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Calo demografico, cosa vogliamo?

Lettere al giornale

05/03/2019

Calo demografico? E’ importante che ci si renda conto che è un problema, ma sarebbe altrettanto importante, da parte di chi ha in mano la cosa pubblica, riflettere un po’ sulle cause, prima di sparare soluzioni fuori bersaglio. Ci provo, da modesto cittadino a cui piacerebbe che questa comunità avesse un futuro.

Tre premesse:
    • dai dati pubblicati sulla stampa locale si evince che nel 1975 nascevano 12,2 bambini ogni 1.000 abitanti; la quota si è ridotta a 5,9 nel 2018, quindi meno della metà;
    • Il numero dei residenti di oggi comprende anche proprietari di seconde case che vivono qui solo per brevissimi periodi e quindi non fanno parte della comunità (qualcuno dice 1.000 circa; sarebbe interessante che il Comune fornisse un dato corretto);
    • Ogni mattina molte centinaia di pendolari vengono a Cortina per lavorare, inoltre più della metà della comunità è composta da persone stabilitesi qui nel passato (immigrati) per costruirsi un avvenire, perché l’offerta qui era crescente, i locali non erano in numero sufficiente, o semplicemente facevano altro.


Mi sembra di capire, dunque, che il problema esiste non  perché i giovani fuggono in cerca di lavoro, ma per la riduzione delle nascite. Le cause quindi sono totalmente diverse da quelle che provocano il fenomeno in tutta la montagna italiana, Sudtirolo escluso, che è in testa in Italia per tasso di natalità. Se nel resto della provincia la denatalità ha cause legate alla mancanza di opportunità, quindi di reddito, qui la situazione è diversa, forse contraria.

La causa di tutto è, secondo me, sociale e valoriale: abbiamo benessere diffuso, per molti parte del reddito deriva da fonti diverse dal lavoro (affitto di alloggi, vendite), i nostri ragazzi danno per scontati svaghi, come lo sci, che altrove, anche molto vicino a noi, sono impensabili per i costi; troppi conducono un tenore di vita alto, al di sopra delle proprie possibilità, supportato da vendite di immobili; il turismo, come diceva Mauro Corona quando era Mauro Corona, “è un’industria ad alto impatto ambientale”, che porta sì denaro, ma anche forte inquinamento, non per colpa sua, ma nostra, che in esso vediamo più ciò che appare e attrae, piuttosto che il buono che c’è nell’incontro con altri.

I giovani che se ne vanno non sono tanti, sono quelli che studiano e hanno obiettivi di realizzazione personale diversi da quelli che un piccolo paese di montagna può offrire, ed è normale. Il mondo è cambiato (ce ne siamo accorti?), molti giovani studiano, anche all’estero, ed è ovvio che a loro Cortina sembri troppo stretta; la buona qualità della vita e un ambiente unico non bastano a vent’anni. Se nascessero tanti bambini, comunque una parte di essi, ad un certo punto, se ne andrebbe.

Il nocciolo della questione, credo, è la famiglia, che è oggettivamente in crisi, dovunque, ma forse qui di più. Ci si sposa sempre meno, non si comprende più il valore dell’impegno, né quello di mettere al mondo dei figli, di essere attivi per lasciare loro un mondo migliore; non si percepiscono la gioia ed il senso che “tirare su” un figlio danno, si vedono maggiormente le rinunce ed i sacrifici e le ansie e le preoccupazioni che ciò comporta: meno tempo per se stessi, vacanze a misura di bambino, auto che invecchia, stress per le malattie e la scuola, fine dell’indipendenza. Insomma, si preferisce “godersi la vita”. La responsabilità non è dei giovani, è nostra, che non siamo riusciti a trasmettere loro una priorità di valori, che offriamo loro una Cortina dove siamo circondati da case vuote (70%), dove ai bambini pensiamo davvero poco.

E allora, come stupirsi? E, soprattutto, cosa fare? Le soluzioni non sono a breve semplici, dobbiamo nuotare controcorrente, singoli, istituzioni per far riemergere nuovamente, nella vita dei nostri figli, quello che conta, cioè dare un senso vero alla vita, che non è fatta di oggetti o vacanze, ma di persone, relazioni ed identità. Noi adulti abbiamo o avremmo il dovere di essere meno passivi, di capire che formazione dare ai nostri figli, di reagire di fronte a fatti e tendenze che non ci sembrano corrette.

Compito dell’amministrazione è occuparsi della famiglia, per quello che le compete: sì le case (non i container dell’ipotetico villaggio olimpico, per carità), ma anche sostanziosi contributi ad asili e doposcuola, parchi giochi, luoghi di aggregazione per i più grandi (sport, ma non solo sci e cultura), contributi economici veri per le nuove nascite alle famiglie con redditi più bassi.

Bisogna che le mamme, se lo desiderano, possano lavorare; la maternità per le aziende è un problema, si sa, e qui entra in campo la politica, quindi tutti noi. La regione in cui viviamo non si occupa della montagna, se non per i suoi soldi, come qui, o per fini propagandistici. Senza una legge per la montagna la denatalità non potrà che proseguire, i servizi spariranno (scuole e ospedali per chi, se saremo sempre meno?). Ma anche qui siamo passivi, il referendum di anni fa è stato volutamente disatteso dalle nostre amministrazioni, all’inseguimento di eventi dai dubbi risultati; una autonomia per la provincia è reclamata da pochi; ogni tanto si fanno dibattiti e convegni che lasciano il tempo che trovano….. e avanti con pedemontana, Mose, prosecco…..ma noi: silenzio.

Penso che se volessimo, avremmo una grande forza, dovuta alla nostra grande visibilità. Dipende da noi, dal nostro impegno, dalla nostra voglia di fare e confrontarci con questa politica distratta: lo vogliamo?

Quindi: la responsabilità è nostra e solo nostra. L’alternativa è diventare un villaggio turistico, buono solo per le vacanze dei “sciore”, dove i pochi residenti vivranno di rendite e i servizi ai turisti saranno dati da immigrati di vario tipo; gli esempi non mancano: Courchevel, Portofino, Lech am Arlberg, etc.

È una scelta.

Renzo Stefani