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PREMIO DI POESIA «ENRICO ZARDINI»

Roberto Pappacena

01/07/2009

Al musicista e poeta ampezzano non vedente Enrico Zardini, cui attingo ogni volta che sento il bisogno di riconciliarmi con la vita, è stata dedicata, come tutti sanno, la prima edizione di un premio di poesia biennale, destinato agli studenti delle scuole del polo della Val Boite, compreso anche il liceo linguistico «Orsoline». Ideatori del concorso la sensibilissima Antonietta Gaspari, madre di Enrico, ed Ennio Rossignoli, un vero e proprio pilastro della cultura ampezzana e cadorina. Il Liceo Scientifico è stato presente con sei studenti: Luca Ghedina, Marco Hirchstein, Laura Michielli (2° premio ex aequo), Tommaso Pompanin Dimai, Luis Eduardo Ponce Romero, Orlando Vuono; l'Istituto Statale d'Arte con Arnim Calligaro (3° premio), Giacomo De Biasi, Jlenia De Villa; l'Istituto Statale Alberghiero con Pietro Albertini e Walter Guadagnini; l'Istituto Professionale Alberghiero con Allegra Bernardi (2° premio ex aequo); l'Istituto Tecnico Commerciale, infine, con Margherita Lovisetto (1°premio). E' chiaro che le poesie premiate si distinguono per la compiutezza organica del discorso poetico.

Dobbiamo però riconoscere che tutte le poesie offrono spunti interessanti che porremo in risalto in questa rapida scorsa.

Luca Ghedina ha dedicato i suoi versi «Ad Enrico Zardini» e conclude con le seguenti parole che centrano in pieno la personalità del Poeta scomparso: «Ascoltando la sua voce - piena di vita, ci si avverte - piccoli d'animo».

Marco Hirchstein, rivolgendosi a se stesso, si vede seduto su un colle in contemplazione del cielo notturno: «Come un lupo te ne stai - porgendo alla luna tutte le tue gioie - e le tue lacrime. - Lei, madre comprensiva, ti ascolta - e nel profondo sai che anche - se non può darti una risposta - ogni guaito che tu le rivolgi - non andrà perso tra i soffi della brezza che accarezzano i pini».

Luis Eduardo Ponce Romero, contemplando la luce di un tramonto, conclude che «ormai la giornata è morente… - e tutto mi appare esser uno, - quell'uno che vedo in te - che piano appassisce svanendo - nel buio creatosi in me». E Orlando Vuono, di fronte allo «Sgombero di un campo nomadi», così descrive il miserando spettacolo che lo rattrista: «La ruspa colpisce mostri inermi. - Impotenti contro evolute forze civili - gli uomini sanno regredire a vermi. - Passan decenni ma son sempre più vili…». Tommaso Pompanin Dimai in «L' oblio del giudizio», di fronte ai «sorrisi infami rimbombanti di giudizio» di una gente che «ride, risate di denti nemici», trova rifugio «nella pace della stella più distante, - nella notte limitante» che «protegge la sua anima». Laura Michielli, infine, nella poesia «Neve», che ha vinto il 2° premio ex aequo, prova un senso di tristezza di fronte allo spettacolo della neve: pur se «incantata dalla sua bellezza» e

«pur sentendo un fiocco sul viso,» lei scrive, «non riesco più a dare un sorriso. - E' così che torna la dolce malinconia - che, diversa ogni volta, - non so cosa sia».

Arnim Calligaro (3° premio) ha chiuso le sue parole nella prigione di una via ferrigna, simbolo della vita: «Capire - che questa strada abbia un fine, - è difficile, inutile - ed orribile pensare - che essa dipenda da un confine, - tra una scelta e lo sbaglio… irreversibile». Giacomo De Biasi ha dedicato parole commosse al ricordo di Enrico Zardini:«Enrico ci ha lasciato, ma di lui molto resta… - Enrico è qui, con la sua poesia, - i suoi pensieri e i suoi sentimenti, - ci lascia tutta questa magia - in ricordo di che artista sia». E così Jlenia De Villa pensa a lui «nato come una stella alpina - su di un terreno - impervio, roccioso… - Qui la tua vita vide la luce. - Una luce limpida come l'acqua di un rivo puro - che con tutta la sua forza muove il terreno

- sottostante».

Pietro Albertini ha partecipato con pochi versi che sembrano scritti per il terremoto in Abruzzo:

«Una lacrima che scende - tante vite che si disperano - e si commuovono per i loro cari - una inondazione anomala - con un contrasto di rosso sangue - sgorgata da tante vite innocenti». E Walter Guadagnino, ricordando un suo amore e rimpiangendo «il soave canto di lei» afferma senza mezzi termini: «Parole non trovo - per descriver - il mio amor; - vedo solo pugnali - che traffiggon il mio cuor».

Allegra Bernardi (2° premio ex aequo), in una drammatica crisi interiore, è in ascolto della sua anima «che graffia dentro, - grida talmente forte - da far tremare il respiro. E io, - nella nullità di un secondo, - mi vedo crollare a terra - trafitta da una spina, - abbandonata - all'irreversibilità di un sentimento, - invasa dai ricordi, - privata della ragione - che diventa cenere - davanti all'amore». Margherita Lovisetto, infine, ha gridato la sua solitudine e il suo spavento nei versi, qui interamente riportati, che hanno ottenuto il primo premio.

La Commissione giudicatrice, costituita da Paola Valle, Vicesindaco di Cortina e Assessore alla Cultura, dal noto scrittore Antonio Chiades, da Ennio Rossignoli, da Piergiorgio Cusinato e dal sottoscritto, è stata infine concorde nel riconoscere, nelle parole delle poesie concorrenti, un senso diffuso oggi tra i giovani, di malessere spirituale che sfocia addirittura, nella poesia vincitrice, in un «urlo di paura» ad ogni risveglio: «Occhi spalancati e batticuore nella notte buia».

Ci auguriamo che queste sincere e preziose testimonianze ci aiutino a ritrovare con i giovani un dialogo fecondo, schietto e creativo, perché rinasca in essi quella joie de vivre che Enrico Zardini continua a trasmetterci efficacemente attraverso le sue parole.

 

(BOX)

 

SOLITUDINE


Un urlo illumina il silenzio,

dentro di me come un lampo,

strappo in una tenda nera.

Turbinando atterro nel brusio della giornata,

in mezzo ad occhi che non conosco.

Urlo di paura.

Le lacrime rotolano sul viso,

nessuno si gira,

nessuno mi aiuta a rialzarmi,

nessuno mi sorregge.

Perché?

Mi risveglio da sola,

a respirare affannosamente seduta sul letto.

Il vento sbatteva sulle tegole,

il freddo era riuscito a penetrarmi.

Ho paura.

Occhi spalancati e batticuore nella notte buia.

 

Margherita Lovisettoati o se non credete