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L'intervista a Silvia Moser, la “rookie” che ha sparigliato le carte allo Swatch Freeride World Tour

Giacomo Giorgi

18/08/2015

E’ arrivata l’estate e, nonostante possiamo considerarci “fuori tempo”, vi proponiamo la tanto attesa intervista a Silvia Moser: atleta di spicco che si è fatta conoscere già da qualche anno nella valle ampezzana e che, da quest’anno, ha portato il suo talento anche nell’ambiente del Freeride World Tour. Incontriamo Silvia in una delle poche giornate in cui si trova a Cortina, tra un viaggio e un altro, tra un’avventura e la prossima.

Partiamo da una domanda standard che possa, però, aiutarci a capire quale sia stato il tuo percorso sportivo: quando hai iniziato a sciare e, soprattutto, come ti sei avvicinata alla disciplina del Freeride?

Ho sciato fin da piccolissima, da quando avevo 3 anni. All’età di 6 anni ho iniziato la mia avventura all’interno dello Sci Club Cortina arrivando a gareggiare a livello italiano. A 18 anni ho deciso di abbandonare l’attività agonistica in quanto, con il rientro dagli Stati Uniti e l’inizio dell’Università, non avevo più le energie e il tempo per riuscire ad impegnarmi su tutti e due i fronti. La mia passione per lo sci, però, non ha subito alcuna flessione. Ho continuato a sciare con i miei amici anche se, dopo un po’, lo sci in pista era diventato, come posso dire, un po’ noioso. A quel punto abbiamo intrapreso, tutti insieme, un nuovo percorso adottando una nuova ottica che ci ha portato a provare sempre cose nuove. Salti, evoluzioni e nuove sensazioni ci hanno spinto verso ciò che è diventato la nostra più grande passione: il fuori pista.

Che cosa ti ha spinto ad avvicinarti a questa fantastica disciplina?

Sicuramente l’inverno del 2008 ha influito notevolmente sulla mia successiva crescita. Vi ricordate quanta neve c’era? Mi ero appena iscritta all’Università ma, con l’arrivo di dicembre e le sue abbondanti nevicate, non sono più riuscita a tornare in città in quanto, col levar del sole, si prospettavano sempre nuove avventure. Ogni giorno lo sci fuori pista mi dava emozioni che avevo quasi perduto nella competitività dello sci alpino. E così decisi di “rinviare” gli studi per avere la possibilità di scendere montagne e canali della mia valle e dei quali, fino ad allora, non consideravo nemmeno l’esistenza.

Da quel momento mi si è aperto un nuovo mondo, vastissimo, dai contorni sfumati che oggi prende il nome di: Freeride. Per quel che riguarda, invece, il lato competitivo della mia nuova avventura sportiva, tutto è iniziato con la mia partecipazione alla prima edizione del Freeride Challenge Punta Nera. L’idea è nata da un semplice «dai, che bello! Faccio un giro in elicottero e una super sciata!». Da li in poi, la mia voglia di scoprire nuovi luoghi nascosti e di confrontarmi con il mondo ha continuato a crescere.

Una passione che sei riuscita a trasformare in un “lavoro” quando, l’anno scorso, ti sei qualificata per il Freeride World Tour di quest’anno. Raccontaci qualcosa di più su questa grande avventura.

Tutto è cominciato quando mi sono trasferita in Francia, a La Plagne, dove questa disciplina è molto più diffusa, sviluppata (anche in termini di sicurezza) e praticata. Dopo aver iniziato a lavorare come maestra di sci in quella stazione, mi sono resa conto che molte delle gare del “Girone di Qualifica” si sarebbero tenute più o meno vicino alla mia località e così, cercando di combaciare lavoro e passione, gareggiando nei week-end e lavorando durante la settimana, mi sono ritrovata a gareggiare in luoghi che, fino ad allora, ritenevo lontani e irraggiungibili.

Il week-end più intenso fu sicuramente quello in Andorra: in soli due giorni percorsi circa 1700 km, feci la mia gara e ritornai in tempo per essere puntuale e operativa il lunedì sulle piste francesi.

Accidenti, un vero e proprio “globe trotter”! Ci puoi spiegare, a grandi linee, come funziona, e come ha funzionato per te, il percorso di qualificazione?

Effettivamente non è una cosa così immediata. Allora, andiamo per ordine: per qualificarsi al Freeride World Tour, ogni anno, vengono indette delle gare che sono inserite all’interno di un girone di qualificazione. All’inizio di ogni stagione viene presentato un calendario dove sono elencate le gare di tutta la stagione insieme al loro punteggio. Ogni gara “vale” da 1 a 4 stelle che si riferiscono all’importanza e alla difficoltà della competizione: mentre quelle da 1 stella saranno più semplici e, quindi, daranno meno punti, quelle da 4 stelle saranno più importanti e impegnative ma ripagheranno il duro lavoro con un punteggio più alto.

Quando sei all’inizio, comunque, non è possibile iscriversi alle gare da 3 o 4 stelle ma bisognerà iniziare dai gradini più bassi, fare buoni risultati e guadagnare punti per poter accedere alle gare con maggiori punteggi che sono state, in definitiva, il mio vero trampolino di lancio verso questa sfida mondiale.
Non è stato sempre facile ma, alla fine, i miei sforzi sono stati ripagati quando, nel corso della passata stagione, sono riuscita a qualificarmi al FWT.

Nonostante il tuo "status" di Rookie sei riuscita ad importi in più gare nel corso della stagione e a concludere seconda in classifica generale. Quali emozioni ti hanno regalato questi risultati?

Essendo una novellina di quel mondo, in me si era creato quel misto di tensione ed eccitazione per la stagione che doveva venire. Si trattava di essere tra i migliori al mondo, tra quegli atleti che, fino a ieri, consideravo come idoli e che prima potevo ammirare e conoscere solo grazie ai loro video e con i quali, ora, sarei riuscita a sciare insieme e a condividere questa grande passione che ci lega.

Così, alla mia prima gara a Chamonix, il mio unico pensiero era di uscirne divertita e sorridente. Alla fine mi è stato concesso anche di più in quanto, al termine della gara, sono riuscita a salire sul podio con un terzo posto “d’oro”. È stata la prima delle grandi emozioni che mi ha portato il Tour quest’anno.

Da lì in poi ho avuto un solo obiettivo: riuscire ad essere tra le prime 8 atlete in classifica generale dopo le prime 3 gare del circuito. Questo mi avrebbe permesso di potermi qualificare alle gare della stagione successiva e, soprattutto, di poter partecipare alle ultime due tappe del tour: quella di Haines, in Alaska, e quella di Verbier, in Francia, dove si sarebbe tenuta la famosa gara “Extreme”. In altre parole, le mete sogno di ogni sciatore!

E ce l’hai fatta!

Sì, esatto! Ce l’ho fatta! Dopo la terza tappa, in Andorra, ero seconda in classifica generale e, quindi, sono potuta partire alla volta di Haines.

Il soggiorno in Alaska è stato mentalmente impegnativo date le dure condizioni meteo che sembravano non concederci tregua con una giornata di sole per poter svolgere la competizione. Quando ogni speranza sembrava perduta, all’ultimo giorno disponibile, questo paese di aquile e orsi ci ha concesso di esibirci, in questo scenario mozzafiato, sotto un cielo azzurro e con una neve leggerissima regalandomi, di fatto, la più grande emozione avuta a livello competitivo: una vittoria mondiale!

Neanche il tempo di rendermene conto e di lasciar fluire un po’ di emozioni miste a stress, che già mi trovavo seduta su un aereo a sorvolare le cime d’Europa, di ritorno verso l’ultima tappa di Verbier dove, pochi giorni dopo, ho coronato questa fantastica stagione con un secondo posto ottenendo, quindi, un secondo posto nella classifica generale della stagione.

Non possiamo fare altro che complimentarci con te! Sei stata davvero impressionante. Pronti via e ci hai regalato subito grandi prestazioni a cui hanno fatto seguito grandi risultati!
Passando a tasti “più dolenti”, ti possiamo chiedere come vengono “finanziati” i tuoi continui spostamenti nei paradisi del Freeride? Gli sponsor riescono a venire incontro alle tue necessità?

Gli sponsor ci sono ma non sempre riescono a coprire le spese… per fortuna lavoro come maestra di sci in Francia e, conseguentemente, riesco a mantenermi anche in quelle spese dove gli sponsor non arrivano.

Potremmo aprire un corposo dibattito ma non ci sembra il caso. Ciò che, invece, vorremmo chiederti è: quali sono i tuoi obiettivi per la prossima stagione?

Beh, divertirmi come questa stagione già sarebbe un successo anche perché, divertirsi di più sarebbe davvero dura!!

Quest'anno hai partecipato come apripista al Freeride Challenge Punta Nera, la gara che, come ci hai anticipato prima, ti ha lanciato in questa grande avventura di libertà. Data la tua esperienza internazionale, come ti senti di definire tale competizione o, in altre parole, quali sono le tue impressioni rispetto a quelle che ti sei trovata ad affrontare durante il Tour di quest'anno e non solo?

Partiamo dal presupposto che questa è una competizione che mi piace tantissimo. Gli organizzatori sono stati davvero bravi a prendere l’iniziativa e a sviluppare questa manifestazione nel corso degli anni. Non mi riferisco solamente all’introduzione della gara di boulder o dello sci alpinismo ma, soprattutto, all’apertura della gara ai bambini con la Freeride Challenge Punta Nera Junior.

È stato impressionante vedere cosi tanti piccoli partecipanti, tenendo conto del fatto che siamo in Italia dove questa disciplina oltre ad essere poco praticata è anche mal regolamentata, scendere la loro piccola montagna. Mi sono davvero emozionata! Il livello tecnico era ottimo ma, ancora più impressionante, era la felicità che questi piccoli freeriders lasciavano trapelare nonostante la scarsa visibilità e il freddo.
Spero vivamente che continuino a portare avanti questo progetto che fa bene a tutti: alla valle, ai piccoli e agli amanti del fuori-pista!

Concludiamo con una classica domanda che, solitamente, poniamo a tutti i giovani intervistati: chi ti senti di ringraziare per dove sei arrivata oggi?

In primo luogo, sicuramente i miei genitori che, nonostante non mi vedano molto e abbiano svariati attacchi di tachicardia nel vedermi gareggiare, sono sempre di grande appoggio in tutto quello che faccio.
Inoltre, un grandissimo ringraziamento lo vorrei rivolgere anche ai miei amici con i quali condivido ciò che amo e che, ogni giorno, mi aiutano a crescere con un sacco di nuove esperienze e che hanno contribuito, nel corso degli anni, a consolidare la mia passione per la montagna.