Fra gli avvenimenti che caratterizzano la storia di Cortina d'Ampezzo uno spazio a sé merita la partecipazione al Risorgimento italiano dei tre fratelli Ghedina: Giuseppe e Luigi, pittori, Angelo, stimatissimo funzionario del Comune.
Si tratta di vicende che hanno le caratteristiche del romanticismo, per quanto contradditorio, oltre che della coerenza storica e sociale, e peraltro difficili da ricostruire perché vissute da sudditi della monarchia austriaca, seppure temporaneamente assenti da Ampezzo loro patria. Infatti nel 1848, allo scoppio della rivoluzione che un poeta francese definì "la primavera dei popoli", essi si trovavano a Venezia dove i primi due, Giuseppe di 23 anni e Luigi di 19 anni, frequentavano l'Accademia delle Belle Arti. S'ignorano le ragioni della presenza occasionale a Venezia di Angelo, che di anni ne aveva esattamente 20. Non consta che vi fosse iscritto. Sicuramente la loro pienamente convinta adesione alla rivolta, presto saputa a Cortina, mise in seria difficoltà tutta la vasta famiglia da cui provenivano, i Tomash de sora (di sopra, inteso come località), per distinguerla dai Tomash de sote (di sotto), entrambe fra le più in vista del paese. Senza dimenticare che il loro genitore Gaetano (1804 1877) Tomash, soprannome venuto da un capostipite Tommaso, rivestiva la carica di sindaco, anzi di capo comune della Magnifica Comunità d'Ampezzo del Tirolo.
Aveva sposato Maria Rosa Dipol (1804-1877), da cui ebbe undici figli: Giuseppe (1825-1896), Serafino (1826-1862), Angelo (1828-1915), Luigi (1829-1900), Maria Teresa (1831-1907), Giuditta Dorotea ( 1832-1870), Pietro (1834-1910), Anna Rachele (1839-1872), Rosa (1841-1912), Cesare (1843-1919), Raffaele (1844-1919). Nei registri della parrocchia risulta di professione oste, essendo proprietario dell'albergo Aquila Nera, il primo che s'incontrava a Cortina, scendendo da nord la strada postale di Alemagna. Anche per questo era frequentato soprattutto dalla clientela di lingua tedesca. Egli possedeva poi lo stabilimento termale sul torrente Costeana, in località Campo di sotto, andato distrutto durante l'alluvione del 1882; lo chalet accanto ai laghi Ghedina, che la famiglia aveva rilevato dai Caldara, mutandone perciò il nome. In più aveva numerosi terreni sparsi un po' ovunque nella conca, con casali agricoli che gli procuravano le derrate alimentari necessarie all'albergo.
Le svariate attività economiche gli lasciavano comunque il tempo per dedicarsi a quelle pubbliche, essendo stato più volte consigliere comunale, assessore e sindaco, ma anche a quelle sportive, come all'associazione prestigiosa e altamente patriottica del Tiro al bersaglio, dove aveva svolto le funzioni di presidente; oppure, essendo cacciatore di camosci e caprioli, della Riserva di caccia d'Ampezzo.
RIVOLTOSI A VENEZIA E A ROMA
Delle vicende eroiche dei Ghedina, Giuseppe e Angelo a Venezia e a Roma, mentre per Luigi soltanto a Venezia, non esistono documenti contestuali che lo certifichino. Inoltre nulla essi hanno lasciato scritto sulla loro militanza. Se mai siano esistiti, diari o documenti sono andati certamente distrutti, prima di mettere nei guai la famiglia che già passava giorni di angoscia mentre essi combattevamo contro le truppe austriache. Nei mesi e anni seguiti alle vicende quarantottesche, anche se l'imperatore aveva concesso due amnistie che dunque coprivano anche il loro sbandamento, gli imperial regi gendarmi di Cortina hanno perquisito più volte l'albergo Aquila Nera e le altre case della famiglia.
Essi hanno sequestrato e distrutto ogni cosa ricordasse quei giorni: prima di tutto le armi, poi le carte, i manifesti ufficiali, la corrispondenza privata, ma anche le divise, le coccarde, le medaglie, ecc. Così è stato tramandato nella famiglia e così risulta altrove nel Veneto. Perciò, oltre alle memorie orali tramandate con cento cautele, per saperne di più occorre rimettersi alla documentazione e alle fonti letterarie abbastanza posteriori. Oggi, naturalmente, anche all'internet, ma Wikipedia contiene affermazioni non suffragate.
La stampa più lontana nel tempo è un articolo a firma Dante Marini, apparso sulla Illustrazione Italiana, 1915, dal titolo "Cortina d'Ampezzo le sue bellezze ed i suoi uomini illustri", che riportiamo.
"Ma quelli che più c'importano sono quei due Ghedina, ambedue di Cortina, che, calati negli anni del nostro risorgimento dalle aspre natie montagne alla colta Venezia, danno il loro cuore a Garibaldi. Io penso col fascino della riverenza a quel giovane diciottenne che, venuto da pochi mesi agli studi a Venezia, sente l'anima eroica di Daniele Manin e durante l'assedio austriaco del '48 s'arruola con Garibaldi e poi lo segue alla difesa di Roma del '49 e in altre campagne: egli è Angelo Ghedina fu Gaetano, tuttora vivente a Cortina, ottantacinquenne".
L'autore che viveva a Trento, dunque lontano da Cortina, non dice se avesse interpellato il vivente Angelo per averne notizie.
È da ritenere di no; giacché lo avrebbe scritto. Perciò l'affermazione dovrebbe essere per "sentito dire". Più convincente è il suo secondo contributo, posteriore di diciassette anni, apparso su Studi Trentini di Scienze storiche del 1932, dal titolo "Bricciche bressanonesi del 1866 - Nella ricorrenza garibaldina". In questo articolo l'autore fa capire di averlo raccolto dalla viva voce dei figli. Lo riportiamo integralmente. "Anche in Ampezzo, si lagna il corrispondente del giornale citato (23 agosto), c'è un numero non indifferente di quelli che aprirebbero le braccia a Garibaldi (nota 1: Bozner Zeitung 9.1.1867).
Non si aveva torto di dubitare del patriottismo degli ampezzani. Tre Ghedina di Cortina d'Ampezzo avevano già nel 11848 combattuto per la causa italiana. Giuseppe Ghedina nato a Cortina il 1 marzo 1825, nel '48 studiava pittura a Venezia e s'arruolò nel corpo del generale Durando e combatté a Cornuda ( Treviso), dov'era sergente maggiore. Dovutosi ritirare quel Corpo su Treviso, vi fu assediato. Il Ghedina nella notte, dopo la capitolazione della città, riuscì a fuggire, riparò a Venezia, indi si arruolò con Garibaldi. Con il generale fece la campagna di Roma, combatté a Velletri, all'assedio di Roma fu a Porta S. Pancrazio. Ebbe la medaglia d'argento. Dopo la resa di Roma si stabilì a Venezia, ove sposò Elisa Del Negro. In questa città esercitò la pittura e vi rimase fino al 1875. Morì a Cortina il 12 maggio 1896.Angelo Ghedina, nato al 18 giugno 1828, studiava pure a Venezia nel '48 dove si arruolò volontario e combatté alla difesa di Venezia durante l'assedio. Si arruolò poi con Garibaldi e partecipò ventunenne, nel '49, alla difesa di Roma. Morì il 17 dicembre 1915. Luigi Ghedina, il fratello più giovane dei precedenti, fu emerito pittore. Nel '48 era pure a Venezia dove studiava a quell'Accademia delle Belle Arti. Prese parte con la legione Bandiera e Moro alla difesa della città assediata dagli austriaci. Nacque il 23 settembre 1829 e morì al 28 maggio 1900. Notizie da me avute dai figli di Giuseppe e d'Angelo Ghedina. Dante Marini. P.S. Vadano vive grazie a … (omissis) e ai signori Ottone, Oreste e Gaetano Ghedina per avermi facilitato nelle ricerche di cui le presenti bricciche".
Le persone che l'autore ringrazia, in post scriptum, Ottone (1876-1961) e Oreste (1879 1946), sono due dei tredici figli di Angelo, sposato in seconde nozze con Anna Demai Belìn; e da Gaetano (1857-1942), figlio di Giuseppe. Questo dà credibilità alla partecipazione dei rispettivi genitori, non solo alla rivolta di Venezia e alla battaglia di Cornuda col generale Durando, ma pure alla campagna di Roma con Garibaldi.
SOGNO ROMANTICO O INTEMPERANZA GIOVANILE?
A questo punto è da osservare che nonostante il silenzio degli interessati, già rimarcato, il loro comportamento negli anni seguenti sembra confermare la natura "giovanile" e spontanea della militanza eroica con i rivoltosi.
Un momento transitorio della loro vita, sotto la spinta delle circostanze straordinarie, cioè del trovarsi tutti e tre per ragioni di studio a Venezia, più che una scelta di vita. Per completezza di cronaca va riferito che quando scoppiava la rivolta gli altri loro fratelli maschi, Pietro (1834 1910), Cesare (1843-1919) e Raffaele (1844-1919) non parteciparono ad alcunché; anche per ovvie ragioni anagrafiche.
In ogni caso si sa che il '48 esplose contro quasi tutti i governi assolutisti dell'Europa, dalla Francia alla Germania, dall'Italia agli Stati pontifici e, naturalmente, contro l'impero austriaco che reagì con più durezza di tutti, facendo addirittura sparare sui rivoltosi sia a Vienna che a Budapest. Ma la caratteristica più comune di quella cosiddetta "primavera dei popoli" fu la confusione dei ruoli. Non per nulla con la parola quarantotto si vuole significare subbuglio, caos, bailamme, scompiglio;
di conseguenza questo giocò a favore dei governi legittimisti nel ristabilire l'ordine, la pace, la serenità. Infine, nel caso nella rivoluzione veneta di Manin e Tommaseo, non si deve dimenticare che i rivoltosi gridavano: "Viva San Marco, Viva Pio IX, Viva l'Italia!". Con ciò essi ponevano in testa la Serenissima Repubblica, scomparsa da quasi mezzo secolo, che speravano potesse ritornare. L'omaggio al papa era invece la risposta alla prima reazione di Pio IX che aveva inviato contro l'Austria i suoi soldati, agli ordini del generale Durando, salvo presto richiamarli quando l'ambasciatore di Vienna gli aveva fatto notare l'insensatezza di quell'ordine, essendo l'imperatore austriaco per definizione cattolico e apostolico. L'ultima invocazione "Viva l'Italia!" nascondeva la speranza, peraltro labile e limitata alle classi colte, che dalla rivolta sarebbe nato uno stato italiano. Era forse anche nel cuore dei tre giovani Ghedina?
QUATTRO CORTINESI AL SERVIZIO DELLA LORO PATRIA, L'AUSTRIA
Per completezza informativa, accanto alle notizie sui tre giovani ampezzani che, trovandosi a Venezia mentre scoppiava la rivoluzione del'48, hanno partecipato alle battaglie che convenzionalmente vengono indicate le prime per la nuova Italia, riportiamo anche i nomi di quattro loro coetanei morti mentre prestavano il servizio militare nell'esercito austriaco.
Le notizie, purtroppo succinte, sono desunte dai libri dell'anagrafe della parrocchia, per l'esattezza dal Volume VI- Morti dal 1847 al 1863.
I primi tre hanno perso la vita nella battaglia di Solferino, combattuta il 24 giugno 1859 dalle truppe franco
- italiane contro quelle austriache, risoltasi con la vittoria dei primi ma al prezzo di uno spaventoso bagno di sangue di ben 30.000 uomini massacrati. L'annuncio della loro morte sul campo dell'onore arrivò a Cortina attraverso la imperial regia pretura con un comprensibile ritardo e venne così registrato. "In quest'anno morirono lontani dalla patria, dietro indizio di questa i. r. Pretura.
24 giugno 1859. Apollonio Luigi, militare nell'ospitale, anni 27.
25 agosto. Luigi Caldara nella battaglia di Solferino, anni 28.
Arcangelo Giuseppe Colli nell'ospitale di Vicenza, anni 26".
Il quarto caduto prestava servizio come marinaio nella flotta austriaca che presidiava le rive orientali del lago di Garda, divenuto frontiera dopo l'armistizio di Villafranca e la successiva pace di Zurigo fra il re d'Italia Vittorio Emanuele II e l'imperatore d'Austria, Francesco Giuseppe, che in quella occasione rinunciò per sempre alla Lombardia.
Anche questa notizia giunse a Cortina attraverso gli uffici giudiziari, e così venne scritta all'anagrafe parrocchiale:
"15 aprile 1860. Dietro indizio pretoriale, Giuseppe Antonio Lacedelli di Val, morto a Riva, militare di flottiglia, anni 29".
Ricordiamo e onoriamo così anche i quattro giovani d'Ampezzo caduti mentre servivano in divisa la loro Patria. Sarebbe veramente interessante se qualche lettore riconoscesse fra i quattro eroi un suo parente e fornisse al nostro giornale qualche informazione in più, almeno per identificare la famiglia da cui provenivano.
In attesa di poter, un giorno, inserire anche i loro nomi sul monumento che ricorda i caduti di guerra. (mfb)