stava passando in sordina all'interno di un articoletto del decreto, assieme ad altre norme riguardanti le imposte sugli oli lubrificanti e il recupero di auto dismesse... Il decreto è stato in seguito approvato dalla Camera e dal Senato, ed è quindi divenuto legge della Repubblica lo scorso 20 novembre (Legge 20.11.2009 n. 166). Secondo la legge, dunque, gli affidamenti diretti alle società a totale capitale pubblico (in house) potranno realizzarsi soltanto in via eccezionale e dietro parere preventivo dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. In parole povere: o la società che gestisce l'acqua ha al suo interno un capitale privato di almeno il 40%, oppure non può lavorare, salvo in casi particolari che non sono ancora stati chiariti. I contratti per le gestioni in corso scadono tutti entro il 31 dicembre 2011, dopodiché si apriranno le gare ai privati. È evidente come la gestione delle acque a livello nazionale possa diventare un business importante, e come questo nuovo mercato faccia gola a molti. A livello locale, però, da una parte all'altra d'Italia ci sono state moltissime contestazioni, anche in ragione del fatto che l'acqua è un bene essenziale e non se ne dovrebbe fare mercato: il dubbio che le società private siano più interessate agli utili che all'efficienza del servizio è legittimo, fermo restando il fatto che in molte parti del Paese la gestione pubblica degli acquedotti è stata assai inefficiente.
Beninteso: l'acqua rimane un bene pubblico in capo allo Stato, ma di fatto ne viene trasferita la gestione al miglior offerente. Anziché investire nel miglioramento del servizio pubblico l'Italia deve (o preferisce) privatizzare, tanto alla fine pagano comunque i cittadini!
E da noi cosa succede?
Emilia Tosi, responsabile dell'Ufficio LL.PP. del comune di Cortina, ricorda che il Bellunese, come molte delle realtà della montagna italiana, presenta caratteristiche geografiche e culturali che rendono molto difficile l'affidamento dell'intera rete idrica a una grossa azienda privata nazionale o internazionale, scelta che porterebbe probabilmente a un peggioramento del servizio: gli interessi di una multinazionale non sono certo quelli del territorio, e una realtà in cui il territorio è difficile e gli abitanti pochi, risulterebbe marginale e svantaggiata rispetto ad altre. Dello stesso parere è Franco Roccon, presidente della GSP, che ricorda le difficoltà nell'operare in montagna: la BIM ha in corso un investimento di 172 milioni di euro per la messa a punto e l'adeguamento delle reti idriche sul territorio bellunese, ripartiti in vent'anni, con maggiori attività nel primo decennio e un po' meno consistenti nel secondo. È già difficile per una società pubblica lavorare mantenendo le tariffe contenute, ma ci riesce anche grazie al sostegno delle banche. Una società privata, secondo Roccon, non sarebbe competitiva in tal senso, e per far quadrare il bilancio interverrebbe senz'altro sulle bollette degli utenti. In ogni caso, precisa Roccon, è improbabile che un privato abbia interesse alla nostra rete, in quanto è molto impegnativa nei costi e abbastanza limitata nel numero di utenze rispetto alle realtà di pianura.
Per questo motivo il BIM sta lavorando con l'AATO per richiedere all'Autorità dei Servizi Pubblici il riconoscimento di una specificità dell'ambito montano bellunese, e cercando perciò di ottenere una speciale deroga alla privatizzazione come prevede il Decreto Ronchi. Se la domanda andrà a buon fine, BIM e GSP continueranno a lavorare come oggi e non ci sarà privatizzazione delle nostre acque.
Il possibile ingresso di privati, non solo come portatore di capitali ma anche come gestione operativa, preoccupa naturalmente la GSP e i Comuni ad essa associati, tanto che la società sta lavorando a una delibera di tutte le giunte comunali a sostegno alla richiesta di specificità.
Dubbi e domande
Gli enti locali sostengono quindi lo status quo, motivando un interesse pubblico prevalente nelle gestione di un bene essenziale come l'acqua. D'altra parte, però, osserviamo che sia il BIM, sia la GSP sono composti dagli stessi Comuni, che si trovano a svolgere un doppio ruolo di committenti e di fornitori di servizi a favore delle collettività che essi rappresentano. BIM e GSP sono peraltro emanazioni politiche degli stessi comuni, e sono infatti amministrate da sindaci o assessori dei Comuni associati.
Il cittadino non può più lamentarsi con il suo Comune per un'eventuale inefficienza, ma deve rivolgersi al BIM o alla GSP, senza peraltro poter avere il sostegno del suo Comune, in quanto parte interessata nella gestione di un servizio che il comune stesso ha ceduto ad un altro soggetto. Che confusione! Per quanto possa apparire rassicurante che l'acqua non sia caduta in mani private ma che i Comuni ne detengano in qualche modo il controllo, in realtà non è così: la situazione nella nostra provincia, oggi, è abbastanza ibrida. Se poi guardiamo ai costi di gestione delle reti, questi non sono chiari, in quanto la promiscuità di servizi all'interno di bilanci pubblici - talvolta «spalmati» su capitoli di spesa diversi - non garantisce la trasparenza che un regolare contratto di appalto potrebbe assicurare. A Cortina, tanto per fare un esempio, parte del servizio sul territorio viene svolto dal personale del Comune, che fattura poi alla GSP i servizi resi. Il costo finale del servizio è quindi maggiore che in precedenza, quando il Comune svolgeva il lavoro in proprio. Anche se questo forse non ricade sulle bollette, resta un'incertezza nei ruoli dei vari soggetti in campo: chi gestisce di fatto? Chi è il committente e chi è il controllore del servizio svolto? È in grado il Comune di verificare l'efficacia della gestione di BIM e GSP? Il passaggio della gestione delle acque ad un'azienda privata può allora portare a un maggiore controllo sul lavoro svolto, sempre che i contratti di appalto vengano scritti con le necessarie tutele del consumatore finale, e che l'AATO possa esercitare le verifiche sui lavori e sul rispetto delle tariffe applicate. Da un punto di vista di ruoli e di «trasparenza» nei confronti del cittadino, la concorrenza e la gestione privatizzata può quindi essere un miglioramento, ma dall'altro rimane il dubbio sull'impegno economico che un privato riesce ad assumere nella gestione degli acquedotti di montagna senza ricorrere al rincaro delle bollette. Pubblico o privato, dunque? Quali vantaggi? La questione rimane aperta...

Cos'è la GSP?
Bim Gestione Servizi Pubblici S.p.A. è la società che gestisce in provincia di Belluno il servizio idrico integrato (acquedotto, fognatura e depurazione) e la distribuzione del gas metano. È una società partecipata al 100% dai Comuni bellunesi. Soci, infatti, sono 67 comuni bellunesi sui 69 dell'intera provincia di Belluno (esclusi Arsié e Lamon). Nata nel 2002 dalla trasformazione e scissione dell'allora Consorzio Azienda BIM Piave di Belluno, dal 2003 opera per garantire il servizio di distribuzione del gas metano e dal 2004 gestisce il servizio idrico integrato nell'Ambito Territoriale Ottimale «Alto Veneto» (66 Comuni della provincia di Belluno, fatta eccezione per Alano di Piave, Quero e Vas). L'attuale Consiglio di Amministrazione è così composto: Presidente Franco Roccon (Sindaco di Castellavazzo), Consiglieri Sandro De Marchi (Assessore comunale di Borca di Cadore), Giuseppe Pezzè (Consigliere comunale di Alleghe), Loris Scopel e Mario Tremonti.
Cos'è il BIM?
BIM Belluno Infrastrutture S.p.A. è una società partecipata al 100% dai comuni bellunesi. Sono soci 67 Comuni bellunesi sui 69 dell'intera provincia di Belluno (esclusi Arsiè e Lamon). Nata il 16 dicembre 2002 dalla trasformazione e scissione dell'allora Consorzio Azienda BIM Piave di Belluno, dal 1° gennaio 2003 opera in provincia di Belluno per garantire lo sviluppo della metanizzazione, progettando e realizzando infrastrutture (reti ed impianti) per garantire il vettoriamento del gas naturale. Il BIM si occupa perciò di realizzare le infrastrutture, la GSP di mantenerle in funzione e garantire agli utenti l'utilizzo del gas e dell'acqua. Il Consiglio di Amministrazione è così composto: Presidente Bruno
Zanolla (Vicesindaco di Quero), Consiglieri Bruno Bulf (Consigliere comunale di Taibon Agordino), Guido Calvani (ex-Sindaco di Vodo di Cadore), Rizieri Ongaro (Vicesindaco di Cencenighe Agordino) e Silvano Pontil Scala (Sindaco di S. Pietro di Cadore).
Come lavorano da noi BIM e GSP?
Secondo l'assessore ai lavori pubblici del comune di Cortina, Etienne Majoni, il servizio acquedotti svolto dalla GSP è soddisfacente: dopo un avvio incerto, il nuovo gestore ha acquisito una certa capacità di relazionarsi con il territorio, migliorando il servizio. Molto del lavoro svolto non viene però percepito dal cittadino, essendo letteralmente «sotto terra», quindi non visibile dalle persone: sistemazione delle condotte, separazione delle reti di acque bianche da quelle fognarie, secondo Majoni molto è stato fatto in questi anni. Nonostante le perplessità e le riserve iniziali sul passaggio della gestione dal Comune alla GSP, l'assessore ampezzano osserva che Cortina non può lamentarsi del servizio finora svolto, per quanto rimanga ancora margine per migliorare: un aspetto senz'altro da correggere è la più regolare periodicità della fatturazione dei consumi, per evitare di ricevere bollette cumulative per i consumi di più anni assieme. «Le necessità del territorio vengono comunque ascoltate»: per esempio, Majoni spiega che la GSP ha accolto le richieste di Cortina per la metanizzazione dell'abitato di Pecol, dopo che nel villaggio erano state raccolte molte firme a sostegno dell'estensione della rete del metano anche là. Il numero limitato di utenze (circa un centinaio), non era considerato dal GSP economico per affrontare l'investimento, così si è ottenuta dal consorzio BIM la copertura delle spese fuori budget e i lavori saranno eseguiti. Una delle difficoltà che incontra Cortina nel settore delle reti idriche - peraltro nota - è la variabilità della domanda di acqua nel corso dell'anno:
dai periodi di fuori stagione in cui vengono serviti solo i residenti, ai periodi di Natale o agosto quando la domanda è moltiplicata di 8-10 volte tanto. Naturalmente la rete deve poter sostenere questo carico, ed essere perciò dimensionata e mantenuta per il carico massimo, anche se viene poi sfruttato per pochi giorni all'anno.