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Scoperto l'autore dei Santi Rocco e Sebastiano a Zuel

Mario Ferruccio Belli

01/08/2013
La guida alla conoscenza dei luoghi di culto e preghiera di Cortina, "Pietre Vive", voluta dal parroco decano Davide Fiocco nel 2011 e con la direzione di Angela Alberti, per le edizioni della Cooperativa, è un lavoro a più mani. La chiesa di Zuel dedicata ai santi Rocco e Sebastiano, che s'incontra per prima entrando a Cortina da sud, è stata curata dal critico d'arte Roberto Pappacena.

A conclusione dei tesori d'arte che quel piccolo gioiello custodisce e che egli addita con l'abituale acribia così scrive: "Ai lati dell'altar maggiore due bellissime statue lignee dei santi patroni". Poteva starci qualche parola in più sull'autore o sulla loro storia, attenzione dedicata invece alle altre opere? Evidentemente sì, purtroppo nulla si conosce a proposito. Questo silenzio ha così suscitato la curiosità in più di qualche lettore. Non restava che tentare di sciogliere quel piccolo mistero con la ricerca negli archivi. Ed ecco la prima scoperta.

I libri dei conti che, abitualmente, tengono gli amministratori di queste piccole strutture religiose periferiche non sono custoditi al loro interno bensì nell' archivio della parrocchia di Cortina d'Ampezzo. Ai lettori non cortinesi ricordiamo che, in seguito alla "legge 25 marzo 1985 n. 121 che ratificava e rendeva esecutivo il protocollo che modificava il Concordato Lateranense del 1929", il ministero degli Interni ha concesso l'attestato di personalità giuridica soltanto a sette cappelle di Cortina d'Ampezzo.
Fra queste, tutte iscritte nei registri della prefettura di Belluno, c'è anche San Rocco di Zuel, la prima chiesetta che s'incontra arrivando a Cortina da sud.

Ed ecco come la fortuna ha premiato le ricerche. Nella contabilità dell'anno 1870, fra le voci delle Entrate ha colpito l'incasso di una somma ingente, così descritta. "Per legname venduto nel 1870 nella vizza di S. Rocco, netto ricavato F. 5.268.31".

La lettera F sta per "fiorini", una delle monete d'oro che circolavano nell'impero austroungarico e pure in tutta l'Europa, Russia compresa. E qui va rammentato che nel 1870 il comune d'Ampezzo del Tirolo faceva parte del Capitanato distrettuale omonimo, assieme a Colle e Livinallongo e che il Vice regno Lombardo Veneto era finito da quattro anni circa. Quell'evento aveva riportato fra Ampezzo e San Vito la frontiera di Stato, con una casa delle dogane e il casello daziario nei pressi di Acquabona. Ricordiamo poi che la parrocchia era da quasi oltre ottanta anni alle dipendenze della diocesi di Bressanone dalla quale provenivano i suoi sacerdoti, dopo aver fatto parte da sette secoli e più del patriarcato di Aquileia.
Ciò premesso, ritorniamo al fiorino oro per dirne il valore. Il segretario comunale Constantini, il funzionario allora più pagato, ne guadagnava uno al giorno; un operaio finito, diciamo un carpentiere o falegname o lattoniere o muratore, prendeva mezzo fiorino. Il soggiorno all'albergo Aquila Nera di Gaetano Ghedina Tomash, il più rinomato, costava da quattro a otto fiorini al dì; un boccale di vino, circa un litro e seicento, mezzo fiorino. Dunque la frazioncina di Zuel, dopo aver ricevuto tutte le autorizzazioni che si usavano, aveva provveduto a recidere un grossa quantità di alberi nel bosco di proprietà, detto appunto "la vizza di San Rocco", incassando una somma enorme. Lo era tanto da poter affrontare non solo tutte le spese straordinarie per la propria cappella, al cui servizio era riservata, ma anche per finanziare investimenti immobiliari alle famiglie della borgata, soprattutto per costruire e migliorare le proprie case.

Infatti, nelle Spese straordinarie dell'anno seguente 1871, si trovano numerosi prestiti ipotecari, per cifre che vanno dai 100 ai 500 fiorini oro, concessi a nominativi di Zuel. Tralasciamo quei nominativi, ma gli interessati possono trovare i nomi dei loro antenati senza difficoltà, e riportiamo invece le voci delle spese relative alla chiesetta. Eccone alcune più interessanti.
"Uscite. Categoria VI. Paramenti ed utensili.
Zelger Giuseppe di Innsbruck per vari arredi, F. 288.38. Al Signor Pasini Giovanni per un calice, F. 206.20. Categoria X. Spese diverse. Al Signor Matteo per due modelli, F. 1,63. Allo stesso pel contratto delle statue, F. 1.00. Al signor maestro di disegno e compagni per riveder le statue, F.
9.43. Anticipato al signor Fiori Matteo per le statue, F. 100.00". C'è di tutto: dagli arredi di valore ai paramenti preziosi, da un calice d'oro e appunto alle statue lignee dei santi patroni con accanto il nome dell'ignoto scultore.

Viene citato quattro volte: alla firma del contratto, quando presenta l'abbozzo, quando esibisce i modellini e, infine, quando incassa il lauto acconto di ben cento fiorini oro; peraltro non moltissimo, se per il calice del Pasini gli amministratori ne avevano speso il doppio.

Ma gli incassi dell'artista Fiori continuano anche nella contabilità dell'anno seguente 1872, quando probabilmente consegna le statue. La scritturazione dell'incasso è essenziale!

"Uscite. Categoria XI. Spese straordinarie.
Per le statue dei Ss Rocco e Sebastiano a Fiori Matteo, fiorini 290.38". In totale dunque le statue erano costate fiorini oro 402,44.
La contabilità di quell'anno è cosi controfirmata e certificata: "Cortina li 20 Novembre 1872 - Arcangelo Pompanin, gastaldo decesso, Sigismondo Manaigo, gastaldo nuovo."

FIORI MATTEO CHI ERA COSTUI?
Ora che è apparso il nome dell'artista la domanda è: Matteo Fiori, chi era costui? Come mai nessuno aveva mai sentito il suo nome prima d'ora? Le risposte sono parziali.
Anzitutto il cognome Fiori che è molto diffuso a San Vito, anche unito al nome Matteo. Nei tempi moderni, come forse i lettori già sanno, è noto fra gli imprenditori locali, ma della ristorazione non dell'arte.

Peraltro nella memoria tramandata di quella famiglia non si ricorda un antenato che si sia dedicato alla scultura. Forse, setacciando i registri dell'anagrafe comunale e della parrocchia, si potrebbe trovare quel nominativo con i dati di nascita e della sua scomparsa, magari, in giovane età e questo spiegherebbe perché il suo nome sia sparito così presto. Eppure era uno scultore di buona qualità come ci dicono le due statue. Ma, che si sappia, a Cortina non esisterebbero suoi lavori se si eccettuano appunto i due santi di Zuel; nessuna neppure a San Vito da cui le scritture lo danno provenire.

Abbiamo spostato la ricerca consultando lo storico cadorino Giovanni Fabbiani che nella sua monumentale opera, Prime giunte al Saggio di Bibliografia Cadorina, al numero 6353 invece segnala il nome del Fiori, che si troverebbe fra i documenti della Imperial Regia Accademia di Venezia, in quegli anni centro culturale di eccellenza del Lombardo Veneto. Nell' Elenco degli alunni premiati il dì 4 agosto 1861 pei lavori eseguiti durante l'anno scolastico 1860-61 nella Imperial Regia Accademia in Venezia", compare appunto il nome di un ragazzo (?) di nome Matteo Fiori di San Vito. Eccolo: "Matteo Fiori di S. Vito ha il 1° accessit per la copia in plastica dal rilievo". Perciò siamo certi che viveva nel 1860; non solo ma che frequentava la notissima istituzione austriaca, dove vi si recava scendendo (a piedi?) dal suo lontano paesello, peraltro a poche ore di distanza da Ampezzo.

Ritornando ai due santi che vigilano l'altare maggiore di Zuel e che ora si possono guardare con maggior contezza confermando il giudizio che ne aveva dato il critico Pappacena. San Rocco il santo francese, è vigoroso, severo, elegante come può essere uno che per quanto pellegrino in Italia proviene da Montpellier. San Sebastiano ha invece quella bellezza unica che danno le carni nude, ma non quella agiografica e convenzionale di maniera, ma anzi di afflato moderno, seppure di mano giovanile.

Piccolo dettaglio (che abbiamo riprodotto per il lettore) sul tronchetto, al quale egli appoggia le mani legate, appare la scritta "1872 S, Vito". Oggi possiamo aggiungerci anche il nome dell'artista valido anche se sconosciuto.