Il profeta ladino: dalla prima lettera di Franceschi agli ampezzani
    

Ricerca avanzata

Tutte queste parole:
Frase esatta:
    
logo

Ricerca sul sito

Ricerca normale (una di queste parole):
Tutte queste parole:
Frase esatta:

Il profeta ladino: dalla prima lettera di Franceschi agli ampezzani

Redazione

05/11/2015

Il Rinascimento del movimento Ladino con sé ha portato grandi novità in ogni campo: bandiere ladine, costumi, movimenti referendari, riviste e, addirittura una compagnia aerea “Airladinia”. Da ultimo, anche il vino ampezzano.

Non poteva mancare, come per i popoli che vantano una storia millenaria, anche un Profeta. Ed il Sindaco Franceschi è, in effetti, un Profeta, “colui che parla davanti", sia nel senso di parlare pubblicamente, sia in quello di parlare anticipatamente.

Profeta nell’attuale accezione; sinonimo di chiaroveggente o di indovino, se non addirittura di mago od occultista, volendo così indicare chiunque fornisca informazioni o previsioni più o meno attendibili su qualcosa che non è ancora successo.

Ed invero dell’oggi si stenta a vedere il segno: tutto è rimesso al domani.

Ma è guardando – meglio leggendo – del passato che si trova la chiave di lettura del presente; e ciò grazie ad alcuni ragazzi della locale Parrocchia i quali, hanno reperito nei pressi delle Grotte di Volpera, dei manoscritti di antica e sconosciuta origine.

Secondo lo studioso di storia locale Ferrucius Belli, sarebbero antichi testi apocrifi dall’esame dei quali emergono delle inquietanti predizioni. L’opera viene attribuita a tale Virgilio da Meleres, un ampezzano pagano a lungo vissuto ad Arcore.

Incredibile a dirsi ma, quanto scritto 2.000 anni or sono, sembra – poi – accaduto.

Di seguito riportiamo un brano.

In quel tempo l’ampezzano viveva negli sperperi, nell’ozio, nell’abusivismo edilizio e nella promiscuità sessuale. Al tempio giunse un giovane dalle sembianze diafane che, di certo, aveva digiunato nel deserto.

Annunciandosi come un predicatore, intimorì il popolo evocando tragiche e sconosciute profezie.

“Fratelli, un tempo non molto lontano, in Ampezzo giunse un impostore, tale Mora da Bagnolo di Po, accompagnato da conturbanti giovani ragazze. Promise che ove avessero donato un campo, dette sarebbero loro destinate in sposa. Alcuni credettero e rimasero senza campo e, poco dopo, senza sposa.

In loro soccorso giunse un profeta di nome Franceschi I, mio avo, il quale oltre ai campi, seppe togliere loro case e portafoglio.

Promise loro che se lo avessero eletto re dei re, avrebbe dato loro la felicità eterna.

Rimasti senza figli in mancanza di giovani forestiere con cui procreare, senza case e senza campi, gli ampezzani – negli anni a venire – morirono di stenti”.

Un giovane che non aveva conosciuto la felicità eterna, e neppure le giovani spose promesse, chiese quindi al profeta:

“Maestro, abbiamo seguito il verbo di quel Franceschi I; abbiamo praticato la castità, allontanato i dipendenti municipali corrotti, i commercianti dal tempio, i fedifraghi dalle famiglie, ceduto i campi e seguito la virtù: ora siamo poveri, stanchi e sfiduciati. Cosa possiamo pensare ?”

A loro il profeta rispose:

“Fratelli,
non sono io il Predestinato: neppure Franceschi I, detto Paolo da Chiave. Pazientate.

Un giorno verrà un giovane studiato, figlio di Ernesto  “De Matia”, il quale sedutosi sul più alto scranno d’Ampezzo, solleverà le sorti di tutti noi: vedrete cose mai viste.

Vedrete case con acqua corrente e luce anche di notte; strade veloci dette tangenziali attraversate da nuovi carri detti automobili, costruzioni dette alberghi ove ospitare i nuovi viandanti chiamati turisti.

Tornerà il benessere; berrete vino chiamato champagne, mangerete uova dette caviale, avrete donne belle come dee e abbandonerete i campi ed il bestiame per praticare l’ozio.

Inizierà una nuova era e ritornerete padroni a casa vostra.

Il Vostro popolo si chiamerà Ladini, Ladinia sarà la Terra Promessa.”

Due secoli dopo, tale Mascalzone ladino, figlio d’ampezzo, di ritorno dalla Galilea perchè espulso dal locale governo per divulgazione di stampa clandestina ed antigovernativa, avuta notizia dell’elezione di Andrea Franceschi a capo comune, raggiunse la Ladinia per verificare se la profezia si fosse avverata.

A dorso di mulo, chiamato Lele, giunse velocemente in centro, dopo aver superato potenti veicoli a motore incolonnati sulla via. Chiese di dormire in un albergo, individuato per l’insegna più che per i servizi.

Recatosi in un’osteria, chiese di bere champagne e ricevette prosecco; chiese di mangiare caviale e ricevette uova di piccione.

Deluso, chiese di incontrare il predestinato, tale Andrea Franceschi  “De Mattia”

“Maestro,
la profezia di cui ho letto negli antichi testi apocrifi stenta a venire”

“Mascalzone,
ho sentito parlare di Te e delle Tue imprese in Galilea. Quale profugo sei voluto ritornare in Ladinia per seguire la tradizione dei Tuoi avi. Ho piacere incontrarTi: la Tua fama Ti aveva preceduto.

Anche qui era giunta l’eco del Tuo saggio “L’Osservatore Ampezzano”: spero Tu non prosegua la serie con “L’Osservatore Giudeo”; potrei offendermi.

Sarò franco. I nostri fratelli non hanno colpe e neppure io ne ho. Purtroppo, in una città lontana da qui, chiamata Roma, hanno ordinato di versare tutte le tasse, mandando in rovina il paese.

Per risollevare le sorti della valle, ho licenziato decine di scioperati e fannulloni, ho chiuso la pista da bob, allontanato le donne più avvenenti irretite da ambiguo di nome Lele Mora, bloccato nuove speculazioni edilizie.

Resisteremo: faremo opere incredibili, mai viste prima, quali palestre di roccia, parcheggi sotterranei e gallerie.

Preghiere, messe e rosari garantiranno il buon esito dell’opera.”

Terminata l’omelia laica, Mascalzone ladino si votò all’esodo e, sconfortato,  lasciò il paese, prima che le maledizioni profetizzate dal Franceschi si realizzassero.

Da allora, infatti, le piaghe ladine colpirono la valle: frane di dimensioni bibliche si abbatterono sulla tangenziale, gli scavi destinati a parcheggi divennero acquitrini putrescenti, le pareti delle palestre di roccia si sbriciolarono come sabbia.